La fattispecie sottoposta al giudizio della Corte di Cassazione era la seguente: l’agenzia generale di una compagnia di assicurazioni stipulava un contratto con la società che gestisce gli elenchi telefonici per pubblicare su di essi un’inserzione pubblicitaria relativa alla propria attività; a causa di un errore, però, l’inserzione apposta recava la ragione sociale e le informazioni di contatto di una diversa agenzia generale. Accertato l’errore, l’agenzia che aveva chiesto la pubblicazione dell’inserzione agiva in giudizio verso la società che gestisce gli elenchi per responsabilità contrattuale, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento del danno, in quanto affermava di aver patito un vistoso decremento del numero di polizze stipulate e, quindi, dei propri ricavi.
Come noto, l’art. 1218 c.c. espressamente prevede che “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”; il creditore, dunque, quando agisce per responsabilità contrattuale deve fornire la prova dell’esistenza del contratto e del suo diritto, nonché allegare (ma non provare) l’inadempimento del debitore. Sarà quest’ultimo, infatti, a dover provare di aver adempiuto esattamente oppure che l’inadempimento era dovuto a cause a lui non imputabili. Inoltre, ai sensi dell’art. 1223 c.c. il risarcimento del danno deve comprendere sia il danno emergente (ossia le spese direttamente sostenute dal creditore a causa dell’inadempimento del debitore) che il lucro cessante (ossia il mancato guadagno del creditore, causato sempre dall’inadempimento del debitore).
La Suprema Corte, rimanendo nel solco del proprio pacifico orientamento, ha ribadito che in tema di responsabilità contrattuale trova applicazione il principio della presunzione di colpa del debitore, in quanto spetta al creditore solo l'onere della prova dell'inadempimento e dell'entità del danno; al contrario, il debitore è tenuto, per sottrarsi all'obbligo risarcitorio, a provare che la prestazione è divenuta impossibile per cause a lui non imputabili. A ciò consegue che per il creditore deve fornire la prova della sussistenza di un pregiudizio effettivo e reale nella sua sfera patrimoniale, nonché la sua entità.
Più nello specifico il danno patrimoniale da mancato guadagno richiede la prova, sia pure in termini indiziari, dell'utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità) il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta.
Ciò premesso la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dall’agenzia generale, in quanto essa non aveva fornito la prova del danno patito con sufficiente rigore.
Avv. Mattia Tacchini