Come noto il tema della responsabilità sanitaria è di grandissima attualità: nell’ultimo decennio, infatti, i contenziosi originatisi a seguito di condotte di medici ritenute lesive dai pazienti sono aumentati a dismisura, imponendo addirittura al Legislatore di correre ai ripari.
La prima riforma della responsabilità sanitaria dell’ultimo decennio è stata operata con il D.L. n. 158/2012, convertito nella L. n. 189/2012: all’art. 3 comma I esso prevedeva che l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si fosse attenuto alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, in caso di esito infausto dell’attività svolta (ad esempio un intervento chirurgico) non sarebbe stato penalmente responsabile in caso di errore causato da sua colpa lieve. In tali casi restava comunque fermo l'obbligo di risarcire civilmente l’eventuale danno causato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il quale disciplina la responsabilità extracontrattuale.
In sostanza, quindi, il Legislatore decise di arginare l’enorme numero di cause di matrice risarcitoria che però, causavano al contempo l’incardinamento di procedimenti penali a carico del personale sanitario per presunti errori, escludendo la responsabilità penale degli stessi per errori causati da colpa lieve, purché si fossero attenuti alle linee guida disponibili oppure alle buone pratiche sanitarie accreditare dalla comunità scientifica. La norma citata comportava la non punibilità sotto il profilo penale del sanitario che avesse commesso un errore rientrante nell’ambito di applicabilità della norma, facendo ovviamente salvo il dovere del sanitario stesso di risarcire civilmente il danno causato.
La responsabilità del sanitario, però, nel 2017 è stata nuovamente riformata dalla L. n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli), che ha introdotto l’art. 590 bis c.p., il quale ha sostituito la disciplina introdotta dalla precedente Legge Balduzzi. Il nuovo articolo del codice penale espressamente prevede che se i reati di omicidio colposo oppure di lesioni colpose sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, può essere esclusa la punibilità sotto il profilo penale del fatto a condizione che siano integrate alcune condizioni. Più nel dettaglio, se l’errore del sanitario si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando lo stesso ha rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
La riforma Gelli ha perciò profondamento modificato la disciplina della responsabilità del sanitario. In primo luogo, in quanto è divenuto irrilevante il grado della colpa, considerato che il sanitario può andare esente da responsabilità penale anche nel caso di errore causato da colpa grave, purché abbia rispettato le linee guida oppure le buone pratiche assistenziali, a condizione che esse fossero adeguate al caso concreto. In secondo luogo, in quanto solo condotte del sanitario rientranti nel concetto di imperizia possono essere esentate da conseguenze penali, mentre quelle derivanti da negligenza e imprudenza hanno rilevanza penale anche in caso di colpa lieve dell’interessato.
Per comprendere appieno la portata della riforma Gelli è ovviamente necessario esaminare brevemente i concetti di negligenza, imprudenza e imperizia (che sono componenti dell’elemento psicologico dei reati colposi ai sensi dell’art. 43 c.p.).
La negligenza può essere definita come il mancato compimento di un’azione doverosa in base alle normali regole di buon senso ed esperienza: rientra in tale ipotesi, ad esempio, il medico che omette di somministrare determinate terapie che la maggioranza dei suoi colleghi avrebbe invece applicato nel caso concreto.
La imprudenza invece consiste nella condotta del sanitario che con avventatezza ponga in essere una condotta lesiva dell’integrità fisica del paziente senza figurarsi le potenziali conseguenze dannose: rientra in tale ipotesi, ad esempio, il medico che effettui sul paziente un intervento chirurgico altamente rischioso che la maggioranza dei suoi colleghi avrebbe evitato, preferendone uno meno rischioso a parità di condizioni.
La imperizia infine è costituita dalla incapacità tecnica del sanitario nell’esercizio della sua attività, derivante da ignoranza delle nozioni tecniche necessarie allo svolgimento della professione oppure da incapacità pratica sotto il profilo professionale: rientra in tale concetto, ad esempio, la condotta del medico che non possiede la capacità e il grado di abilità che la maggioranza dei suoi colleghi possiede.
Si comprende agevolmente, perciò, come la riforma Gelli abbia aperto scenari sinora ignoti nell’ambito della responsabilità medica. Essa, infatti, ha spostato i fondamenti della responsabilità penale del sanitario:
- a seguito dell’entrata in vigore della riforma Balduzzi l’accertamento della responsabilità penale del sanitario comportava la valutazione del grado di colpa: andava esente da responsabilità penale la condotta del sanitario che avesse causato un danno per colpa lieve, essendosi però comunque attenuto alle linee guida oppure alle buone pratiche sanitarie;
- con la riforma Gelli, invece, per l’accertamento della responsabilità penale il grado della colpa del sanitario è divenuto irrilevante, mentre ha acquistato efficacia dirimente la verifica della tipologia di condotta dannosa posta in essere dal sanitario: se lo stesso ha commesso un errore causando lesioni personali al paziente oppure cagionandone la morte, andrà esente da responsabilità penale anche in caso di errore causato da colpa grave, purché abbia seguito le linee guida o le pratiche sanitarie accreditate e abbia tenuto una condotta rientrante nel concetto di imperizia. La negligenza e l’imprudenza del sanitario, invece, a seguito della riforma sono punibili penalmente anche in caso di sola colpa lieve.
Nei procedimenti penali a carico di sanitari, perciò, l’attenzione si sposterà inevitabilmente sulla verifica della tipologia di condotta posta in essere dal danneggiante, con ovvie incertezze derivanti dai labili confini tra negligenza, imprudenza e imperizia.
Avv. Mattia Tacchini
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