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LegalNews: La responsabilità dell’avvocato in caso di questioni complesse

La Suprema Corte con la recente sentenza n. 2954 del 16.02.2016 ha trattato il tema dei criteri per la configurabilità della responsabilità dell’avvocato quando il mandato conferito abbia comportato la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà.

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LegalNews: La responsabilità dell’avvocato in caso di questioni complesse
Nel caso in esame un comune aveva conferito mandato ad un legale per proporre appello avverso numerose decisioni del Commissario per gli usi civici di Lazio, Umbria e Toscana, che venivano proposte avanti al giudice incompetente e, conseguentemente, venivano dichiarate inammissibili.

Il legale incardinava azione nei confronti dell’ente locale per vedersi riconosciuto il pagamento dei compensi per l’attività svolta, mentre il comune resisteva in giudizio, eccependo l’incongruità della somma richiesta, in quanto le cause presentavano le medesime questioni di diritto e formulava domanda riconvenzionale nei confronti dell’avvocato per ottenere il risarcimento del danno patito a causa delle pronunce di inammissibilità delle azioni incardinate; in particolare, l’ente locale riteneva che la condotta del legale denotasse negligenza nell’adempimento dell’incarico ricevuto.

In primo grado il tribunale competente accoglieva le richieste dell’avvocato, ridimensionando però parzialmente le sue pretese economiche, mentre rigettava la domanda riconvenzionale proposta dal comune in quanto riteneva che il legale avesse commesso un errore nello svolgimento di un’attività di particolare complessità, con le conseguenze che verranno esaminate di seguito, trattando delle norme applicabili al caso in esame; la corte d’appello riformava solo parzialmente la decisione, prevedendo la decorrenza degli interessi di mora da un momento diverso da quello individuato dal giudice di primo grado.

Nel caso in esame trova applicazione l’art. 1176 co. II c.c., il quale delinea i criteri per valutare l’adempimento delle obbligazioni contratte da un soggetto professionale nell’esercizio della propria attività: più nel dettaglio, la norma citata prevede che nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata. In caso di attività professionale che comporti la risoluzione di problemi particolarmente complessi, peraltro, l’art. 2236 c.c. prevede che il professionista risponde dei danni causati nello svolgimento della propria attività solo in caso di dolo o colpa grave.

La Suprema Corte nel caso sottoposto al suo esame ha ribadito che le obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo. Prendendo le mosse da tale rilievo, la Cassazione ha sottolineato che l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita. L’inadempimento del professionista, cioè, non può essere desunto senz’altro dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua della violazione dei doveri inerenti lo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, al dovere di diligenza. Inoltre, nel caso in cui l’attività del professionista comporti la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la responsabilità del professionista è attenuata, in quanto si configura, ai sensi dell’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave, con conseguente esclusione nell’ipotesi in cui nella sua condotta si riscontrino soltanto gli estremi della colpa lieve.

Muovendo da tali premesse, nel caso che ci occupa la Corte ha ritenuto che la questione affrontata comportasse la risoluzione di problematiche particolarmente complesse, con la conseguenza che l’errore del professionista è stato ritenuto rientrante nel concetto di colpa lieve, esonerandolo dall’obbligo di risarcire il danno causato con il proprio errore.

Avv. Mattia Tacchini
www.novastudia.com



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