Come noto, il D.Lgs. n. 231/2007 detta la disciplina per la repressione delle attività di riciclaggio: una delle limitazioni più forti, perché avente un grande impatto sulla vita dei comuni cittadini, è quella prevista dall’art. 49 co. I: esso detta la soglia al di sopra della quale non possono essere effettuati pagamenti (nonché più in generale trasferimenti di denaro) in contanti oppure per mezzo di assegni bancari e strumenti equiparati. Tale soglia è stata portata negli anni da € 12.500,00 sino – con il c.d. Decreto “Salva Italia” del 2011 - ad € 1.000,00.
La limitazione in esame è sempre stata oggetto di dibattito da parte degli esperti: i suoi sostenitori sostenevano che essa fosse idonea, almeno in parte, a combattere effettivamente i fenomeni del riciclaggio e dell’evasione fiscale; dall’altra, i suoi detrattori rilevavano che in realtà l’evasione fiscale – ma soprattutto il riciclaggio – non passavano per le transazioni fiscali alla luce del sole in contanti e che, inoltre, tale misura – rendendo più difficile effettuare i pagamenti – potesse di fatto deprimere un’economia già gravemente colpita dalla ben nota crisi.
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della L. n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016), il Governo ha ritenuto di allinearsi al trend dei principali paesi europei, i quali prevedono generalmente limiti – anche di molto – superiori alla soglia di € 1.000,00 precedentemente prevista.
A far data dal 01.01.2016, dunque, sono ammessi pagamenti in contanti per importi inferiori ad € 3.000,00; la limitazione alla soglia di € 1.000,00, invece, rimane in vigore per alcune tipologie di pagamenti, ad esempio quelli effettuati per mezzo di assegno bancario oppure per il tramite dei c.d. money transfer.
Avv. Mattia Tacchini