Nel contributo della settimana scorsa abbiamo trattato di una problematica molto diffusa nei rapporti con una compagnia telefonica, sia di telefonia fissa che mobile: l’attivazione di servizi a pagamento non richiesti. Avevo altresì suggerito le modalità per una gestione preliminare della problematica: disattivazione del servizio e reclamo con raccomandata alla compagnia.
Cosa accade, però, se la compagnia non vuole sentir ragioni e rigetta il reclamo dell’utente oppure, come spesso accade, non risponde nemmeno? In caso di importi di pochi euro, praticamente chiunque lascerebbe stare, per evitare perdite di tempo e per non sostenere i costi di una pratica legale; ovviamente, anche se ritengo inaccettabile che un cittadino debba rinunciare a far valere i propri diritti, per ragioni pratiche sarei d’accordo con l’interessato. Ma se i costi (magari di centinaia – o in casi limite di migliaia – di euro) giustificassero un tentativo ulteriore di ottenere giustizia, quale sarebbe il modo più efficace di agire?
E’ necessario premettere che il regolamento del 19 aprile 2007 dell’AGCOM prevede che qualsiasi utente, prima di incardinare una causa contro una compagnia telefonica (sono invece esclusi i semplici recuperi credito della compagnia verso l’utente inadempiente), deve esperire un tentativo di conciliazione: esso può svolgersi avanti alle Camere di conciliazione istituite dalle Camere di Commercio oppure - scelta preferibile - avanti al Co.Re.Com. (Comitato Regionale per le comunicazioni). Proprio a quest’ultimo dedicheremo la nostra attenzione.
Il criterio per individuare il Co.Re.Com competente è il seguente: si dovrà individuare il luogo dove si trova la postazione fissa dell’utente, ossia il telefono fisso, nel caso di contratto per tale tipo di utenza; negli altri casi – ad esempio per le linee mobili – farà fede il domicilio oppure la residenza indicata nel contratto dall’utente (per le imprese si verificherà la sede legale). Quello competente per i verbanesi si trova a Torino, in via Lascaris n. 10.
E’ necessario sottolineare che avanti al Co.Re.Com. non occorre l’assistenza di un legale; il procedimento, inoltre, è completamente gratuito. Ovviamente il fatto che tale organismo si trovi nei capoluoghi di regione può limitare l’effettivo ricorso alla conciliazione, scoraggiando gli utenti che debbano recuperare cifre modeste; come sopra visto, però, chi ha controversie che coinvolgono cifre più rilevanti, vista la totale gratuità del procedimento potrà agevolmente sacrificare una giornata per esperire eventualmente la conciliazione.
Il termine previsto dal regolamento per la conclusione della conciliazione è di 30 giorni: al suo spirare, sia che la conciliazione si sia svolta, sia nel caso che essa non si sia tenuta, le parti sono libere di agire in giudizio. In realtà, non accade praticamente mai che tale termine sia rispettato: l’utente, però, potrà comunque attendere il completamento della procedura, sperando che abbia esito positivo. Proprio questa è la condotta che personalmente suggerisco.
Di seguito ecco un sunto delle regole principali del procedimento.
L’istanza può essere presentata al Co.Re.Com utilizzando l’apposito modulo UG, reperibile sul sito di AGCOM oppure del Co.Re.Com Piemonte ; essa deve contenere, a pena di inammissibilità: il nome, il cognome e la residenza o il domicilio dell’utente, il numero dell’utenza, la denominazione e la sede dell’operatore. All’istanza deve essere allegata la fotocopia di un documento di identità dell’utente interessato. Devono essere poi indicati i fatti che sono all’origine della controversia tra le parti, una sommaria esposizione degli eventuali tentativi già esperiti per la composizione della controversia, i documenti che si allegano e – cosa fondamentale - le pretese del richiedente.
L’istanza, a pena di inammissibilità, deve essere sottoscritta dall’utente o, per le persone giuridiche, dal loro rappresentante legale; in alternativa, può essere firmata da un rappresentante munito di procura speciale, conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata (ipotesi rarissima). Essa può essere consegnata a mano presso gli uffici del Co.Re.Com. competente (in tal caso viene rilasciata apposita ricevuta che costituisce la prova del deposito) oppure inviata con raccomandata a.r., a mezzo fax o tramite posta elettronica certificata.
Il Co.Re.Com., dopo aver verificato l’ammissibilità dell’istanza, entro sette giorni lavorativi dovrebbe comunicare alle parti l’avviso di convocazione al tentativo di conciliazione; in realtà, come visto sopra, i tempi sono decisamente più dilatati e può essere necessario attendere qualche mese per la fissazione della conciliazione. La parte che non ha proposto l’istanza, entro dieci giorni dal ricevimento dell’avviso di convocazione deve comunicare a tale organo la propria volontà di partecipare alla procedura conciliativa; infatti, nel caso in cui dichiari esplicitamente di non voler partecipare alla conciliazione oppure in caso di mancata comunicazione della propria volontà entro tale termine, il responsabile del procedimento redige direttamente un verbale con il quale dà atto dell’esito negativo del tentativo di conciliazione, trasmettendolo tempestivamente alla parte richiedente senza necessità che essa si presenti effettivamente all’incontro fissato.
In udienza le parti intervengono personalmente, oppure, in caso di aziende, in persona del loro legale rappresentante. Le parti possono inoltre farsi rappresentare da soggetti muniti di procura generale o speciale, conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata ovvero con scrittura privata corredata della fotocopia di un documento di identità del delegante; esse, infine, possono farsi assistere da consulenti o rappresentanti delle associazioni di consumatori. Non è necessaria, invece, l’assistenza di un legale, come già visto.
Le dichiarazioni e le offerte formulate in sede di conciliazione non possono essere riportate nell’eventuale successivo giudizio; quanto avviene durante la conciliazione, dunque, è riservato. Se la conciliazione ha esito positivo, viene redatto un verbale in cui si indicano i punti controversi e si dà conto dell’accordo raggiunto; al contrario, in caso di fallimento della conciliazione il responsabile del procedimento redige un verbale in cui si annota esclusivamente l’oggetto della controversia ed il suo esito negativo. Il verbale di conciliazione, sottoscritto dal responsabile della procedura e dalle parti, costituisce titolo esecutivo (ha un valore analogo alla sentenza di un tribunale, dunque, e su di esso si potrebbe anche basare una esecuzione forzata mediante pignoramento contro la compagnia, se risultasse poi inadempiente).
In conclusione, ecco alcune notazioni pratiche:
1. In sede di conciliazione spesso è possibile definire concretamente la controversia: le compagnie, infatti, generalmente fanno partecipare un proprio addetto (in alcuni casi un avvocato), che ha effettivamente potere per trattare, con facoltà di fare concessioni all’utente: se le pretese di quest’ultimo sono fondate, è possibile ottenere la restituzione di quanto pagato in eccesso oppure lo storno di fatture per importi non dovuti. E’ anche possibile ottenere piccoli risarcimenti del danno, ma generalmente solo se il contratto relativo all’utenza lo prevede e la relativa domanda è ben argomentata.
2. E’ necessario redigere accuratamente l’istanza diretta al Co.Re.Com. e andare preparati alla conciliazione: sia l’addetto della compagnia che il conciliatore di solito hanno effettivamente verificato la situazione, controllando la documentazione allegata. Richieste infondate o abnormi generalmente non trovano accoglimento; al contrario, pretese sensate spesso trovano soddisfazione.
Avv. Mattia Tacchini