Mi è stato di stimolo l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 14-05-20 a firma di Sabino Cassese, giurista, accademico e giudice emerito della Corte Costituzionale “Le 495 pagine sul rilancio. La scelta (oscura) dei tempi e degli strumenti”.
Non oso pensare che chiunque si trovi a guidare un governo non sia, o non venga istruito a dovere, sul fatto che le leggi, i decreti e le norme che devono poter far funzionare un paese devono essere applicabili e quindi applicate. Cosa diversa dai desideri e anche dagli impegni. Pertanto mi pare giusto sottoporre al più ampio dibattito temi che, in questo momento particolare, toccano molto da vicino la vita e le speranze di tutti i cittadini.
Così Cassese articola a proposito il suo pensiero : “I tempi ordinari dello Stato non corrispondono agli obiettivi e alle esigenze della crisi, specialmente se alcune norme sembrano scritte da un teologo medievale (vi si prevedono piani che contengono programmi operativi, che dispongono misure, ma nell'ambito di altri programmi operativi previsti da altre leggi) e, se occorre, attendere decreti attuativi, notifiche alla Commissione europea, decisioni degli organi collegiali, stati di avanzamento lavori, controlli amministrativi, che rallentano i funzionari onesti e non frenano quelli disonesti.”
“Il governo non si è preoccupato degli impedimenti prodotti da troppo pesanti sanzioni e da controlli preventivi che bloccano l'azione esecutiva e non si è chiesto se si poteva operare delegificando, invece di produrre tante norme che ingessano le burocrazie. Si sommano qui la storica inadeguatezza degli uffici di staff dei ministri e la scarsa attenzione per la realizzazione delle promesse di politici impegnati nella rappresentanza e nella comunicazione. Mentre le opposizioni e la maggioranza auspicano il ripristino di una normale dialettica il governo avrebbe avuto almeno un'altra alternativa.
Invece di scegliere la direzione del risarcimento (quella del «dare», che confina con l'assistenzialismo), prendere la strada dell'accelerazione, cogliendo l'occasione della crisi sia per moltiplicare i suoi investimenti sbloccando le procedure arrugginite, sia per sgravare di vincoli, anche fiscali, gli investimenti privati in modo da dare un impulso all'economia in generale con ricadute in tutti i settori”.
Sabino Cassese lancia un chiaro segnale di allarme, viste le difficoltà nelle quali si è indirizzato il governo, con la preoccupazione che gli aiuti annunciati non giungano con la tempestività necessaria per salvare l’economia. Si tratta della vita e del futuro dei cittadini,del lavoro,delle attività economiche e dello Stato (perché degenerando la situazione si potranno mettere in forse le pensioni,gli stipendi dei dipendenti pubblici,ecc.). Si tratta di garantire “la stabilità” del sistema paese, possibile “solo” promuovendo lo sviluppo. La mancata cognizione del “ rischio mal calcolato” della paralisi burocratica darà la stura a un “prevedibile” conflitto sociale causato da una povertà il cui costo deve già oggi essere ipotizzato incalcolabile.
L’Italia è un paese dalle capacità impensabili, se non vengono represse dalla burocrazia. Quando vuole l’Italia può e lo dimostra il Ponte Morandi. E’ questo l’esempio per far fronte al Covid-19. Per affrontare la complessità dell’emergenza ogni altra via pare davvero non solo incomprensibile ma foriera di pericolose inaccettabili illusioni con gravi ripercussioni sociali. Sarebbe drammatico se chi guida il paese volesse deliberatamente assumersi tale responsabilità.
Ad esempio se le 485 pagine del Decreto dovessero richiedere altrettanti giorni per la loro interpretazione, atteso che le sanzioni già pronte dipendono proprio dall’interpretazione delle norme.
Il Presidente
Dott Arturo Lincio