Credo di averlo ripetuto molte volte quanto sia interessante per me la psicologia dell’invecchiamento, in particolare dell’invecchiamento patologico.
Quello che è più interessante è rappresentato da tutta quella parte che si occupa delle terapie non farmacologiche nell’anziano affetto da demenza; purtroppo questo tema è poco noto a chi non appartiene all’ambito e, spesso, viene sottovalutato, con grandi ripercussione sullo stato di benessere dell’anziano malato.
Già alcuni anni fa, in un suo bellissimo intervento sul Sole 24ore, Arnaldo Benini descriveva la limitatezza della cura farmacologica rispetto a malattie come le demenze, facendo il punto sulle scoperte scientifiche relative e sugli scarsi risultati ad oggi ottenuti.
All’interno della limitatezza della cura, che come per ogni patologia cronica si sposta dalla guarigione della malattia al contenimento dei sintomi, la cura di una persona affetta da demenza non può prescindere dal fare i conti con questo limite e cercare in altre strade le possibilità di cura.
Chi conosce queste malattie, magari perché ha avuto o ha un congiunto malato, sa bene che a volte una situazione può cambiare grazie a cose che non si sarebbero mai prese in considerazione che invece vanno a risolvere importanti sentimenti di disagio e di difficoltà nella cura dell’anziano, ma anche che quella che ieri è stata una soluzione non è detto che oggi funzioni allo stesso modo. Questa aleatorietà nella cura rende tutto poco stabile, togliendo la sensazione di certezza ma lasciandoci anche una grande libertà verso l’adattabilità e la flessibilità di un intervento di cura cucito su misura sul paziente.
In questo campo di adattabilità e flessibilità si trovano delle differenti tecniche di cura dei sintomi collegati alla demenza. Queste tecniche sono numerose e varie, da applicare tenendo ben presente lo stadio di malattia ma soprattutto il malato e quella che è la sua storia di vita. Queste sono tecniche che non possono prescindere dalla competenza e capacità del professionista, sono un di più senza il quale però non è possibile andare oltre ed ottenere risultati che vadano nella direzione di un maggior benessere per l’anziano.
Alcune di queste tecniche sono rappresentate dalla Stimolazione Cognitiva, Terapia Della Bambola, Pet Therapy, Snoezelen Room, Validation Therapy, Musicoterapia, Approccio Ambientale solo per citarne alcune; anche la modalità di approccio e di organizzazione delle interazioni con l’anziano malato, anzi forse in questo caso sarebbe più corretto riferirsi a cornici teoriche in cui inserire tali tecniche: Gentlecare, Person Centred Care.
Aspetto da non sottovalutare mai è la creazione del rapporto di fiducia con l’anziano e la sua famiglia da parte del professionista che si trova a effettuare tali trattamenti, infatti, nonostante le evidenze scientifiche confermino l’importanza di queste modalità di trattamento, che migliorano e garantiscono uno stato di benessere al malato, una riduzione delle difficoltà comportamentali e una miglior qualità di vita, c’è ancora diffidenza in alcune persone.
Ovviamente, le tecniche, qui solo nominate, devono essere svolte da persone competenti, poiché ognuna di loro ha caratteristiche proprie di somministrazione, protocolli di cura e la necessità di valutarne l’appropriatezza per il singolo malato e per il momento che il malato sta attraversando.
Buona settimana
Mara Rongo