Il caso sottoposto al giudizio della Suprema Corte era il seguente: un soggetto induceva un anziano ad attribuirgli una procura generale, per mezzo della quale cedeva la nuda proprietà di quattro immobili di proprietà del rappresentato ad una società della quale il rappresentante era socio; non veniva, peraltro, nemmeno corrisposto il prezzo pattuito. Una volta deceduto l’anziano gli eredi agivano in giudizio per sentire dichiarata al nullità dei contratti stipulati, in quanto basati su di una procura generale conferita al rappresentante dall’anziano a seguito della sua circonvenzione ad opera proprio del procuratore.
Sul punto è opportuno esaminare brevemente le principali norme rilevanti per la comprensione del caso esaminato: l’art. 643 c.p. (sulla circonvenzione di incapace) e l’art. 1418 co. I c.c. (sulla nullità del contratto). L’art. 643 c.p. punisce la condotta di colui che, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico dannoso per lei o per altri. L’art. 1418co. I c.c., invece, prevede che il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.
E’ necessario puntualizzare che il vizio della nullità del contratto è quello più grave conosciuto dal nostro ordinamento: il contratto nullo, infatti, non può essere sanato, non è idoneo a produrre effetti e l’azione per ottenere la declaratoria della nullità non si prescrive, potendo peraltro essere incardinata da chiunque vi abbia interesse. Al contrario, l’annullabilità rappresenta un vizio di minore gravità, in quanto il contratto da essa viziato produce effetti sino all’eventuale annullamento, può essere sanato e l’azione per la pronuncia dell’annullamento del contratto si prescrive in cinque anni, oltre ad essere proponibile solamente dal soggetto portatore dell’interesse leso dal vizio. Si comprende agevolmente, dunque, che può essere vitale per il soggetto che agisce per veder invalidato un contratto sostenere che esso sia affetto da nullità, in quanto – ad esempio – non avrà problemi di prescrizione della relativa azione. Nel caso sottopostole, tra gli altri aspetti, la Suprema Corta ha dovuto proprio trattare il tema della natura del vizio del contratto stipulato a seguito della circonvenzione di un incapace: nullità o annullabilità.
La Corte ha rilevato che il contratto stipulato a seguito di una circonvenzione di incapace risulta, come previsto dall’art. 1418 co. I c.c., contrario ad una norma imperativa: secondo l'opinione della moderna giurisprudenza, infatti, la norma che reprime la circonvenzione di incapace tutela (piuttosto che il patrimonio) la libertà di autodeterminazione dell'incapace in ordine agli interessi patrimoniali, ossia l'interesse alla libertà negoziale dei soggetti deboli e svantaggiati. La tutela si fonda pertanto su ragioni di ordine pubblico e la sua violazione comporta la violazione di una norma imperativa. A ciò consegue che nel caso in esame il contratto deve essere dichiarato nullo e non semplicemente annullato, con le conseguenze che abbiamo sommariamente esaminato.
Avv. Mattia Tacchini
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