Lo riporta il sito di LEDHA Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità:
Un’offesa a una persona con disabilità è un’offesa a tutte le persone con disabilità e alle associazioni impegnate per la tutela dei loro diritti. Questo il senso di un’importante sentenza pronunciata ieri (mercoledì 6 aprile - ndr) dal Tribunale di Verbania nell’ambito di un processo penale che ha visto vittima una donna affetta da acondroplasia, patologia congenita di nanismo. La vicenda ha avuto inizio e si è sviluppata nell’ambito dell’attività professionale della donna, che lavora come avvocato. La persona offesa è stata pesantemente insultata e denigrata a causa della sua disabilità da due persone che hanno pubblicato su Facebook di frasi ed espressioni diffamatorie e discriminatorie, in quanto la diffamazione ruota attorno al proprio nanismo.
Il giudice ha condannato i due imputati a 12 mesi di reclusione (la richiesta del Pm era di 8 mesi) e al risarcimento dei danni a favore della vittima. Il giudice ha disposto il risarcimento dei danni anche per le tre associazioni che si sono costituite parte civile: LEDHA - Lega per i diritti delle persone con disabilità, Aisac (Associazione per l’informazione e lo studio dell’acondroplasia) e "Acondroplasia insieme per crescere". L’ammontare complessivo delle provvisionali, comprese le spese legali di tutte le parti costituite, è di circa 50mila euro.
“Si tratta di una sentenza molto importante - commenta Gaetano De Luca, avvocato del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi -. Il giudice ha riconosciuto che l’offesa a una singola persona con disabilità non solo offende la ricorrente, ma tutte le altre persone con disabilità. Tale comportamento pregiudica e lede la faticosa quotidiana attività delle associazioni che si battono per promuoverne la piena inclusione sociale e il rispetto dei loro diritti”.
“La sentenza del Tribunale di Verbania ci riempie di soddisfazione, perché il giudice ha compreso l'estrema gravità dei comportamenti dei due imputati - commenta l’avvocato Giacinto Corace, difensore della vittima -. Ritengo che il giudice abbia compreso che strumenti come Facebook sono un veicolo per fare arrivare a molti i contenuti offensivi e denigratori in danno delle persone con disabilità. E per questo motivo, per dare un monito anche ai più giovani, abbia voluto infliggere una punizione esemplare ai due colpevoli”.
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