L’esame in Commissione del programma operativo sanitario e delle ultime decisioni sulla non autosufficienza conferma come ormai ogni scelta passata della Giunta regionale sia stata sconfessata e Cavallera stia riscrivendo l’ennesima riforma della sanità, in un rapporto esclusivo e riservato con il tavolo Massicci a Roma, in un sostanziale commissariamento della sanità piemontese.
Le nuove linee del piano lo dimostrano ampiamente. Dopo tre anni ancora non sappiamo quanti saranno i punti nascita a chiudere in Piemonte: la delibera della Giunta regionale parla di sei punti nascita, nel programma operativo sono otto, perché vengono aggiunte le chiusure di Susa e Borgosesia.
Lo stesso si può dire delle emodinamiche: la Giunta regionale nella delibera ne vuole chiudere cinque, anche se per due c’è la sospensione del Tar (Moncalieri e Orbassano), il programma operativo propone di aumentare le chiusure, anche se non dice quali sono le emodinamiche da sopprimere.
I numeri fanno anche crollare l’ipotesi di superamento delle Federazioni a favore di Scr, che dovrebbe assumerne il ruolo. Che le Federazioni siano da chiudere non c’è alcun dubbio, ma non può essere Scr a sostituirle. Dopo nostre reiterate richieste, oggi in Commissione sono stati resi noti i dati dell’attività di Scr a inizio legislatura nei bandi per le aziende sanitarie. Dalle stesse aziende sanitarie sono venute 269 segnalazioni di inadempienze da parte dei fornitori aggiudicatari, e per noi il dato è ancora sottostimato.
Ci piacerebbe conoscere in quanti casi Scr ha provveduto al recupero delle somme previste dai contratti di fronte alle chiare inadempienze. Abbiamo stimato intorno al 15% delle segnalazioni, il direttore Morgagni oggi in Commissione ha detto che la nostra stima non è lontana dalla realtà. E’ evidente la necessità, una volta chiuse le Federazioni, di affidare a una asl capofila per ogni area vasta le loro funzioni che svolgerebbe in nome e per conto delle altre, utilizzando le competenze interne alle aziende.
Pesanti anche le determinazioni del piano sulla non autosufficienza. Si vuole rideterminare la quota sociale, quella cioè a carico di comuni e famiglie degli assistiti, rispetto a quella sanitaria, a carico della Regione. Oggi entrambe coprono il 50% dei costi, nel piano è previsto un aumento al 60% dei costi per i comuni, che già non ce la fanno, e le famiglie, e una riduzione al 40% della quota regionale. Una scelta che apre un fronte drammatico sull’autosufficienza, unito alle decisioni assunte dalla Giunta regionale sulle liste di attesa che prevede meccanismi di valutazione per l’accesso ai servizi residenziali. Una volta applicati, colpiranno almeno il 20% di coloro che vengono già assistiti, oltre a ridurre quelli che ne avrebbero diritto. In sostanza si tagliano le liste di attesa non soddisfacendo ulteriori bisogni, ma tagliando le persone che questi bisogni esprimono. E’ una politica ingiusta e inaccettabile.
Infine le politiche del personale: il blocco totale del turn over, se in linea teorica (ma non è di fatto così) potrebbe essere sopportato nelle aree in cui ci sono ospedali da chiudere o da riconvertire, non è sopportabile nelle altre aree della regione, dove è evidente che la non sostituzione dei pensionandi porterà ad altri tagli dei servizi. Lo hanno ben presente i direttori di Asl e Aso che stanno premendo per essere auditi dalla Commissione sanità, consapevoli che, senza il sostegno alle loro richieste di deroga al blocco del turn over, saranno costretti a chiusure a pioggia di servizi. L’obiettivo di un ulteriore risparmio sul personale di 100 milioni di euro tra il 2013 e il 2015 strangolerà i servizi.
Siamo stufi di una politica sanitaria costruita solo sulla carta e che cambia a ogni nuovo assessore e a ogni consuntivo sui costi della sanità. Il contratto che la Regione sta sottoscrivendo con Roma dice in sostanza che nei tre anni precedenti la riforma era sbagliata, con buona pace di Cota che dovrebbe prendere atto del suo fallimento. Ormai è Roma a decidere, il commissariamento è nei fatti: Cavallera e Cota sono solo gli esecutori delle decisioni assunte al tavolo Massicci, senza alcun rapporto con il Piemonte e la sua comunità.
Denunciamo infine il fatto che tutto ciò si sta decidendo in grande segreto e senza alcun confronto; è l’ennesimo tentativo di riforma che nasce sugli stessi presupposti degli altri ed è destinato allo stesso risultato: il fallimento.