Il libro si chiama Radici liquide e lo presenta la giornalista Elisa Cozzarini per la casa editrice veneziana Nuova dimensione.
Il primo grande assalto alle acque libere dei torrenti ossolani fu attuato dagli inizi del secolo scorso fino a poco dopo la guerra nel periodo dell’autarchia energetica, per fornire alla nazione italiana una quota considerevole di corrente elettrica, generata con il sistema idroelettrico per mezzo delle grandi dighe.
Dodici grandi invasi furono costruiti alle sorgenti della Toce e dei suoi principali affluenti per un totale di acque ritenute a monte di 171 milioni di metri cubi (fonte: Provincia VCO). Morasco, Sabbioni, Toggia, Agaro, Vannino, Codelago, Campliccioli, Cingino, Cheggio, Larecchio, d’Avino, ecc … sono alcune delle grandi dighe che tutti conoscono da tempi ormai storici. La produzione di energia elettrica media annua teorica supera i 3.300 GWh, situazione che pone la Val d’Ossola al primo posto tra le valli piemontesi (fonte: agenzia delle Dogane). Da allora il fiume Toce ha perso, oltre al suo equilibrio idro-biologico-geologico-potabile-irriguo, altre risorse rilevanti che ormai sfuggono ai più: ad esempio la sua secolare navigabilità, la sua invidiata pescosità e alcune delle sue principali bellezze naturalistiche ad uso turistico. Si pensi ad alcuni villaggi walser sommersi dagli invasi artificiali o alla spettacolare Cascata del Toce, aperta solo ad ore in estate per concessione di Enel.
Il secondo grande assalto si rese operativo intorno agli anni ‘80/’90 con la realizzazione di altre centrali idroelettriche, meno grandi e private. Ovvero sia, impianti non gestiti direttamente dall’Ente che fu dello Stato, ma da imprese industriali anche piccole che misero in rete per lucro la loro produzione energetica.
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Si concretizzò così un nuovo asse di forniture che contribuì ad alimentare il nascente mercato dell’energia elettrica, la quale andò man-mano privatizzandosi e, di lì a poco, liberalizzandosi anche nelle tariffe. Sono sistemi di minor potenza che non hanno previsto la costruzione di grandi sbarramenti in cemento, bensì opere di presa diretta in alveo con derivazioni chilometriche in tubature e canali di gronda. Gli esempi più significativi si incontrano in Valle Vigezzo, Antigorio e Formazza, Divedro, Bognanco, Anzasca, Isorno, Strona, San Bernardino, ecc …
Il loro contributo di potenza nominale è stimato in circa 70 MW, valore molto aleatorio e quasi mai raggiunto, poiché le captazioni idriche dipendono direttamente dalle variazioni di regime delle portate stagionali (assenza di grossi bacini di accumulo dell’acqua dei torrenti). In compenso, questi impianti di derivazione, che potremmo dire di seconda generazione, hanno portato alla sofferenza cronica di pressoché tutti i corsi d’acqua, compresi quelli principali, già oggetto di precedenti dighe di trattenuta a monte.
Dalla fine degli anni ’90 ad esempio sono scomparsi nei torrenti della Provincia del VCO molte specie ittiche autoctone, rare e pregiate che rappresentavano un patrimonio di biodiversità unico e insostituibile (temolo, trota fario, gambero di fiume). E’ aumentata la temperatura media delle acque correnti, sono comparsi già in quota fenomeni di eutrofizzazione e di acidificazione dell’acqua, si è accresciuto in generale il grado di inquinamento, si sono abbassate le falde, i pozzi hanno incominciato a prosciugarsi e molti alvei sono rimasti all’asciutto per alcuni mesi dell’anno: tutti fenomeni sconosciuti a memoria d’uomo. Lo stato fisico diffuso dei corpi idrici del bacino della Toce, del Melezzo orientale, del Cannobino, dello Strona, dei torrenti del Verbano, del Selva Spessa a Baveno, del Pescone è passato da eccellente/buono a discreto/sufficiente, complice a scala climatica globale anche un regime delle piovosità sempre più irregolare ed imprevedibile.
Il terzo grande assalto ai corpi idrici dell’arco alpino si mette in campo con l’emanazione della Legge n°99 del 23/07/2009 e nel VCO con la Delibera del Consiglio provinciale n°28 del 24/06/2011 che porta la potenza massima installabile nel Verbano-Cusio-Ossola da 35 MW a 350 (aumento del 900% !) in modo quanto meno discutibile, scellerato e imprevidente.
Tuttavia, siccome di torrenti svincolati da impianti non ne sono rimasti molti, visto che i primi arrivati hanno potuto scegliere i siti più idonei in piena libertà, in assenza di nuove tecnologie performanti e rivoluzionarie per la produzione di corrente con l’idroelettrico (esclusi gli impianti a coclea), le poche acque libere rimaste non possono essere sfruttate in modo utile e conveniente: i piccoli salti e le portate minime dei ruscelli sopravvissuti renderebbero troppo poco a fronte di investimenti fin anche milionari. Ecco quindi che interviene lo Stato con politiche di marchio neoliberista, introducendo il meccanismo perverso degli incentivi pubblici.
Con questa nuova opportunità economica fiorisce nel giro di pochi anni il business del mini-idroelettrico. Progettisti e imprese di costruzione beneficiano di sovvenzioni provenienti dai fondi dell’erario, finanziate con le bollette delle utenze domestiche alla voce A3, per realizzare centraline con potenze per lo più inferiori a 1 MW. Le autorizzazioni vengono rilasciate dalla Provincia e nell’ultimi mesi le domande di concessione idrica ai fini idroelettrici superano la capacità operativa di valutazione dei funzionari dell’ente pubblico.
Non passa decade che non venga rilasciato un “via libera” alle opere e siamo ormai lanciati verso il tragico traguardo delle 200 nuove centraline (fonte: Provincia VCO). Ora sembra che il nuovo Governo voglia rinunciare agli incentivi per il mini-idroelettrico per il prossimo anno, ma le pressioni dei poteri forti sono già sul piede di guerra. C’è da aspettarsi di tutto in sede di commissione parlamentare.
Radici Liquide di Elisa Cozzarini è un grido di allarme disperato, ma vuol essere anche un momento di riflessione sulla corsa al consumo di una delle principali risorse della vita: l’acqua dei fiumi. “Nelle valli alpine colpite dallo spopolamento, abbandono, si alzano voci contrarie, gruppi e comitati di cittadini che non ci stanno a farsi portare via l’acqua, anima del paesaggio montano”.
La ricercatrice friulana ha viaggiato in lungo e in largo le regioni dell’Italia settentrionale per raccogliere le situazioni, documentarle e mostrarle in pubblico con questo libro, un capitolo del quale è dedicato anche alla Val d’Ossola.
Per questo invitiamo gli appassionati di montagna, gli amanti della Natura, le persone sensibili e tutti coloro che si riconoscono “affetti da questa forma di umana idrofilia” come dice l’autrice, alla presentazione del suo libro, sabato 29 settembre ore 15,00 al Maggiore di Verbania.
Invitiamo inoltre le stesse persone e i loro amici a condividere con lei e con noi una passeggiata sui luoghi simbolo delle devastazioni dei territori interessati dalle centraline del mini-idroelettrico: la Val del Basso, laterale della Val Loana, in Valle Vigezzo, domenica 30 settembre ore 9,00 con ritrovo a Malesco in piazza della Chiesa. Ci sarà un momento culturale, uno di discussione, uno di lettura di alcuni passi del libro e una pausa per la polenta al Rifugio Al Cedo del CAI di Vigezzo. E’ gradita la partecipazione numerosa e la prenotazione. La passeggiata sarà condotta da guide abilitate e la quota di adesione volontaria servirà a coprire i soli costi vivi.