Come noto, ai sensi dell’art. 2598 co. I c.c., in caso di trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, se non è pattuito diversamente, il cessionario (ossia l'acquirente dell’azienda o del suo ramo) subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale. L’istituto della cessione dell’azienda oppure se suo ramo si basa sul seguente rilievo: l’attività posta in essere dall’imprenditore mediante l’acquisto di determinati beni strumentali, l’assunzione di dipendenti, la stipulazione dei contratti necessari all’esercizio dell’attività d’impresa, ecc., porta alla creazione di un’entità - l’azienda - che ha un valore superiore rispetto a quello dei singoli beni che la costituiscono.
Si consideri, infatti, che anche l’attività di stipulazione dei contratti necessari ad ottenere i beni e i servizi necessari allo svolgimento dell’attività e l’assunzione del personale necessario, a titolo di esempio, svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di un complesso di beni e persone organizzati per lo svolgimento dell’attività d’impresa: l’azienda, perciò, essendo strutturata per lo svolgimento di un’attività economica e tesa, perciò, al perseguimento di un utile, ha un valore superiore alla somma degli elementi che la costituiscono.
L’imprenditore, peraltro, può decidere di cedere ad altri la sua azienda oppure un ramo, economicamente indipendente, di essa: in tali ipotesi entra in gioco il citato art. 2558 co. I c.c., il quale ha la funzione di preservare l’unità dell’azienda, portando la trasferimento di tutti i contratti stipulati per l’esercizio della stessa, salvo che essi abbiano natura eminentemente personale.
Nel caso in esame, un ramo d’azienda era stato oggetto di due distinti trasferimenti: nel primo, il contratto di leasing relativo ad un automezzo strumentale all’esercizio dell’attività d’impresa del ramo ceduto, era stato espressamente considerato nel contratto di cessione ed era stato menzionato anche nella contabilità del ramo ceduto: in occasione della seconda cessione, esso non era stato preso in esame.
La società finanziaria, a causa del mancato pagamento dei canoni del leasing iniziato prima dell’ultima cessione, otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti dell’ultima cessionaria, per il pagamento degli arretrati: in primo grado il tribunale competente accoglieva l’opposizione dell’ingiunta, in quanto il leasing non era stato menzionato nell’ultimo contratto di trasferimento del ramo d’azienda né nella relativa contabilità e, inoltre, poiché il ramo d’azienda era stato trasferito privo di debiti; il tribunale, inoltre, come sostenuto dall’opponente, rilevava che in caso di trasferimento di un ramo d’azienda non poteva trovare applicazione il meccanismo dell’automatico trasferimento dei contratti, in quanto sarebbe stato necessario differenziare quelli oggetto di cessione da quelli rimasti in capo all’impresa cedente per l’esercizio dei rami d’azienda da essa mantenuti.
Al contrario, la corte d’appello aveva riformato la sentenza di primo grado, confermando il decreto ingiuntivo, in quanto il trasferimento del contratto di leasing sarebbe avvenuto automaticamente, ai sensi della norma sopra citata. L’ingiunta, perciò, ricorreva per cassazione.
Sul punto la Suprema Corte ha rilevato che la cessione del complesso dei beni funzionalmente organizzati per l'esercizio di un'impresa determina l'automatico subentro del cessionario nella titolarità dei rapporti contrattuali - di carattere non personale - che attengono all'azienda ceduta. Tale disciplina appare coerente con l'idea dell'azienda come universitas (ossia come complesso di beni, persone e contratti), da cui discende che i rapporti contrattuali - di carattere non personale - che attengono all'azienda ceduta si considerano parte integrante del complesso dei beni unitariamente considerato, con la naturale conseguenza del relativo trasferimento unitamente all'azienda di cui seguono le sorti.
La Cassazione ha proseguito affermando che nel caso in cui l'oggetto del trasferimento non riguardi l'intera azienda, bensì un ramo di essa, il principio della sorte comune dei beni unitariamente organizzati per l'esercizio dell'impresa non subisce eccezioni: a ciò consegue che i rapporti riferibili a detto ramo (ossia quelli per loro natura oggettivamente determinabili, in ragione della riconoscibile destinazione funzionale all'esercizio del settore di attività imprenditoriale ad essi strettamente collegato), devono ritenersi inevitabilmente destinati a seguire le sorti del complesso organizzato cui accedono; le uniche eccezioni si hanno in caso di beni personali oppure se le parti abbiano individuato espressamente i singoli beni o rapporti non destinati alla successione.
La Corte, perciò, ha confermato la sentenza di secondo grado e rigettato l’opposizione.
Avv. Mattia Tacchini
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