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Non tocca di certo a noi tirare le conclusioni sull’ultima proposta della Regione, quella di un nuovo ospedale unico provinciale: ogni considerazione non può che essere provvisoria e parziale perché manca la documentazione tecnico-finanziaria minima per formare un giudizio definitivo. Ma non faticheranno i nostri attenti lettori a cogliere quanto sia delicato e pericoloso il passaggio che la politica ha così incautamente deciso di affrontare.
E’ passata una settimana abbondante dalla riunione di amministratori al Tecnoparco, nel corso della quale il presidente Chiamparino ha annunciato che la Regione è pronta ad avviare l’iter di realizzazione del nuovo ospedale unico del VCO. La sostanziale assenza di dibattito seguita all’esternazione dei vertici regionali sollecita qualche riflessione in argomento.
La Regione. L’azione dell’Amministrazione Chiamparino ha condizionato in maniera determinante il dibattito che si è sviluppato nel Vco durante l’ultimo anno. Vinte le elezioni alla fine di maggio del 2014, la nuova Amministrazione regionale si insedia in estate e subito archivia l’opzione dell’ospedale unico plurisede. Voluto nel 2006 dalla Giunta Bresso e dagli assessori alla Sanità Valpreda e Artesio, il plurisede viene accettato e sostenuto dalle amministrazioni locali di Centrosinistra (Comuni di Verbania e Domo e Provincia del Vco in primis) e dalle realtà associative che avevano contestato l’ipotesi di ospedale unico a Piedimulera. Sistematicamente picconato dall’Amministrazione destro-leghista di Cota (2010-2014), il plurisede viene nei fatti ignorato in primo luogo da coloro (dirigenza Asl) che avrebbero dovuto dargli consistenza tecnico-organizzativa, nonostante dal 2007 in poi gli interventi strutturali sul Castelli e sul San Biagio finalizzati alla graduale attuazione di quel progetto abbiano assorbito imponenti risorse finanziarie (nell’ordine delle decine di milioni di euro). Invece di riprendere con forza un progetto ambizioso e impegnativo sul quale il Centrosinistra aveva impegnato la propria credibilità, la Regione nel novembre 2014 disegna per il Vco una diversa prospettiva: un ospedale spoke provinciale dotato di Dea di 1° livello e un ospedale di prossimità dotato di Pronto Soccorso. Di fronte delle reazioni del “territorio”, la Regione congela per un anno ogni decisione. In aprile a Villadossola i sindaci si riuniscono alla presenza di Chiamparino e l’assemblea, tesa e nervosa, sembra riconoscersi in alcune linee: la sanità va deospedalizzata; la questione della localizzazione del Dea deve essere sdrammatizzata; si enfatizza la medicina “territoriale” (gestioni associate degli ambulatori dei medici di famiglia, creazione di Case della salute, potenziamento dell’emergenza e del 118, rilancio della medicina distrettuale e della prevenzione). A luglio viene insediato un Gruppo di Lavoro per “la sperimentazione della rete assistenziale territoriale“; ad agosto si conferma che la decisione sulla collocazione del Dea sarà effettuata entro l’anno. Poi, a ottobre, il colpo di scena: nuovo ospedale unico provinciale.
La fattibilità. La proposta di ospedale unico manca di un piano o di uno studio di fattibilità e non può dunque essere valutata nel merito. I costi (120 milioni di euro?), i tempi di costruzione (4 anni?), le modalità di realizzazione (i privati costruiscono l’opera e la Regione li rimborsa in leasing?), il reperimento delle risorse (il leasing viene finanziato con i risparmi sulle attuali spese di gestione dei due ospedali e con il ricavato della loro vendita?) sono ad oggi garantiti dalle parole di Saitta e Chiamparino al Tecnoparco. E’ possibile affrontare un problema di tale complessità su queste basi? Forse no. Quando nel 2002 la Regione Piemonte ipotizzò la realizzazione dell’ospedale unico a Piedimulera, il piano di fattibilità predisposto dall’Aress venne sottoposto a una critica stringente e implacabile, che ne rivelò l’intrinseca debolezza e costituì il punto di forza per la vittoria dell’ampio fronte di coloro che contrastarono a ragion veduta una scelta radicalmente sbagliata. E non farebbero male a rileggersela, quella critica, tutti coloro che oggi assimilano la proposta-Chiamparino alla proposta-Aress del 2002. Se non un vero e proprio piano di fattibilità, è irragionevole mettere mano ora almeno a uno studio per la valutazione degli indicatori di appropriatezza delle localizzazioni ipotizzate lungo l’asta del Toce, da quella più meridionale (area Feriolo-Tecnoparco e area di Fondotoce tra Gran Casa e Raffineria Metalli Cusiana) a quella più settentrionale (Piedimulera), “pesando” per ciascuna di esse indicatori come l’accessibilità in termini di viabilità, di tempi di percorrenza di servizi pubblici; la presenza di vincoli, ambientali, idrogeologici, geotecnici e le relative possibilità di superamento; la dimensione delle aree, tenuto conto delle superfici dell’ospedale e dei parcheggi; le eventuali opere connesse per la ricettività; i costi indicativi per l’insediamento, tenendo conto anche di quelli necessari per renderlo possibile, come appunto le sistemazioni idrauliche; la competitività o la sinergia con le altre strutture della salute?
La localizzazione. Se l’assenza di un piano di fattibilità costituisce il limite maggiore della proposta-Chiamparino, l’imbarazzata reticenza che circonda il nodo della localizzazione dell’ipotizzata nuova struttura solleva mille inquietanti interrogativi. Perchè è a tutti chiaro, anche se nessuno lo afferma esplicitamente, che sarà la localizzazione a fare la differenza – ovvero il successo o l’insuccesso – di un eventuale nuovo ospedale del Vco. Tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006 il sindaco di Verbania proponeva ai suoi interlocutori d’allora (amministratori regionali, provinciali e sindaci) questa ipotesi di lavoro sull’ospedale di domani e quello di dopodomani. Vinta la battaglia contro l’irrazionale localizzazione a Piedimulera, si invitavano gli interlocutori a riprendere l’idea di ospedale unico come ipotesi di lavoro nel medio-lungo periodo, individuando sull’asse Fondotoce-Gravellona (e dunque nella fascia meridionale e baricentrica della provincia) la più ragionevole area di insediamento della nuova struttura. La proposta parve allora troppo ardita, anche in relazione all’idea di ospedale unico plurisede che stava maturando in Regione. Oggi, paradossalmente, torna attuale, anche se le implicazioni legate alle problematiche idrogeologiche qui di seguito illustrate e ai tempi “fulminei” di realizzazione promessi dalla Regione (4 anni) indebolivano sino ad oggi l’ipotesi Fondotoce-Gravellona-Ornavasso e rafforzavano quella di Piedimulera, ma la situazione è nel frattempo cambiata.
La compatibilità idrogeologica. Sino a pochi mesi or sono infatti risultava che la sola area situata in zona esterna alle fasce A e B del Piano di Assetto Idrogeologico – e dunque senza necessità di opere di difesa idraulica – fosse quella individuata 15 anni fa a Piedimulera dallo studio dell’Aress sull’ospedale unico. Al contrario, i siti più baricentrici di Gravellona e Ornavasso aspettavano da anni gli interventi di sistemazione di difesa sulla linea B di progetto del PAI. Senza l’esecuzione e il collaudo di tali opere nessuna area in sponda destra del Toce nei Comuni di Ornavasso e Gravellona avrebbe avuto condizioni idrauliche e idrogeologiche analoghe a quelle di Piedimulera per la collocazione di un ospedale come quello previsto.Tuttavia questi interventi di riassetto sono stati recentemente oggetto di aggiudicazione da parte dell’AIPO per “Affidamento progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori ai fini della laminazione e della riduzione del rischio idraulico lungo l’asta del fiume Toce nei Comuni di Mergozzo, Ornavasso e Gravellona Toce (VB)“, per un importo di circa 8 milioni di euro e la realizzazione di tali opere di difesa idrauliche renderà protette altre aree ben più baricentriche di quella di Piedimulera. Pertanto la nuova maggior varietà delle soluzioni di localizzazione connessa con il superamento delle pericolosità idrauliche e idrogeologiche rende ancor più necessario un confronto parametrico delle stesse sulla base degli indicatori di appropriatezza suggeriti al precedente paragrafo sulla fattibilità. E non solo: pare infatti opportuno ribadire la necessità che nella sempre più ingarbugliata vicenda dell’ospedale del VCO tutte le osservazioni ed i ragionamenti non perdano di vista il punto nodale, che è la questione della scelta del luogo. La localizzazione non può avvenire alla periferia, ma, obbligatoriamente, nell’area DEMOGRAFICAMENTE e non geograficamente baricentrica, dove la capacità gravitazionale sia maggiore, dove più rapido e agevole sia l’accesso alle strutture maggiori (collocate a sud; Piedimulera allontanerebbe di una ventina di km rispetto alla baricentrica Gravellona) e che la scala di valutazione dei parametri tenga in debito conto questa priorità.
Non tocca a noi tirare le conclusioni di queste prime considerazioni, che sono provvisorie e parziali proprio per la pressoché totale assenza di documentazione tecnica. Ma non faticheranno i nostri attenti lettori a cogliere quanto sia delicato e pericoloso il passaggio che la politica ha così incautamente deciso di affrontare.
Sanità e Vco: un anno vissuto pericolosamente
Riprendiamo dl sito VerbaniaSettanta una riflessione di Claudio ZANOTTI, Italo ISOLI, Roberto NEGRONI
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