La città che non c’è e la periferia che doveva diventare centro
di Asterio Fontana
l primo Piano regolatore del 1939 individuava la piana di S. Anna come polo amministrativo di collegamento tra Intra e Pallanza, ma non si è mai attuato. Vediamo, allora, che cosa è successo nei primi anni '60.
Sostenuti in città da amministrazioni comunali in cui la sinistra è stata maggioritaria fin dal primo dopoguerra (il carattere di città-fabbrica di Verbania, con oltre il 50% degli addetti impiegati nel secondario, ha contribuito non poco alla costruzione di questa egemonia), vengono approvati Piani per l’Edilizia Economica e Popolare (PEEP), che di fatto prevedono un totale controllo dell'espansione della città, indirizzata alla costruzione di edilizia sovvenzionata (destinata alle soglie di reddito più basse), edilizia agevolata (le cooperative di abitazione a proprietà indivisa per alloggi in locazione permanente) ed edilizia convenzionata (alloggi in proprietà realizzati da imprese edili e cooperative a proprietà divisa).
Un'operazione viene compiuta a Renco, dove però viene localizzata solo edilizia sovvenzionata, perché zona ritenuta climaticamente inospitale e, quindi, poco attrattiva per l’edilizia in proprietà ed agevolata. Se a Renco ciò produce di fatto la più grande ghettizzazione sociale della città, insediandovi gran parte dei flussi migratori dal meridione o per lo spopolamento dei centri a monte di Verbania, che consentono rilevanti incrementi demografici della città, nella piana di S. Anna l'univocità ed esclusività dello strumento urbanistico (solo edilzia residenziale pubblica) vengono mitigate dalla sua articolazione per tipologia economica di intervento, producendo una minima, ma significativa, diversificazione sociale.
Ma lo strumento dell’edilizia pubblica individuato per questa ciclopica operazione urbanistica si rivela inefficace ed insufficiente (per ruolo istituzionale e scarsa rilevanza economica degli operatori), nonostante i flussi consistenti di finanziamento. Incertezze dei finanziamenti (sebbene copiosi), rigidità normative varie, assenza di un'adeguata articolazione e diversificazione funzionale, sociale ed economica degli interventi, applicazione ondivaga dei contenuti dei Piani, innumerevoli varianti rese necessarie, assenza di una consapevolezza culturale e politica della posta storica in gioco determinano inevitabilmente il fallimento della costruzione di quella che doveva diventare la nuova polarità urbana, in cui riconoscere la nuova città di Verbania in area territoriale di oltre 50 ettari, in massima parte da infrastrutturare.
Ma va anche detto che l’istituzione di Verbania fu un'operazione che avrebbe impegnato la classe politica egemone del dopoguerra in un obbiettivo culturale ed urbanistico gigantesco, con scarsi riferimenti disciplinari nella politica locale del governo del territorio e una scarsa consapevolezza degli obbiettivi e della posta in gioco.
Malgrado la grande occasione della costruzione della Variante alla SS n. 34 (corso Nazioni Unite e corso Europa), l'assenza di una visione d'insieme e di una gestione coordinata creano nuove criticità e contraddizioni nell'area di S. Anna, costringedola a un ruolo tipicamente periferico, provocando casualità e indifferenza insediativa, conferendo un'immagine di bassa qualità ambientale ed edilizia.
Le operazioni edilizie di attuazione del PEEP avanzano tra consapevolezze e inconsapevolezze di sindaci e assessori, che si susseguono alla guida della città e dell’assessorato all’urbanistica.
Esistono margini di progettualità residua dell’idea inizlale di costruire l’identità urbana di Verbania? Difficile immaginare di trovare quella consapevolezza assente o facilmente smarrita nell’ultimo mezzo secolo sulla consegna ricevuta dal Regio decreto di “formare” la nuova città di Verbania, costruita allora solo sulla carta. Ma forse si può tentare e rilanciare la posta: sommatoria delle identità forti dei centri di storica formazione; centralità residue; riqualificazione corso Nazioni Unite e corso Europa.