Un film di Joachim Trier. Con Isabelle Huppert, Gabriel Byrne, Jesse Eisenberg, Devin Druid, Amy Ryan.Ruby Jerins, Megan Ketch, David Strathairn, Rachel Brosnahan, Peter Mark Kendall, Leslie Lyles, Venus Schultheis, Sean Cullen, Inna Muratova, Russell Posner, Frankie Verroca, Katrina E. Perkins, Harry Ford Titolo originale Louder Than Bombs. Drammatico, durata 105 min. - Norvegia, Francia, Danimarca, USA 2015. - Teodora Film
Un padre e due figli, il maggiore Jonah e l'adolescente Conrad, sono costretti a fare i conti con la morte per incidente stradale della madre, Isabelle Reed, apprezzata fotografa di guerra. Il lutto riverbera in modo diverso in ognuno di loro, coincidendo con un momento di difficoltà e di svolta, di cui è allo stesso tempo causa e conseguenza. Le circostanze della morte di Isabelle condizionano i sentimenti e i pensieri dei tre uomini, così come le scelte da lei fatte in vita hanno condizionato fino all'ultimo l'esistenza e i legami della famiglia.
Il primo film in lingua inglese del norvegese Joachim Trier, e il terzo della sua promettente carriera, sa chiaramente dove andare a posizionarsi: nel melodramma negato, nevrotico e trattenuto, dove i movimenti della psiche -le accelerazioni, le ossessioni, le deviazioni, le epifanie- fanno più rumore delle bombe. Non a caso, tutto ciò che riguarda il lavoro di Isabelle, che riguarda la guerra, e che ha occupato il primo posto nella sua vita, non è veramente oggetto di indagine: Trier non si occupa né della natura degli scatti fotografici né del disagio della donna, liquidandolo con le informazioni più note e cronachistiche sull'argomento (dipendenza dall'adrenalina, perdita del senso delle cose, schizofrenia perpetua tra il presente e l'altrove). Tutto credibile, certo, ma niente di personale.
Ciò che interessa al regista sono invece le ricadute di quel disagio e di quel destino su chi è sopravvissuto. Per raccontarle, Trier ricorre ad una forma piuttosto affascinante, che scivola fluidamente da un personaggio all'altro, da un capitolo all'altro, quasi da un film all'altro, come la macchina da presa scivola tra le diverse stanze della casa di famiglia, e avanti e indietro nel tempo, tra realtà e costruzione, e tra diversi punti di vista (anche se quello di Conrad risulta privilegiato, perché è lui a trasformare l'enigma in letteratura).
Peccato che alla forma non corrisponda una materia narrativa altrettanto attraente. I cliché dell'amante-collega (per di più raddoppiato e associato ad entrambi i personaggi adulti, in nome di chissà quale specularità), o il passato di Jonah che ritorna nella figura dell'ex fidanzata, non costituiscono un materiale veritiero ma sono anzi situazioni tipiche di questo genere di racconto, false aperture, che chiudono il film su un già visto, verosimile ma passivo. Come accadeva per Oslo, August 31st, in maniera diversa, Louder than bombs è un film autocompiaciuto, al punto da non rendersi conto che l'indubbia eleganza della regia non compensa l'inautenticità della scrittura.
Marianna Cappi