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Nel mio precedente post Alla ricerca del padre ricordavo come nel 2001, in occasione del convegno “Come noi nessuno mai. Nuovi adolescenti fra scuola e società civile”, nello sforzo di comprendere le trasformazioni della cultura, dei valori e del comportamento dei giovani, l’attenzione degli insegnanti e degli operatori presenti si fosse spostato dal soggetto singolo al gruppo dei pari.
Qual era il senso complessivo di quelle riflessioni? … Era il ruolo crescente del gruppo dei pari, in positivo ma anche in negativo, quale prevalente riferimento normativo e identitario mentre le agenzie tradizionali, famiglia e scuola, si percepivano sempre più come inadeguate. Di qui l’individuazione del gruppo dei pari (e del gruppo classe nell’ambito della scuola) quale risorsa educativa.
Le indagini IARD sulla condizione giovanile
A conferma di quelle intuizioni l’anno successivo viene pubblicato il Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia [1] che, nel capitolo Il sistema dei valori si sofferma su quella che viene definita la irresistibile ascesa della socialità ristretta cioè il consolidarsi di uno spazio di relazioni produttive di identità e valori che non è più quello familiare e nemmeno quello delle istituzioni pubbliche (società civile e stato per usare una vecchia terminologia).
“I dati del 2000 confermano … il crescente peso dato dai giovani alle relazioni interpersonali, in particolare, a quelle amicali ed affettive accanto a quelle familiari. E come se intorno alla famiglia si andasse progressivamente strutturando un nucleo forte di valori tutti riferiti all’intorno sociale immediato della persona. Nucleo che pervade di sé e qualifica l’intero sistema valoriale delle giovani generazioni.”
L’evolvere del sistema dei valori nell’ambito della “socialità ristretta” avviene soprattutto a scapito dell’impegno collettivo (civile, politico, religioso …) e gli stessi valori tipici delle “virtù civiche” come eguaglianza, libertà, solidarietà e democrazia vengono riletti e reinterpretati in questo contesto di spazio amicale di modo tale che
“tali temi non vengano tanto visti come esercizio di virtù civiche o riconoscimento di diritti generalizzati, quanto piuttosto come elementi costitutivi della propria identità personale. In altre parole la libertà e la democrazia sono intese più come diritti personali da far valere, che come conquiste collettive. L’eguaglianza e la solidarietà … appaiono semanticamente vicine all’amicizia, all’amore ed alla famiglia, cioè alla sfera più strettamente individuale, piuttosto che a valori come la patria e la politica… Anche i valori della vita collettiva, dunque, appaiono come definitori del proprio intorno sociale: si vive con i propri amici, si fa riferimento agli affetti più cari, nel bozzolo di relazioni primarie che ci si è costruiti; ed è per la difesa di tale bozzolo che si chiede solidarietà e libertà. I valori conquistati in nome di tutti vengono così piegati alle richieste di sicurezza e rassicurazione che solo l’intorno sociale più vicino e tranquillizzante può garantire.”
Il sesto rapporto dello IARD pubblicato nel 2007 [2] conferma tale analisi e accentua il peso e il ruolo dei valori “legati alla sfera della socialità ristretta”: l’amicizia che in vent’anni è cresciuta come valore molto importante dal 58% dei giovani (1983) al 78% del 2004 (in crescita di ulteriori tre punti dal 75% del 2000); analogamente cresce l’importanza assegnata a svago nel tempo libero: dal 44% del 1983 al 55% del 2004. In sostanza una socialità che si restringerebbe sempre più alle relazioni amicali ed affettive [3].
Nel Verbano Cusio Ossola
Grazie al progetto Un paesaggio a colori [4] curato dal Laboratorio di Economia Locale dell’Università Cattolica di Piacenza è possibile confrontare le indagini nazionali dello IARD con la realtà giovanile locale. L’indagine è stata condotta nel maggio-giugno 2012 su circa 1550 studenti delle scuole superiori del VCO [5] e conferma in pieno quanto emerso nelle precedenti indagini nazionali IARD e in altre più recenti, svolte con le stesse modalità, in ambiti locali.
Dice il report:
“La rilevazione sul sistema valoriale dei giovani riprende le modalità di analisi dell’indagine nazionale compiuta in passato da IARD e realizzata nel 2010 anche in altre aree territoriali come l’Appennino Reggiano, che presenta caratteristiche socio-demografiche simili all’area del VCO.
Le priorità emerse relative alle “cose importanti nella vita”, quindi le scale dei valori e degli obiettivi di significato dei giovani risultano coerenti con i dati nazionali ed i raffronti territoriali. Si conferma la centralità della salute (85% di molto importante) e della famiglia da un lato (76%) e l’”irresistibile ascesa della socialità ristretta” dall’altro lato, ad indicare la forte preminenza di valori legati alle relazioni interpersonali, amicali, affettive. Al terzo posto compare l’amicizia (73%), che insieme all’amore, alla famiglia e all’autorealizzazione (56%) si configurano come il blocco della vita personale, il nucleo di valori riferibili all’intorno sociale immediato della persona, nettamente più segnalato rispetto alla vita collettiva, all’evasione e all’impegno personale.”
Di rilievo anche il grado di fiducia nelle Istituzioni dei giovani del VCO: ai primi posti (abbastanza o molta fiducia) troviamo scienziati (86,4%), piccoli imprenditori e artigiani (78,7%), ONU (65,2%), insegnanti (64,1%), NATO (60,9%) abbastanza in linea con le rilevazioni di altre parti d’Italia; agli ultimi posti troviamo invece politici (3,6%), partiti (6,9%), Governo (10,7%), Chiesa (19,8%), sindacalisti (23%), con un giudizio accentuatamente più negativo rispetto a quello più generale d’Italia e di altre aree considerate consimili al VCO (Appennino reggiano, Cremona) per politici, partiti, Governo e Chiesa; più in linea con le altre rilevazioni il giudizio sui sindacalisti.
Altro elemento che emerge dalla lettura dei dati è che la scarsa fiducia nelle istituzioni sopra ricordate (politici, partiti, Governo, Chiesa e sindacalisti) è ancor più bassa tra gli ossolani rispetto al restante della Provincia (es. i politici: Ossola 2,4%; VCO 3,6%).
Altre differenze emergono fra le aree della provincia, e in particolare dell’Ossola rispetto al Verbano e al Cusio. Se per tutti i giovani della Provincia il legame identitario prevalente è quello con il Comune di residenza (27,7%) seguito dall’Italia (21,4%), mentre scarso è quello con la Provincia (8,9%) e la Regione (2,3%) [6], questi dati risultano ulteriormente accentuati per i giovani ossolani: per il paese/città in cui vivono il 33,3% (rispetto al 27,7% dell’intero VCO), mentre per provincia e regione rispettivamente il 6,8% e l’1,6%.
Questo dato identitario locale, più forte in Ossola, sembra spiegare la contraddizione tra il giudizio più negativo sul VCO quale opportunità di vita (Cusio 51,4 %, Verbano 48,2%, Ossola 45,1%) e la maggiore propensione degli Ossolani a continuare a vivere nel proprio Comune di residenza (Ossola 22,8%, Verbano 19,9%, Cusio 19,2%).
Propensione a continuare a vivere nel proprio Comune rispetto alla scelta di andare in altre province o Stati che comunque nel VCO è molto più bassa rispetto ad altre arre d’Italia (es. 37,5% sia per L’Appennino Reggiano che per Cremona).
Socialità ristretta o socialità orizzontale?
Analizzando le indagini IARD e quella del LEL mi sono progressivamente venuti parecchi dubbi sulla categoria “socialità ristretta” utilizzata per caratterizzare le relazioni dei giovani e l’ambito dove si formano i valori a cui in gran parte si riferiscono.
Nel convegno del 2001, così come nei due convegni nazionali sulla peer education tenuti a Verbania nel 2003 e nel 2008 [7] abbiamo parlato del ruolo fondamentale del gruppo dei pari. Ora “gruppo dei pari” ha un’accezione neutra ed infatti è sia il luogo in cui si costruiscono relazioni significative e rapporti di fiducia (parte significativa del proprio capitale sociale) ma può essere anche un luogo sociale dove si impongono costrizioni, violenze ed emarginazioni come abbiamo allora visto nell’analisi del bullismo.
L’accezione “socialità ristretta” sembra invece esser tutta connotata in negativo rispetto alle agenzie tradizionali di socializzazione: famiglia, Scuola, Chiesa, Istituzioni pubbliche. Ora il tratto comune di queste ultime è che si basano su di una relazione asimmetrica o, in altri termini, verticale, mentre la forma di socializzazione che sembra caratterizzare in modo prevalente le generazioni giovanili da almeno due decenni è appunto quella amicale, del gruppo dei pari, insomma una socializzazione orizzontale. Il che, tra l’altro, ha anche molto a che vedere con quella che molti chiamano la scomparsa del padre o per usare una terminologia lacaniana con l’evaporazione del padre [8]. Un padre che dovrebbe assumere, nel dettato freudiano, il ruolo terzo di intermediazione tra l’ambito affettivo familiare e la società e le sue leggi.
Ulteriore dubbio: siamo proprio sicuri che questa orizzontalità del gruppo dei pari sia “ristretta”? Più ci penso più mo convinco di no. Mi vengono in mente molti dei miei ex allievi e dei giovani con cui ho a che fare; tutto mi verrebbe da dire tranne che abbiano una socialità limitata, ristretta appunto. Non solo hanno molti amici, ma si muovono agilmente nello spazio, vanno facilmente all’estero, svolgono spesso più di un’attività, coltivano spesso interessi (e pertanto relazioni) varie. Per non parlare di realtà come il Progetto Erasmus che mobilita ogni anno qualche decina di migliaia di studenti che vanno a studiare in altri paesi Europei, o di stranieri che vengono in Italia ed entrano a far parte delle relazioni amicali nostrane,
Sul tema del Sistema dei valori l’indagine del LEL, che aveva appunto ripreso metodologia e categorie dello IARD, conclude descrivendo la situazione del VCO come “legata fortemente agli affetti, alla socialità ristretta e all’evasione autoreferenziale” mentre i valori della “vita collettiva”, della civicness (libertà, pace, democrazia, libertà) sono sì presenti, ma in modo disincarnato e astratto “in attesa perenne di concretizzazione e di sperimentazione”.
Un quadro ben diverso era emerso dalla precedente indagine del 2006-2007 coordinata da Carlo Genova (cfr. nota n. 6) su circa mille studenti del VCO, indagine che per molti aspetti non si conformava con metodologie e categorie dello IARD.
“È interessante notare come il 44,1% degli intervistati ha un gruppo di amici piuttosto ampio, composto da almeno 9 persone … Non solo quindi siamo di fronte ad un territorio in cui tutti i giovani sono di fatto inseriti all’interno di una rete amicale, ma siamo anche di fronte a reti significativamente estese nella loro composizione. Dati importanti, che sembrano delineare una condizione decisamente lontana da quella “società degli individui” spesso identificata come caratterizzante la convivenza sociale dell’epoca presente.”
Altro dato importante è che l’87,7% dichiara di avere anche amici provenienti da altre regioni a da altre nazioni anche se, ovviamente, la maggior parte degli amici risiedono nel VCO per l’81,2% degli intervistati. E si tratta di una rete “densa”, caratterizzata da incontri molto frequenti. Escludendo i momenti di incontro a scuola il 43,6% vede tutti i giorni i propri amici e un altro 42,4% li vede più di una volta alla settimana.
“La rete amicale sembra quindi rappresentare per questi giovani non tanto un quadri di legami fluidi, “laschi”, che si attivano in occasioni particolari e durante eventi circoscritti, bensì una presenza costante che li accompagna quasi quotidianamente.”
E tali relazioni si rinforzano ed estendono anche grazie a nuovi media in piena diffusione: fra gli intervistati del 2006-2007 solo il 10,4% non ha Internet a casa e solo l’1% non ha il cellulare.
E se pensiamo che allora i social network e facebook erano solo agli inizi e che gli smartphone non erano ancora diffusi, parlare oggi di “socialità ristretta” dei giovani mi sembra non solo sia fuorviante, ma sia come mettersi davanti agli occhi una lastra di vetro smerigliato che ci impedisce di vedere, distinguere e capite le dinamiche effettive dei giovani odierni.
Altra questione, questa sì rilevante, è quella della maggior difficoltà di comunicazione fra mondo adulto e mondo giovanile, e della improponibilità a tal fine di una comunicazione prevalentemente verticale; ma di questo abbiamo già parlato altrove e ne parleremo ancora.
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[1] Carlo Buzzi, Alessandro Cavalli e Antonio de Lillo (a cura), Giovani del nuovo secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, Il Mulino, Bologna 2002.
[2] Carlo Buzzi, Alessandro Cavalli e Antonio de Lillo (a cura), Rapporto Giovani. Sesta indagine dell’Istituto IIARD sulla condizione giovanile in Italia, Il Mulino, Bologna 2007.
[3] On line è reperibile la Presentazione alla stampa del rapporto e l’Introduzione di Alessandro Cavalli.
[4] Progetto per la valorizzazione integrata del patrimonio culturale. Verbano Cusio Ossola: un paesaggio a colori a cura del LEL – Laboratorio di Economia Locale – Università Cattolica del Sacro Cuore Facoltà di Economia – Piacenza, Provincia del Verbano Cusio Ossola, 2012.
Scaricabile da questo indirizzo dal sito della Camera di Commercio del VCO.
[5] L’indagine è estremamente interessante anche per altri aspetti (aspettative di lavoro, conoscenza del patrimonio culturale locale ecc.) per cui mi ripropongo di riprenderla in altra occasione
[6] Questo forte legame con l’ambito locale (il proprio paese o città) e invece debole con Provincia e Regione era emerso anche da una precedente ricerca sui giovani del VCO condotta nel 2006-2007: Pausa caffè. Essere giovani nel Verbano Cusio Ossola, coordinata dal prof. Carlo Genova dell’Università di Torino.
[7] Peer education. Protagonisti di quale prevenzione?, Verbania 16-18 ottobre 2003; Peer & Video Education. Adolescenti, prevenzione e comunicazione multimediale, Verbania 13-15 novembre 2008.
[8] Ringrazio la psicologa Adriana Fabiani per avermi segnalato alcuni link e testi su questo tema.