Martedì 20 Settembre alle ore 18.00 presso Villa Giulia, un incontro con il Professor Tosi docente dell’Università di Pisa dal titolo “Amare il paesaggio”, evento correlato alla mostra di incisioni giardinistiche curata da Micheal Jakob dal titolo “Immaginare il giardino”
Giovedì 22 Settembre alle ore 16.30 presso Palazzo Biumi Innocenti (Salita Biumi 6, ingresso dal lungolago) presentazione in anteprima del percorso “Gino Cosentino. Sculture nel roseto” nel centenario della nascita dell’artista. La Fondazione Gino Cosentino ha concesso in comodato al Museo del Paesaggio 30 sculture di pietra dell’artista che per la prima volta dialogheranno con le storiche rose del giardino del Palazzo e vivranno in mezzo alla natura e negli spazi aperti del Palazzo (roseto, atrio, cortile). Saranno presenti rappresentanti della Fondazione Cosentino e la figlia dell’artista, Isabella Cosentino.
ALESSANDRO TOSI
Professore Associato presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere
L’ARTISTA
Gino Cosentino naque nel 1916 a Catania, dove trascorse l'infanzia e compì gli studi. Adolescente, iniziò a dipingere da autodidatta, manifestando una vocazione che la famiglia non incoraggiò.
Nel 1937 iniziò il sevizio militare e al termine della ferma fu trattenuto a causa dell'approssimarsi del conflitto mondiale. Intanto conseguì la laurea in Scienze economiche.
L'8 settembre 1943 lo colse a Novara, in convalescenza per un'ulcera gastrica. Si rifugiò ad Alba e quindi a Casale Monferrato, dove viveva la famiglia di Eugenia Lupano, la sua prima compagna, che di li a poco sposerà. A Casale frequentò lo scultore Capra, allievo di Bistolfi. Eugenia lo sostenne e lo incoraggiò nella determinazione di iscriversi all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove conobbe e apprezzò Arturo Martini, che ne seguì la formazione e ne indirizzò lo studio.
Conseguì il diploma accademico nel 1946, l'anno della sua prima mostra personale a Milano, con presentazione di Beniamino Joppolo, città dove poi si trasferì. Qui si stabilì in una baracca che si costruì da sé nel cortile di una caserma diroccata in via Olona.
Il pittore Aligi Sassu lo aiutò a realizzare un forno per la cottura della ceramica, con cui iniziò la produzione di oggetti di vario genere. Nel 1949 nasce la figlia Isabella.
Nel 1951 la capanna venne distrutta da un incendio sviluppatosi in un vicino deposito di stracci. Nell'incidente furono perdute quasi tutte le opere, ma Cosentino ricordò l'episodio quasi con soddisfazone: "Finalmente mi sono liberato e posso iniziare qualche cosa di nuovo...". Quindi tornò provvisoriamente a Casale Monferrato. Gli anni che seguirono appaiono decisivi per la vita dell'artista. Nel 1956 comparse un primo album monografico sulla sua opera. Nel 1958 realizzò la Via Crucis per la chiesa di Baranzate, progettata dagli architetti Mangiarotti e Morassutti. In questo periodo lavorò in uno studio affittato in una grande villa a Intra, sul lago Maggiore. Sempre in questi anni si consumò il distacco dalla moglie e nacque un'affettuosa amicizia tra Gino e Maria Teresa, la giovane figlia dei proprietari della villa di Intra, dal curioso soprannome "Pim". Quando si trasferì a Milano , Pim lo seguì, divenendo la compagna della sua vita per tutti gli anni a venire. Nei primi anni Settanta Cosentino intensificò la collaborazione con vari architetti (Invernizzi, Farina Morez, Nelly Kraus) e realizzò diverse decorazioni per pilastri, facciate e recinzioni, sia in pietra che in calcestruzzo, a Milano e a Bergamo. Nel 1970 trasferì lo studio in via Watt 5, sempre a Milano, in un capannone industriale dove lavorò per il resto dei suoi giorni. Le mostre si fecero frequenti e culminarono nella personale del 1975 alla Rotonda di via Besana, organizzata dal Comune di Milano e ordinata dall'architetto Fragapane. Con questa mostra, che gli valse lusinghieri consensi, si ruppe il silenzio della critica attorno alla sua opera.
La produzione astratta toccò il culmine con la realizzazione del grande monumento ai caduti di Lodivecchio nel 1981. La presenza di temi figurativi nella pittura, già all'inizio degli anni Settanta, fu il preludio per il ritorno della figura anche in scultura, di cui si avvertirono chiaramente i sintomi alla fine dello stesso decennio.
L'ultima mostra di opere astratte è del 1984. Da allora si dedicò soprattutto alla pietra, realizzando sculture di notevole impegno, come quelle per la chiesa di San Pier Giuliani a Baggio (1987) o quelle esposte nell'importante mostra di scultura contemporanea alla Peramnente di Milano nel 1990 e le grandi sculture in travertino realizzate per la mostra "Trent'anni da Sem" a Marina di Pietrasanta.
Nel 1998 tre grandi sculture vengono insallate nella nuova facoltà milanese di Ingegneria Areonautica. Due anni più tardi, nel 2000, viene istituita la Fondazione "Gino e Isabella Cosentino" di cui resterà presidente fino alla fine dei suoi giorni. Nel 2002, in occasione della grande mostra antologica alla Basilica romanica di S. Celso, la Fondazione ricevette un riconoscimento dalla regione Lombardia. Negli ultimi tempi si accentuò l'interesse per la pittura, anche a causa della età e degli acciacchi fisici. Continuò a dipingere fino a due giorni prima della sua morte, che lo colse nella sua casa a Milano il 19 giugno 2005.
LO STUDIO
Lo studio di Gino Cosentino è un antro magico: un luogo ideale per dimenticare il mondo e ricordare la vita. Lì il rapporto dell'uomo con l'arte si realizza spontaneamente, senza forzature, a qualsiasi livello di competenza. Colti e incolti, rozzi e raffinati, vi incontrano una atmosfera che muove comunque le emozioni. Per lo studio di Cosentino sono passati molti giovani e meno giovani, alla ricerca di conferme per una confusa o matura vocazione, e vi hanno trovato sempre una risposta. Non saprei decidere se Gino è stato un maestro, un mentore o un maieuta: lui insegnò, guidò e aiutò a sbocciare con la stessa disponibile disinvoltura.
Lo studio si trova in via Watt, 5 a Milano, in uno dei capannoni industriali, sorti alle spalle del Naviglio Grande nel dopoguerra.
Cosentino vi incominciò a lavorare nei primi anni 70.
Passati attraverso il piccolo portone d'ingresso ed il vestibolo, l'interno appare così inaspettato da richiamare alla mente certe architetture di Utzon in cui il rigore severo dell'esterno racchiude sovente una morbida e inattesa molteplicità di forme.
La semplice tipologia del capannone tradizionale è trasfigurata dalla crescita "spontanea" delle opere che, a poco a poco, negli anni, ha invaso e ricoperto il locale, ridisegnando il luogo dell'arte.
Eppure niente è lasciato al caso. Cosentino ha sapientemente organizzato lo spazio in base alla necessità del suo lavoro.
Tutto si articola lungo un'asse che attraversa idealmente lo studio, per collegare i due poli principali della sua arte: scultura e pittura.
Da una parte lo spazio della pittura è definito dal grande tavolo di legno bianco con l'immancabile vaso di fiori al centro.
Dall'altro, lo spazio della scultura viene rivelato dai forti basamenti di ferro e dal grande compressore.
Il luogo, tramite un grande portone di servizio è in diretta comunicazione con l'esterno. Una piccola tettoia copre lo spazio aperto della scultura, qui Cosentino sbozzava e lavorava le pietre più grandi.
Lungo questo percorso tra pittura e scultura si snodano gli altri avvenimenti dell'arte di Cosentino: sono i luoghi delle terracotte, dei gessi, dei vetri e dell'arte preziosa o oroficeria.
In ogni diverso spazio vengono individuati fisicamente, con un tavolo, una lampada o un semplice attrezzo, i vari momenti dell'atto creativo; dalla preparazione al suo compiersi, fino alla sua contemplazione.
Ogni cosa è progettata, disegnata dall'artista come estensione della sua arte: i tavoli in legno per le grandi sculture, sapiente equilibrio di pieni e vuoti, le basi su cui le opere ruotano per offrire facce diverse alla luce ed ancora le lampade dalle varie forme e dimensioni.
La mancanza quasi totale nell'ambiente di luce naturale e diffusa è la seconda grande sorpresa dello studi di Cosentino.
Come nella tradizione delle silenti chiese nordiche, l'illuminazione del vasto spazio è lasciata a tante piccole luci puntuali. Lampade dal disegno semplice e funzionale, uscite dalle mani di Cosentino, illuminano e colpiscono le opere secondo i desideri del maestro e seguono il suo atto creativo.
Luce ed ombre invadono e percorrono lo studio, le opere ora svaniscono appiattite sui muri bui ora, illuminate, prendono possesso dell'architettura del luogo che sagomano e modificano come una più grande scultura.
Esiste un unico posto nello studio, nascosto agli occhi del visitatore, da cui è possibile cogliere in un'unica immagine lo spazio. È il pensatoio di Cosentino, costruito dall'artista alto sulle opere.
Lo Studio di Cosentino oggi non esiste più, è stato chiuso nel 2009 a causa degli ingenti costi di affitto e manutenzione. La numerosa collezione privata lasciata in eredità alla figlia Isabella è visitabile presso l'Atelier d'arte Cosentino al Villaggio Verde, Cavallirio, in provincia di Novara. Altre opere, collezione privata di Maria Teresa Bono sono conservate in uno spazio adiacente al vecchio studio di via Watt 5 a Milano.
LA FONDAZIONE
In data 14 luglio 2000, con atto del Notaio Ugo Friedman, nasce a Milano, per volontà dell'artista stesso, la Fondazione Gino e Isabella Cosentino.
Il 18 aprile 2002, con decreto n°07177, la Regione Lombardia ha riconosciuto la Fondazione.
I suoi scopi fondamentali sono innanzitutto quelli di mantenere, favorire e comunicare il significato e lo spirito dell'attività artistica di Cosentino, attraverso l'unitaria cura delle sue opere.
La fondazione si propone inoltre di allestire mostre e partecipare ad esposizioni che ne illustrino la testimonianza e il messaggio artistico. Si propone altresì di organizzare seminari, conferenze e dibattiti sull'opera di Cosentino; di pubblicare e diffondere, attraverso cataloghi e strumenti multimendiali, la conoscenza delle opere dell'artista e del periodo storico cui l'autore appartiene. Venuto a mancare Cosentino nel 2005, la Fondazione viene ora gestita dalla signora Isabella Cosentino, subentrata al padre come presidente; e da un consiglio di amministrazione costituito da Mirai Ebisuno, vicepresidente, e dai consiglieri Maria Teresa Bono, Arch. Marcello De Carli, Arch. Giorgio Fiorese, Arch. Mario Fosso, Arch. Giovanni Fragapane, Carlo Re, Yukai Ebisuno.
Il direttore artistico della Fondazione è l'Arch. Giampiero Gianazza.
Alla Fondazione sono state conferite trenta sculture realizzate tra il 1960 e il 1999 che definiscono il suo patrimonio attuale.