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Legambiente: "Ecomafia 2013" in Piemonte

“Contro le mafie gli enti locali possono fare molto. Pronti a collaborare per una commissione regionale Antimafia”. Nel 2012 in Piemonte 799 infrazioni, 757 persone denunciate, 3 arresti e 139 sequestri.

Fuori Provincia
Legambiente: "Ecomafia 2013" in Piemonte
34.120 reati, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da 302 clan, 6 in più rispetto a quelli censiti lo scorso anno. I numeri degli illeciti ambientali accertati lo scorso anno delineano una situazione di particolare gravità. Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) ma la criminalità ambientale continua a fare affari anche nel Nord Italia. Nel solo Piemonte nel 2012 si contano 799 infrazioni, 757 persone denunciate, 3 arresti e 139 sequestri.

E’ un’economia che non conosce la parola recessione quella fotografata da Ecomafia 2013, il rapporto annuale di Legambiente realizzato grazie al contributo delle Forze dell’ordine, con prefazione di Carlo Lucarelli ed edito da Edizioni Ambiente, sulle storie e i numeri dell’illegalità ambientale in Italia, presentato oggi a Torino nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta; Antonio Pergolizzi; coordinatore nazionale dell'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente; Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte; Alessandra Stefani, comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato.

Se, per quanto riguarda il ciclo del cemento, il Piemonte è caratterizzato dalla forte presenza di interessi della ’ndrangheta calabrese come confermato dalle importanti inchieste avviate nel 2011, per il ciclo dei rifiuti, stando alle indagini finora compiute, sembra non emergere un ruolo diretto dei clan. Si tratta soprattutto di imprenditori spregiudicati che provano ad abbattere in ogni modo i costi di smaltimento, abbandonando sostanze pericolose ai bordi delle strade, interrandoli sotto campi coltivati o cave dismesse o dirottandoli verso il traffico illecito internazionale. Un’inprenditoria spietata che fa concorrenza sleale e che colpisce al cuore l’economia sana e minaccia la salute dei cittadini. Ai settori classici della criminalità ambientale, in questi anni, si registra inoltre anche in Piemonte un incremento degli illeciti in campo agroalimentare a danno del made in Italy e dei produttori onesti.

“Quella delle Ecomafie –ha dichiarato Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente- è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale in cui le imprese illegali vedono crescere fatturati ed export mentre quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti.

Un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi.

Le pene per i reati ambientali, infatti, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l’abbattimento degli edifici continua ad essere una eventualità remota. Anzi, agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive. Ciò che emerge con chiarezza è l’esigenza di migliorare il sistema dei controlli e di rafforzare le sinergie tra le forze dell’ordine e la magistratura. Anche se è chiaro che l’ecomafia non si combatte solo con strumenti repressivi ma soprattutto con buone pratiche, una buona politica e un’attenta partecipazione della cittadinanza”.

Dopo l’economia è la politica l’obiettivo dei clan. Sono infatti 56 le persone denunciate e arrestate in Piemonte nel 2012 per corruzione e numerose le inchieste che hanno dimostrato ancora una volta come la ‘ndrangheta nella nostra regione cerchi contatti con il mondo politico-amministrativo, insinuandosi al suo interno al fine di avere vantaggi patrimoniali. Questi legami sono emersi nel corso dell’operazione Minotauro, che ha permesso anche di effettuare sequestri nei confronti di 150 soggetti indagati per un valore complessivo pari a circa 116 milioni di euro di beni. Gli inquirenti non hanno dubbi sul fatto che il ciclo del cemento in Piemonte sia una delle voci più importanti per i clan mafiosi: sono 15 le locali censite nella regione.

Ma a condizionare il ciclo del cemento non sono soltanto le mafie. Sono diversi infatti i processi che coinvolgono imprenditori, manager e imprese edili, come dimostrato dall’indagine Asfalto pulito relativa ai lavori stradali nell’astigiano e albese o ancora dalla vicenda relativa alla cava di Romentino (NO) per cui venne ucciso nel 2010 l’imprenditore edile Ettore Marcoli, “colpevole” di voler porre fine all’interramento di rifiuti tossici nella sua cava. Accanto alle grandi storie di mafie e di malaffare, in Piemonte non mancano nemmeno casi di abusivismo edilizio. Uno dei più eclatanti risale al 10 luglio scorso, quando il Corpo forestale dello stato sequestra nel comune di Cavallirio (NO), sette costruzioni abusive realizzate su un appezzamento di terreno di circa 10.000 metri quadrati. Il sequestro preventivo è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari. Nel solo ciclo del cemento in Piemonte nel 2012 sono state accertate 199 infrazioni, 260 persone denunciate e 15 sequestri.

Per quanto riguarda il settore dei rifiuti le inchieste non registrano infiltrazioni mafiose ma i danni provocati da imprenditori e ditte che smaltiscono illegalmente materiale spesso tossico, sono decisamente allarmanti. 213 infrazioni accertate, 342 persone denunciate, 3 arresti e 52 sequestri. Si passa dai 6.000 metri cubi di rifiuti speciali scaricati in una cava non autorizzata a Borgo D’Ale (VC), al presunto sistema illecito di scarico dei liquidi di un’azienda di Villastellone (TO), alla discarica abusiva in un’area di 12.000 metri quadrati a Dogliani (CN), in cui i carabinieri hanno trovato grandi quantitativi di rifiuti pericolosi e speciali. Ma questi sono solo esempi e non c’è limite alla fantasia: a Vogogna (VCO) è stata individuata un’area di 17.000 metri quadrati utilizzata come discarica di camion e auto; nella zona sono stati inoltre trovati oli, batterie usate e amianto.

“A fronte dei numeri e delle inchieste riassunte scrupolosamente ogni anno nel rapporto Ecomafia – dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta- sono necessarie azioni di contrasto alla criminalità ambientale ancora più forti ed efficaci, a partire dall’inserimento dei delitti ambientali nel nostro codice penale. Molto possono fare anche gli enti locali con commissioni speciali antimafia sulla scia dell’esperienza torinese. Come Legambiente ci rendiamo disponibili per l’istituzione di una commissione regionale così come proposto dal procuratore Caselli”.



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