Essere giusti vuol dire essenzialmente questo: spogliarsi di ogni potere, rinunciare alla possibilità di esercitare la forza che possediamo.
Che cos’è la giustizia e come dobbiamo comportarci per essere giusti? Qual è la via per far crescere le nostre relazioni, sottraendole alla logica del dominio che le uccide? E le istituzioni sono capaci di riconoscere i bisogni più profondi dell’essere umano, favorendo l’esercizio della ‘facoltà di attenzione’? Nei tribunali la giustizia è rappresentata bendata, in una mano una spada e nell’altra una bilancia. Non è forse giunto il tempo di provare a togliere la benda che rende cieca la giustizia? Una giustizia capace di vedere l’altro da sé, di rinunciare alla spada in favore della mitezza e di correggere gli equilibri ingiusti; una giustizia capace di far sì che ciascuno – soprattutto chi si trova nella sventura – possa ricevere quell’attenzione che gli conferisce dignità ed esistenza: questa era la ricetta di Simone Weil per curare il mondo ed è una lezione da cui, a ottant’anni dalla sua morte, abbiamo ancora tanto da imparare.