La decisione presa ieri al Consiglio Regionale, ossia quella di provvedere alla ristrutturazione dei due presidi ospedalieri, il San Biagio di Domodossola e il Castelli di Verbania, ha definitivamente cancellato il progetto dell’ospedale unico e baricentrico portandoci inevitabilmente a fare delle considerazioni in merito a questa scelta.
La ricerca commissionata dalla Regione Piemonte ad AMG, società di consulenza, ci pone di fronte ad una situazione territoriale che si è modificata negli anni, ovvero da quando si presentò il primo progetto in questo territorio di riorganizzare l’offerta sanitaria con un unico presidio ospedaliero, più ricettivo ed attraente per utenti e per lavoratori, che permettesse di avere una nuova struttura all’avanguardia e baricentrica.
La ricerca presenta dati oggettivi di quanto l’invecchiamento di questo territorio, la carente natalità, la poca specializzazione ospedaliera, la stessa situazione territoriale, debba per forza modificare il sistema sanitario in questa provincia.
Le varie fasi dell’andamento demografico, la recente pandemia e la nuova diversificazione e classificazione delle malattie, delle prestazioni ambulatoriali o di ricovero e dello stato di salute deve far riflettere su un ragionamento concreto ed attuabile nel più breve tempo possibile.
La scelta compiuta dal Consiglio Regionale a cui si aggiunge il tempo perso per la definizione del luogo, per la ricerca delle risorse finanziare e l’insufficiente presa di posizione regionale, hanno irrevocabilmente messo le persone, in questo territorio, in una condizione di precarietà circa le proprie prospettive di salute, le possibilità di cura, una condizione nella quale la mobilità dei pazienti per poter disporre di assistenza adeguata è la più alta dell’intera regione.
Il continuo tira e molla sulla questione ospedale unico non ha permesso ai due presidi di rinnovarsi nel migliore dei modi con le tecnologie più avanzate e con le strumentazioni efficaci, rendendo obsolete le strutture e carenti le apparecchiature e la continua fuoriuscita di professionalità sanitarie e tecniche da questo territorio ed a fronte della decisione renderà il percorso di ristrutturazione più difficoltoso.
Ad oggi, dopo la decisione assunta, rimane il fatto che non si evince se il numero di posti letto proposti sia effettivamente sufficiente all’invecchiamento della popolazione come descritto e se per la gestione i picchi stagionali nelle diversità territoriali della provincia sia sufficiente un solo
pronto soccorso, senza l’attivazione di altri presidi di primo soccorso sul territorio.
Sulla rete territoriale si continua a non citare nessun tipo di intervento logistico, infrastrutturale, strumentale e tecnologico, a prescindere dalle due soluzioni ipotizzate, resta indispensabile e necessario un intervento immediato anche sulle prestazioni sociosanitarie territoriali.
Inoltre, riteniamo sbagliato che, in una fase di studio e di analisi sul riordino della rete erogativa di servizi, non venga fatto nessun accenno al dato occupazionale ed attrattivo rischiando di rendere evanescente qualunque soluzione perché carente di una componente fondamentale per la cura e la presa in carico.
A nostro avviso, anche nella dettagliata ricerca proposta ed anche in vista delle due soluzioni riportate, riteniamo che la ristrutturazione della sanità territoriale, così come prospettata, sia riduttiva e non specifica di nessun intervento attuabile nel breve tempo. Per queste ragioni continuiamo a sostenere che un ospedale unico baricentrico con una dotazione organica adeguata abbinata ad una efficiente ed efficace Medicina Territoriale sia la soluzione da perseguire.
Pertanto, in tale contesto come organizzazioni sindacali proseguiremo la nostra battaglia in difesa della sanità pubblica e del diritto universale alla cura.