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"Totò al giro d’Italia"

Per Aspettando il Festival di Letteraltura, mercoledì 15 settembre due appuntamenti, uno alle ore 18.00 e uno alle 21.00, prima Bruno Fornara accompagnerà il pubblico alla scoperta del celebre film Totò al giro d’Italia di Mario Mattoli, poi proiezione del film Giorno di festa.

Verbania
"Totò al giro d’Italia"
Con la sua profonda conoscenza della storia e del linguaggio del cinema, ma anche con la sua apprezzata ironia, il critico cinematografico Bruno Fornara fa conoscere e commenta il film “ciclistico” che ha Totò come protagonista.

Totò al giro d’Italia
con Totò, Isa Barzizza, Carlo Micheluzzi
Italia, 1948; co e nero; durata: 88 minuti

Totò al Giro d’Italia di Mario Mattoli è del 1948. Di quell’anno sono Germania anno zero di Rossellini, Ladri di biciclette di De Sica, La terra trema di Visconti. Mattoli è regista di film popolari, una sessantina, soprattutto commedie. Molti hanno per protagonista Totò: che stavolta partecipa al Giro. L’Italia neorealista riflette sul dopoguerra, i problemi dei senza lavoro, gli sforzi per la ricostruzione. L’Italia di Mattoli guarda a come gli italiani vogliono uscir fuori dalla guerra, seguono Totò all’inferno con Dante e Nerone – così comincia il film! -, vogliono assistere – a Stresa! – a un concorso di bellezza e sperano che Totò vinca il Giro: ce la farà? Con Totò ci sono Walter Chiari, Isa Barsizza, Carlo Ninchi (Dante), Mario Riva e i ciclisti Gino Bartali, Fausto Coppi, Fiorenzo Magni, Louison Bobet e Franz Kubler. Meraviglioso il finale rossiniano con Totò soprano, Bartali baritono e un Coppi spaesato. Un film postmoderno e bizzarro, dove vale tutto e c’è di tutto.

BRUNO FORNARA è critico cinematografico, soprattutto per Cineforum. È stato per trent’anni presidente della Federazione Italiana Cineforum e direttore editoriale di Cineforum. Ha curato molti cataloghi e rassegne. Ha scritto Charles Laughton, La morte corre sul fiume e Geografia del cinema, Viaggi nella messinscena. Ha fatto parte del gruppo organizzatore di Bergamo Film Meeting. È membro della commissione selezionatrice dei film per la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Insegna alla Scuola Holden di Torino fin dalla fondazione nel 1994.

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Per l’anteprima cinematografica di Aspettando il Festival mercoledì 15 settembre alle ore 21 proiezione del film Giorno di festa.

Giorno di festa
di Jacques Tati
con Jacques Tati, Paul Frankeur, Guy Decomble
titolo originale: Jour de fête
Francia, 1949; bianco e nero o a colori; durata: 70 minuti

In un paesino della provincia francese sta per iniziare la tradizionale festa che ogni anno coinvolge tutta la popolazione. Si innalza il pennone per la bandiera e arrivano la giostra e qualche altra attrazione, tra le quali un tendone dove si proietta un documentario sulla straordinaria efficienza e velocità della consegna della posta negli Stati Uniti. Il portalettere François (Jacques Tati) viene attratto da questo modello artificioso, finendo – lui come coloro che hanno assistito alla proiezione – per crederlo vero e riproducibile. Si accorgerà in prima persona di quanto sia fasulla la parola d’ordine che sembrerebbe dover essere alla base della straordinaria efficienza: l’adorazione della “rapidità” fa dimenticare l’essenza delle relazioni umane e Tati saprà come sviluppare questo concetto nei suoi film successivi.
Realizzato nel 1947, ma giunto nelle sale solo nel 1949, il film è stato girato a Sainte-Sévére-sur-Indre, dove Tati, insieme al suo futuro co-sceneggiatore Henri Marquet, era stato ospitato e nascosto dalle truppe tedesche che lo ricercavano. C’è quindi un debito di riconoscenza nell’affettuosa descrizione della vita di paese che apre il film e che ne è il soggetto principale prima che entri in scena François. Il postino è sì oggetto di dileggio per chi ne conosce gli impacci, ma non è descritto come il classico “scemo del villaggio”. Quando si trova dinanzi allo strabico che non riesce ad assestare il colpo di martello non gli fa pesare il suo deficit visivo ma mette in atto una strategia che gli dia soddisfazione; lo stesso accade con i bambini che imbucano una finta lettera a cui lui attribuisce la patente di regolarità.
Tati ha girato questo suo primo lungometraggio sperimentando una pionieristica ripresa a colori, che però per una serie di ragioni non ha avito mai una proiezione fino al 1995. Il film è sonoro, ma non parlato, con dialoghi quasi inaudibili perché registrati in presa diretta e sostituiti in modo spurio nell’edizione italiana.



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