Tra queste attività “non essenziali” rientrano anche gli impianti sciistici. Non si scierà quindi sulle Alpi e la stagione sciistica appena iniziata rischia di essere stroncata sul nascere. Il blocco di piste da sci e impianti di risalita per i non agonisti rischia di mettere in ginocchio le già fragili economie di molte vallate alpine; un provvedimento nato forse dalle immagini provenienti dal primo giorno di apertura delle piste da sci di Cervinia con assembramenti – all'aperto, con mascherina e misurazione della temperatura -, inferiori a quelli che quotidianamente si trovano ad affrontare i fruitori dei mezzi di trasporto pubblici.
Svizzera, Francia e Austria, pur con tutte le restrizioni anti-coronavirus hanno mantenuto l'apertura degli impianti: mettiamo a punto qualunque protocollo voglia il governo – continua Panza - ma prevediamo l'apertura per salvare la stagione invernale, un giro d'affari che pesa 11mld e circa l'11% del Pil generato dal comparto turismo, nonché posti di lavoro diretti e d'indotto.
I dati delle associazioni di categoria Fedrefuni e Anef parlano di 15.000 impiegati direttamente nel settore, di cui un terzo fissi ovvero non stagionali e di un indotto calcolato in 150.000 posti di lavoro nel settore degli impianti sciistici tra maestri di sci, ristoratori ecc.; di questo indotto possiamo stimare che circa l'80% sia composto da stagionali, che erano già stagionali dall'estate scorsa in cui hanno lavorato poco – se hanno lavorato - e che si apprestano ad affrontare un'altra stagione senza coperture economiche di nessun tipo, con in più, per i ristoratori, l'aggravio di tutte le limitazioni del caso.
Oltre alle chiusure il Governo ha annunciato indennizzi, bene, purché siano risorse reali e non quei fondi già promessi questa primavera e non ancora pervenuti, dispersi tra un decreto e l'altro, e che tengano conto di tutti...
Così in una nota l'europarlamentare Alessandro Panza, responsabile del Dipartimento aree montane della Lega.