Ci aspettavamo una analisi approfondita di una situazione certamente complessa, ma ricca di spunti ed una elaborazione coerente delle soluzioni da proporre.
Ci aspettavamo che il tema della sanità territoriale, che la recente pandemia ha prepotentemente portato in primo piano e all’attenzione dei “media” nazionali, fosse messo adeguatamente in evidenza, soprattutto perché sul territorio negli anni scorsi, sono state aperte le “case della salute”, affiancando a quella storica di Cannobio quelle di Crevoladossola, Omegna, Verbania, finanziando quella di Premosello mentre era in attesa quella in Valle Anzasca.
Ci aspettavamo che fossero state messe in evidenza le responsabilità del “commissariamento” della Regione che ha provocato per anni il blocco di ogni spesa e il “turnover” del personale.
Ci aspettavamo una strenua difesa della scelta quasi unanime dei Sindaci che nel 2015 aveva deciso di collocare il nuovo ospedale ad Ornavasso. “Cosa fare nel VCO”, è forse una domanda che sottintende la rinuncia alle decisioni precedenti?
Ci aspettavamo una riflessione sul superlavoro del personale sanitario che, in condizioni normali, era già in difficoltà ad operare su due nosocomi distanti fra loro 40 km, che nei momenti critici non ha concesso loro una minima sosta, dimostrando ancora una volta la necessità di una struttura ospedaliera baricentrica per ridurre lo stress e la fatica degli operatori, come pure il “turismo sanitario”, che durante la pandemia ha assunto livelli parossistici, con trasferimenti continui fra i due nosocomi e quelli di Borgomanero e Novara. Operatori che meritano più attenzione, maggiore considerazione e un premio extra ben superiore a quello disposto dalla nostra Regione.
Ci aspettavamo che l’aumento del numero di posti in terapia intensiva, definito dal Ministero della salute, (per i quali ad oggi manca ancora il personale necessario), fosse accompagnato dalla proposta di un diverso sistema di emergenza finalizzato a rendere più efficiente e reattivo il sistema nel suo complesso nel caso di una nuova ondata di contagi.
Per concludere
La recente crisi dovuta al “Covid 19” ha messo in evidenza l’importanza della sanità territoriale, perché dove c’era e funzionava i danni sono stati limitati. Nel VCO, seppure incompleta, la struttura c’era, ma l’Amministrazione Regionale manco lo sapeva. Lo dimostra la reiterata richiesta dei medici di famiglia di poter intervenire sul territorio, azione che è stata a loro concessa solo dopo che l’Ordine dei Medici Piemontesi ha messo in campo la sua autorevolezza.
L’Amministrazione regionale piemontese, per gestire la pandemia, ha copiato il “metodo” della Lombardia, senza sapere che la medicina territoriale in Lombardia non esiste più da anni, in quanto la riforma adottata dalle Amministrazioni regionali lombarde ha puntato tutto sulle strutture ospedaliere (in gran parte private). Una scelta che, come abbiamo potuto constatare, non ha consentito di affrontare adeguatamente la recente crisi sanitaria.
A noi pare che non serva tanto chiedersi “COSA FARE NEL VCO”.
Serve, invece e rapidamente, realizzare quello che nel 2015 si era deciso, prima che sia troppo tardi.