La rilevazione segnala un ulteriore, marcato raffreddamento del clima di fiducia dell’industria; per il terzo trimestre consecutivo le attese su produzione, ordini e occupazione peggiorano e i saldi ottimisti-pessimisti su produzione e ordini ritornano su valori negativi dopo 15 trimestri.
Nel comparto dei servizi, al contrario, il clima di fiducia rimane espansivo, con indicatori attestati su valori positivi e in linea con quelli dei trimestri scorsi. Con ogni probabilità, la asincronia tra i due comparti è dovuta alla diversa struttura temporale del carnet ordini: nel caso dei servizi, infatti, un terzo delle imprese ha ordini per oltre 6 mesi, mentre nell’industria gli ordini sono generalmente a più breve periodo.
A livello territoriale, soltanto ad Alessandria e Ivrea prevalgono aspettative lievemente ottimistiche, ma con indicatori di poco superiori al livello di equilibrio. Negative le previsioni di Cuneo, Asti e Verbania, dove gli indicatori peggiorano sensibilmente rispetto ai mesi scorsi. Nelle altre aree la fase espansiva sembra essersi arrestata.
A Torino, in particolare, il clima di fiducia è decisamente cauto e prevalgono, sia pure di poco, previsioni di contrazione di ordini e produzione.
Il raffreddamento del clima di fiducia è particolarmente marcato nel comparto dei macchinari e apparecchi, che nei mesi scorsi era stato uno dei settori portanti della ripresa. Gli indicatori restano lievemente espansivi ma si avvicinano alla stagnazione. Attese decisamente più fredde, ma ancora di crescita, nel comparto della gomma-plastica e nelle manifatture varie (gioielli ecc.). Peggiorano la chimica e il tessile, con previsioni negative. L’alimentare registra la consueta flessione stagionale dopo il picco delle festività natalizie. Restano negative le attese per edilizia e impiantisti. L’automotive fa storia a sé, ma nel complesso le imprese prevedono una sostanziale stabilità dei livelli di produzione e ordini.
Più in dettaglio, nel comparto manifatturiero, il sondaggio di dicembre registra un ulteriore, marcato indebolimento di quasi tutti gli indicatori. In particolare, peggiorano le attese su produzione e ordini che tornano sfavorevoli dopo quasi quattro anni di crescita. In stallo l’export. Stabile su livelli ancora elevati il tasso di utilizzo degli impianti. Frenano in misura sensibile gli investimenti. Nessuna novità sul lato occupazionale, dove da alcuni trimestri le aziende non hanno in programma variazioni della manodopera. Leggero ma significativo aumento del ricorso alla CIG.
Si amplia ulteriormente la “forbice” tra piccole e medie imprese, con indicatori di segno opposto per le due tipologie: pessimiste le imprese con meno di 50 addetti, cautamente ottimiste le imprese più grandi.
Si indebolisce la correlazione tra propensione all’export e aspettative di produzione. Le attese sono infatti negative sia per le imprese presenti sul mercato domestico che per i grandi esportatori; fanno eccezione le imprese con una struttura delle vendite più diversificata.
Nel comparto dei servizi gli indicatori rimangono stabili su livelli decisamente positivi. L’utilizzo delle risorse è stabile al di sopra dell’80%. Si rafforzano gli investimenti. Il ricorso alla CIG rimane marginale, si irrobustisce l’occupazione.
«L’indagine di dicembre conferma e anzi accentua i timori sulla tenuta dell’economia piemontese. Dopo quasi quattro anni il ciclo espansivo dell’industria manifatturiera sembra essersi concluso; i servizi non registrano ancora una inversione di tendenza grazie a una struttura più di lungo periodo del carnet ordini. Queste valutazioni non stupiscono dato il rapido, marcato peggioramento dello scenario complessivo in questi ultimi mesi. Ricordo il dato negativo sul Pil nel terzo trimestre, l’andamento molto debole della produzione industriale, il rallentamento dell’export, l’aumento della disoccupazione e l’effetto anche psicologico di interventi di politica economica incoerenti o dannosi e di un clima politico apertamente anti-industriale e contrario alla crescita - commenta Fabio Ravanelli, Presidente di Confindustria Piemonte. - Per la nostra regione non si può non guardare con grande preoccupazione ai ritardi e alle incertezze nella realizzazione della Torino-Lione e delle altre infrastrutture strategiche. Un’inerzia che riguarda tutti i livelli di governo e rischia non solo di penalizzare direttamente un’industria votata all’export, ma anche di innescare una spirale di declino e progressiva marginalizzazione».
«I nostri dati a consuntivo sulla produzione industriale piemontese nel III trimestre non lasciavano margini all’interpretazione: nel periodo luglio–settembre 2018 la performance della manifattura regionale, dopo 13 trimestri consecutivi di crescita, segnava il primo dato negativo (-0,2%). La fine del periodo espansivo non è una previsione, ma purtroppo già una realtà.
L’Unione europea già da tempo attua politiche specifiche nell’ambito del Manufacturing, individuando in questo settore uno degli strumenti principali per affrontare le sfide della crescita sia nazionale che internazionale e per creare posti di lavoro: la ricetta è realizzare nuovi modelli di business oltre a nuovi prodotti e servizi, accrescere le competenze dei lavoratori a più livelli e investire nelle start-up ad alto potenziale innovativo. Questo è anche il punto di vista delle Camere di commercio del Piemonte, voce istituzionale di quasi 434mila imprese: dobbiamo cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e far sì che l’industry 4.0 sia davvero il mantra che anima le nostre aziende, aiutando a governare e predire i propri processi produttivi. Per far ciò occorrono non solo pesanti investimenti nei macchinari, ma anche e soprattutto in competenze umane. L’automotive e l’aerospazio sono i motori di questo settore e tutti insieme dobbiamo creare le opportunità perché questi possano svilupparsi al meglio» commenta il Presidente di Unioncamere Piemonte, Vincenzo Ilotte.
Per Cristina Balbo, Direttore Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo:
«Si chiude un anno complesso, dove comunque si è registrata la buona tenuta delle esportazioni dei distretti piemontesi. Il contesto imprenditoriale, rispetto al passato, è più aperto e ricettivo verso la cultura dell’innovazione e dell’investimento sul capitale umano, fattori strategici di successo.
Per questo motivo, oltre a sostenere le aziende con il credito - come dimostrano i 14 miliardi di euro erogati nei primi 9 mesi dell’anno alle PMI italiane - abbiamo sviluppato in collaborazione con Confindustria la piattaforma digitale Skill4Capital, che consente di accedere ad un ampio catalogo di corsi personalizzati. Inoltre, grazie al nostro innovativo modello di rating, la valorizzazione del capitale umano dell’impresa diventa un fattore che concorre nella valutazione del merito creditizio».
«La nostra attività di erogazione del credito – dichiara Stefano Gallo, Regional Manager nord ovest di UniCredit – in riferimento ai primi tre trimestri del 2018 ha in ogni caso registrato un andamento positivo, come conferma l’aumento di nuovi impieghi che con più di 2 miliardi e 100 milioni di euro crescono complessivamente anno su anno del 35% con un aumento significativo proprio per le imprese (+47%). Secondo il nostro ufficio studi, sulla base dei dati di Banca d’Italia e sulle previsioni fornite da Prometeia, nel terzo trimestre dell'anno la crescita degli impieghi del sistema bancario al settore produttivo in Piemonte si conferma ben più vivace che altrove, pur se in rallentamento a settembre. Per capire che direzione prenderà l’economia del sistema produttivo nel prossimo anno saranno fondamentali i prossimi due-tre mesi.
Quel che è certo è che questa economia ha sempre più bisogno di banche in grado di accompagnare le aziende. Come UniCredit riteniamo che l’attività di consulenza sia fondamentale per il consolidamento delle imprese, per accompagnarle all’estero, per la loro crescita tecnologica. Nel nord ovest abbiamo 369 filiali con 9 aree corporate e 18 team small business. Unicredit è fortemente impegnata nell’offrire alle imprese soluzioni per rispondere ad ogni loro esigenza lungo tutta la filiera produttiva e per sostenerle nel loro percorso di crescita, innovazione e internazionalizzazione. In particolare, per accompagnare le imprese all’estero, UniCredit oltre alle competenze locali mette a disposizione una rete internazionale in grado di accompagnarle e supportarle a livello globale, fornendo un accesso senza precedenti alle banche leader presenti nei propri 14 mercati strategici e in altri 18 paesi in tutto il mondo. Per le aziende che vogliano creare una propria presenza commerciale, distributiva o produttiva all'estero, siamo in grado di fornire un supporto concreto alle imprese in tutto il ciclo di vita dei loro progetti di business all'estero. Dalla fase di progettazione strategica all'assistenza, finanziaria e non, nei mercati esteri in cui UniCredit è presente, aiutando l'azienda a semplificare i processi e facilitando il dialogo con gli interlocutori locali. con forte attenzione al rischio».
Riportiamo in dettaglio i principali risultati dell’indagine.
Comparto manifatturiero.
Per le 895 aziende del campione, le attese su produzione e ordini per il primo trimestre 2019 si raffreddano ulteriormente, con saldi negativi tra pessimisti e ottimisti. In particolare il saldo sui livelli produttivi passa da +6,8% a -2,5% e quello sugli e ordinativi totali da +4,8% a -2,2%. Deludono anche le previsioni sull’occupazione, che passano da +4,3% a +3,6%.
Frenano le attese complessive sull’export, che passano da +3,9% a -0,6%.
Si allenta la correlazione tra produzione e propensione alle esportazioni. Le aziende più ottimiste sono le medie esportatrici, che esportano tra il 30 e il 60% del fatturato (saldo +3,0%); seguono le grandi esportatrici, che esportano oltre il 60% del fatturato, con saldo ottimisti pessimisti appena negativo (pari al -1,3%). La percentuale è del -8,3% per le imprese che esportano dal 10 al 30% del fatturato e del -3,5% per quelle che vendono all’estero meno del 10% della produzione.
Aumenta nuovamente il divario tra la performance delle imprese con oltre 50 addetti e quelle più piccole, con saldi rispettivamente pari a +5,5% (era 11,9% a settembre) e -6,6% (era +4,1%).
Aumenta gradualmente il ricorso alla CIG, che interessa ora il 9,9% delle aziende, una percentuale comunque fisiologica. Calano le aziende con programmi di investimento di un certo impegno, che passano dal 27,3% al 23,0%.
Rimane stabile al 76% il tasso di utilizzo della capacità produttiva, un valore non lontano dai livelli pre-crisi.
Non ci sono variazioni di rilievo nella composizione del carnet ordini: il 19,6% delle aziende ha ordini per meno di un mese, il 52,1% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 16,6% per 3-6 mesi, l’11,7% per oltre 6 mesi.
Variano leggermente i tempi di pagamento. La media complessiva è di 84 giorni; sale a 96 giorni per la Pubblica Amministrazione, in calo significativo rispetto ai livelli prevalenti di 2-3 anni fa. È fornitore degli enti pubblici circa il 18% delle aziende manifatturiere. Diminuisce il numero di imprese che segnalano ritardi negli incassi (24,8%).
A livello settoriale le aziende non metalmeccaniche esprimono attese sfavorevoli, passando dal +5,6% al -3,8%. Il saldo delle imprese metalmeccaniche risulta marcatamente in calo rispetto ai trimestri precedenti (dal +9,2% allo 0,0%). Brusca frenata per la meccatronica, da +24,3% a 4,5%. Anche l’automotive attraversa un momento difficile, con saldi ancora negativi (da -14,8% a -3,3%). Faticano anche il settore chimico, con saldo pari al -6,3%, il tessile (-6,0%) e l’edilizia e impiantisti (rispettivamente -8,0% e -4,9%). Il settore alimentare come ogni anno, dopo il boom delle vendite per Natale, nel primo trimestre registra una flessione e passa dal +23,5% al +2,3%. Positivi i comparti manifatture varie (gioielli, giocattoli, ecc.) che registrano un +5,4%, materie plastiche (+5,1%) e gomma (+7,1%).
A livello territoriale, si segnala la tenuta di Alessandria e Ivrea (rispettivamente +6,0% e +3,1%), mentre peggiorano considerevolmente le previsioni a Cuneo (da +7,1% a -7,1%), Asti (da +9,8 a -8,8%) e Verbania (da -24,1% a -12,0%). Ristagnano le attese di Biella (da +4,3% a -1,6%), Novara (da +10,5% a -1,1%), e Torino, che passa da +6,0% a -1,8%. Nel resto del Piemonte si assestano ma rimangono ottimistiche le attese nelle aree di Cuneo (da +11,8 a +7,1%), Torino (da +8,5 a +6,0%) e Vercelli (da 4,7% a +0,0%).
Comparto dei servizi
Le oltre 300 aziende del campione esprimono valutazioni positive, ben più ottimistiche rispetto al manifatturiero: quasi tutti gli indicatori migliorano rispetto alla rilevazione di settembre.
Il saldo ottimisti-pessimisti sui livelli di attività e sull’occupazione guadagnano circa 3 punti percentuali (rispettivamente da +19,8 a +22,8% e da +13,6 a +17,3%). Stabile su livelli positivi il saldo per ordini totali, che passa da +18,8 a +17,6%.
Aumentano le imprese con programmi di investimento di un certo rilievo (da 19,3 a 25,7%).
Andamento positivo per tasso di utilizzo delle risorse (83%), mentre è ormai trascurabile il ricorso alla CIG, attestato all’1,7%.
Varia di poco la composizione del carnet ordini: il 14,5% delle aziende ha ordini per meno di un mese, il 35,3% ha ordinativi per un periodo di 1-3 mesi, il 17,3% per 3-6 mesi e il 32,9% per oltre 6 mesi. Da notare che il portafoglio ordini oltre i 6 mesi è considerevolmente più alto nel terziario rispetto al manifatturiero (dove supera di poco il 10%).
Stabili i tempi di pagamento. La media è di 69 giorni: il ritardo sale a 92 per la Pubblica Amministrazione, con cui ha rapporti di fornitura circa il 45% delle aziende del campione. Il 27,0% delle imprese segnala ritardi negli incassi.
A livello settoriale, si segnala il miglioramento di tutti i comparti: l’ICT passa da +30,6 a +33,3%, i trasporti da +25,0 a +25,8%, i servizi alle imprese, da +24,2 a +35,0%, il commercio da +11,4 a +22,7%) e gli altri servizi da +13,5 a +16,3%).
Imprese Piemonte, previsioni negative per inizio 2019
Confindustria Piemonte illustra i dati dell’indagine relativa al primo trimestre 2019, realizzata nell’ambito della collaudata collaborazione tra Confindustria Piemonte, Unioncamere Piemonte, Intesa Sanpaolo e UniCredit per il monitoraggio della congiuntura economica piemontese.
23 commenti Aggiungi il tuo
Beh. Dati che confermano le politiche sbagliate della sinistra internazionale, nazionale e regionale. Dato che la legge di stabilità è stata approvata da pochi giorni non ha tecnicamente prodotto effetti. Parlare di effetto psicologico di futuri interventi economici è la negazione del pragmatismo che dovrebbe contraddistinguere Confindustria. Evidentemente il legame con il Pd è talmente forte che si fanno queste figuracce. Attendiamo manifestazioni di piazza contro legge di stabilità come per decreto sicurezza. Leggi votate dal parlamento e firmate dal presidente della Repubblica garante della costituzione. Così l'annullamento totale di pd e fi sarà finalmente completo. Buon anno.
i pronostici di Confindustria li conosciamo bene.
dissero,documentando il tutto con uno studio scientifico,che se al referendum avesse vinto il no ci sarebbe stato un crollo del PIL e una perdita secca di mezzo milione di posti di lavoro.
il no ovviamente vinse,il PIL e l'occupazione segnarono i massimi del vuoto quinquennio a targa PD,dimostrando così inequivocabilmente che o il centro studi di Confindustria non vale niente,oppure che le previsioni erano artatamente falsate per influenzare il voto.
poi magari questa volta ci azzeccheranno,ma da imprenditore non farei troppo affidamento su questi vaticini.
dissero,documentando il tutto con uno studio scientifico,che se al referendum avesse vinto il no ci sarebbe stato un crollo del PIL e una perdita secca di mezzo milione di posti di lavoro.
il no ovviamente vinse,il PIL e l'occupazione segnarono i massimi del vuoto quinquennio a targa PD,dimostrando così inequivocabilmente che o il centro studi di Confindustria non vale niente,oppure che le previsioni erano artatamente falsate per influenzare il voto.
poi magari questa volta ci azzeccheranno,ma da imprenditore non farei troppo affidamento su questi vaticini.
Ciao paolino
Diciamo che si adeguano bene ai governi e ai poteri dominanti che non fanno grossi scossoni. Vedendo questo governo che sta provando a cambiare pur sbagliando in qualcosa non possono che essere contro. Non ho mai visto un governo più osteggiato. Manco berlusca dei tempi d'oro era così massacrato trasversalmente. Che sia l'economia o la sicurezza si violano le leggi firmate dal presidente della Repubblica e votate dal parlamento. Confindustria non si discosta dal sentire comune dei contro governativi.
Pronostici? Ma i punti si contano a bocce ferme! E' un po' come i dati dell'ISTAT: ingenuo chi ci crede, quasi mai rivelano qual'è la realtà! Sto vedendo certi censimenti in alcuni nostri paesi e...per carità!
Ciao robi
Confindustria è semplicemente opportunista, esattamente come chi cerca di convogliare i voti cattolici.... La verità è che la coperta è sempre più corta!
Ciao lupusinfabula
concordo! Ma quando mai Confindustria è stato un potere forte? Alla faccia di quel pennuto che ancora ostentano....
Ciao robi
beh, non che queste pseudo-manifestazioni richiamo chissà quale grande interesse, dai.... In fondo è dal 1994 che i governi non cadono più a causa delle piazze!
Ciao robi
è dagli anni 90 che siamo in declino, quando c'era ancora la lira: da allora quanti governi si sono alternati, di colore diverso, oltre a quelli c.d. tecnici? Non tutti gli effetti negativi si vedono subito. A livello europeo, poi, ai tempi dell'ex Cav., c'erano Francia & Germania governate dalla destra, che poi lo hanno abbandonato....
Ciao paolino
mah, che io ricordi, coi governi targati Ex Cav. non si è mai stati al top degli indici economici, nonostante l'avallo di Confindustria. Anche senza l'art.18 il problema rimane, e stranamente il decreto dignità non l'ha reintrodotto, ricalcando in questo il Jobs Act, di cui, per il momento, non ha cancellato quasi nulla.... Unica nota, aver aggiunto il reddito di cittadinanza, accanto a quello di sussistenza targato PD.
Ciao robi
E cosa può mai fare il Capo delle Stato? Se qualche volta ci ha provato, apriti cielo: l'ultima volta addirittura un vice-premier grillino lo voleva mettere in stato d'accusa. Inoltre, ricorrere alla Corte Costituzionale, non è una violazione: quante volte è dovuta intervenire, addirittura per colmare vuoti legislativi, dovuti alla persistente inerzia del Parlamento? Cambiare sì, ma cerchiamo di non farlo in peggio.
Gli industriali nostrani stanno sempre a incolpare qualcuno.
Eppure loro sono i massimi attori economici. Non solo hanno delocalizzato in massa ma hanno ottenuto tutta la flessibilità sul lavoro che desideravano.
Non è principalmente colpa loro se abbiamo poca innovazione e produttività.
Eppure loro sono i massimi attori economici. Non solo hanno delocalizzato in massa ma hanno ottenuto tutta la flessibilità sul lavoro che desideravano.
Non è principalmente colpa loro se abbiamo poca innovazione e produttività.
Ciao Giovanni%
forse vorrebbero anche loro l'Orban su misura, che alza il tetto dello straordinario a 400 ore annue, pagabili in 3, che rimuove la statua di Imre Nagy, simbolo della rivolta contro i sovietici, all'alba dalla Piazza del Parlamento, che vuole una Corte Costituzionale alle dipendenze del Ministero delle Giustizia, il tutto per giustificare una crescita stimata intorno al 4%, grazie a soldi non suoi, ma dell'UE, visto che ciò che L'Ungheria riceve come contributi è almeno 4 volte ciò che versa.... Mi ricorda certe politiche cinesi.....
La delocalizzazione sciagurata cui fa riferimento Giovanni% è frutto dell'allarganeto dell'Eurpa a nazione che non lo meritavano e che ci hanno portato solo povertà, miseria e delinquenza; lpabbattimento dei controlli alla frontiere e delle frontiere stesse ha poi fatto il resto.. Finchè l UE era limitata agli stati fondatori gli industriali non avevano alcun interesse a delocalizzare in Francia, Germania, Olanda o Lussemburgo, tanto per citare qualche nazione europea.
Ciao lupusinfabula
diciamo anche che la tanto decantata flessibilità è stata poi tramutata in precarietà, al pari di ciò che è accaduto col cambio euro/lira di fatto 1/1.... Chi doveva controllare, dove si trovava? Il problema non è solo l'immigrazione che, guarda caso, sta a cuore proprio a quei Paesi ad Est!
diciamo anche che la tanto decantata flessibilità è stata poi tramutata in precarietà, al pari di ciò che è accaduto col cambio euro/lira di fatto 1/1.... Chi doveva controllare, dove si trovava? Il problema non è solo l'immigrazione che, guarda caso, sta a cuore proprio a quei Paesi ad Est!
Ciao lupusinfabula
diciamo anche che la tanto decantata flessibilità si è tramutata poi in precarietà, al pari del cambio lira/euro di fatto 1/1... Chi doveva controllare, dove si trovava? Evidentemente l'immigrazione non è l'unico problema che, guarda caso, sta a cuore proprio a quei Paesi ad Est!
Come al solito quando si accenna ad un argomento subito Sinistro cerca di spostare l'attenzione su di un altro: uguale uguale a quei bambini che quando si accorgono di non farcela tentano la carta del :-Dai cambiamo gioco-Va beh, dai, ce ne sono anche di peggio.....
Questa indecente globalizzazione che ha rovinato interi stati prima o poi sparirà. Io sono un liberista e per me il mercato deve essere libero e creare ricchezza con la sua autoregolamentazione ma in questo modo è il contrario. Non possiamo permettere che ci sia concorrenza sporca e distorsioni del mercato. La libertà non è fare quello che si vuole. Ci sono regole che vanno rispettate. In questo caso i dazi sono leciti e anche necessari. In quanto agli industriali che delocalizzano fanno solo una parte di quello che dovrebbe essere lo scopo di fare "intrapresa". Pensano al massimo profitto con minimo costo per risorse materiali e umane. Giusto. Ma anno dimenticato lo scopo di creare benessere sociale dando lavoro a condizioni decenti. È vero. Il cuneo fiscale e alto e il costo del lavoro insostenibile in Italia. E qui hanno ragione. Ma alla fine scappando disintegri il tessuto produttivo del tuo paese. E qui lo stato deve fare il suo dovere abbassando tasse da sceriffo di Nottingham e togliendo burocrazia inutile. Ma confindustria deve fare il suo dovere e non appoggiarsi sempre ai soliti poteri.
Ciao robi
Il tuo mi sembra un atto di fede.
Per il momento l'economia globale sta vincendo e la Cina è un'inarresyabile gigante economici che ha lavorato per il suo futuro di leadership mondiale.
Per risalire la china servono entità statali forti, unione di intenti tra stati occidentali e lanon sottomissione agli interessi della finanza globale. Difficile se non impossibile.
In Italia inoltre vedo una classe industriale e imprenditoriale veramente pessima in tutti i punti di vista.
Ciao lupusinfabula
chissà, forse quando come quando si vede il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto....
Ciao Giovanni%
vero, basti ricordare cosa è successo con la Cassa del Mezzogiorno negli anni 80/90: finita la cuccagna dei finanziamenti statali a fondo perduto (o quasi), molti Big stranieri sono andati via....
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