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LegalNews: L’assicurazione professionale del commercialista e i danni causati dal collaboratore

La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 22339/2017 ha esaminato il tema dell’ampiezza della copertura fornita al commercialista dall’assicurazione professionale, con specifico riferimento all’individuazione dell’eventuale collaboratore che abbia causato il danno.

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LegalNews: L’assicurazione professionale del commercialista e i danni causati dal collaboratore
Il caso sottoposto alla Suprema Corte è il seguente: una società di capitali domiciliata (ossia avente sede legale) presso un commercialista conveniva in giudizio il professionista per ottenere la sua condanna al risarcimento del danno patito a causa della negligenza dimostrata nella gestione della domiciliazione.

Più nel dettaglio, al commercialista veniva addebitato di non aver trasmesso alla società alcune raccomandate pervenute presso il suo studio contenenti la comunicazione dell’avvenuta cessione di un credito vantato da un soggetto nei confronti della società domiciliata. Quest’ultima, perciò, all’oscuro della cessione, aveva adempiuto nei confronti del soggetto che aveva già ceduto il credito, dovendo successivamente effettuare un nuovo pagamento nei confronti della banca cessionaria del medesimo credito.

La società domiciliata, avendo dovuto effettuare il pagamento due volte, agiva nei confronti del commercialista domiciliatario: in primo grado veniva rigettata la sua richiesta risarcitoria, che veniva invece accolta in appello. Al contempo, in secondo grado veniva rigettata la domanda di manleva che il professionista aveva svolto nei confronti della propria compagnia assicuratrice della responsabilità professionale, in quanto il professionista non era stato in grado di indicare chi fosse il soggetto al quale era concretamente imputabile la mancata trasmissione delle comunicazioni.

Il commercialista ricorreva perciò per cassazione, chiedendo la condanna della propria compagnia di assicurazione a tenerlo indenne dal risarcimento da riconoscere alla società attrice. Il professionista affermava che, non avendo all'epoca collaboratori fissi e non sapendo di preciso quale fosse stata la sorte delle raccomandate (di certo indirizzate presso il suo studio) e quindi chi le avesse smarrite, si era assunto direttamente la responsabilità dell'accaduto, chiedendo la manleva alla propria compagnia di assicurazione.

La Suprema Corte, investita della questione, ha premesso che l'assicurazione per la responsabilità professionale è una forma di assicurazione per la responsabilità civile volta a tutelare il professionista-assicurato dal rischio connesso ai danni provocati a terzi nell'esercizio della sua attività professionale; grazie a tale strumento, infatti, viene trasferito sull'assicuratore - previo il pagamento del premio assicurativo - il rischio connesso e l'obbligo di indennizzare i terzi danneggiati.

La Cassazione ha proseguito sottolineando che ciò che rileva, ai fini dell'operatività della polizza assicurativa, è se il comportamento posto in essere rientri nell'ambito dell'attività individuata dalla polizza come risarcibile: essa presuppone che il danno sia stato causato dal professionista, direttamente attraverso l'attività professionale carente, o indirettamente per carenze organizzative o di diligenza del proprio studio del quale egli indirettamente risponde. Ciò detto, qualora non sia contestato che il comportamento per il quale il commercialista è stato ritenuto responsabile verso il cliente rientrasse nel rischio assicurato, egli non è di per sé tenuto, ai fini dell'operatività della polizza, ad indicare all'assicuratore l'effettivo, materiale responsabile dell'attività dannosa, in quanto potrebbe non essere neppure in grado di individuarlo con certezza.

La Corte ha concluso affermando che, al contrario, sarebbe stato piuttosto onere dell'assicurazione, per evitare la condanna, dedurre e provare che il comportamento era stato posto in essere da un soggetto non garantito e per il quale il professionista non era chiamato a rispondere; tale prova non era però stata fornita dall’assicurazione, che è stata perciò condannata a tenere indenne il professionista dal danno causato alla società domiciliata sulla base della copertura assicurativa stipulata.

Avv. Mattia Tacchini
www.novastudia.com



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