Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI o inglesizzato ADHD) è una sindrome clinicamente sistematizzata per descrivere aspetti altamente diffusi e problematici che riguardano sia l’area dei comportamenti sia l’area cognitiva, con importanti ripercussioni su diversi aspetti della vita. È un disturbo dell’età evolutiva, sempre più in aumento negli adulti. L’ADHD si sviluppa a seguito di una combinazione di fattori correlati al patrimonio genetico e alle esperienze di vita.
Non solo l’attenzione viene colpita da questa sindrome, rendendola scarsa, anche il controllo degli impulsi e l’attività sono coinvolte, soprattutto nell’autocontrollo e nella regolazione delle emozioni, portando coloro che ne soffrono ad avere reazioni agli eventi sproporzionate, rispetto alla loro portata. Anche nello sviluppare le abitudini entrano in gioco l’autocontrollo, causando, a chi soffre di DDAI, dei tempi più lunghi di pratica per sviluppare comportamenti abituali o auto controllati. In generale, tali caratteristiche spesso provocano una carente capacità di adattamento fra aspettative e prestazioni dell’individuo.
A causa della grande variabilità che lo caratterizza, il DDAI, o meglio le sue caratteristiche, sono in continua definizione.
La percentuale di persistenza del disturbo, superati i 18 anni d’età, oscilla intorno al 60%, anche se il disturbo modifica le proprie manifestazioni nel tempo. Negli adulti, rispetto ai bambini, il disturbo si manifesta in modalità diverse,
generalmente, con una accentuazione nelle difficoltà di attenzione che portano a: non rispettare le scadenze, difficoltà nella gestione e organizzazione di appuntamenti, difficoltà nello svolgere più compiti ecc., l’adulto tende ad annoiarsi, e a manifestarlo. Nel corso di test neuropsicologici, gli adulti affetti da DDAI spesso presentano difficoltà nell’impegnarsi in modo costante, di pianificazione, organizzazione, monitoraggio visivo e di ascolto attento.
L’attenzione attuale su ADHD potrebbe portare alcuni adulti ad “autodiagnosticarsi”, è necessario invece rivolgersi a medici specializzati, poiché si tratta di una sindrome (per spiegarci un insieme di sintomi) con sfaccettature diverse e con intensità differenti, a volte anche in comorbidità con altri disturbi, è quindi necessario un intervento specialistico per attuare la diagnosi più corretta (anche differenziale) e indicare i percorsi di cura più adeguati.
Anche perché è necessario tenere presente che la diagnosi dell’ADHD nell’età adulta è un processo più complicato e differente rispetto a quella che avviene per l’età evolutiva, i sintomi sono più eterogenei e possono sovrapporsi con altri disturbi in comorbidità. Inoltre, solo recentemente sono stati sviluppati strumenti diagnostici e linee guida per gli adulti (Wolraich et al., 2011., Kendall et a., 2008).
Buona settimana
Mara Rongo
Fonte:
AIFA.it
“Difficoltà e Disturbi dell’apprendimento”, a cura di C. Cornoldi, ed. Il Mulino
PsicoNews: ADHD in età adulta
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività può essere presente anche negli adulti, non solo nei bambini, con alcune differenze significative.
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Bei disturbi
senza
5 Luglio 2017 - 10:26
“La percentuale di persistenza del disturbo, superati i 18 anni d’età, oscilla intorno al 60%”
Quindi vista la percentuale è la normalità, non si tratta di un “disturbo”, si direbbe che la maggior parte delle persone stia reagendo al sistema delirante imperante, c’è da auspicare che tale normalità si propaghi anche nella minoranza.
“…..con una accentuazione nelle difficoltà di attenzione che portano a: non rispettare le scadenze, difficoltà nella gestione e organizzazione di appuntamenti, difficoltà nello svolgere più compiti ecc., l’adulto tende ad annoiarsi, e a manifestarlo. Nel corso di test neuropsicologici, gli adulti affetti da DDAI spesso presentano difficoltà nell’impegnarsi in modo costante, di pianificazione, organizzazione, monitoraggio visivo e di ascolto attento….”
Ma perbacco, questi soldatini non vogliono più rispettare appuntamenti scadenze compiti impegni pianificazioni organizzazioni, come osano! E’ dunque:
“necessario invece rivolgersi a medici specializzati,…è quindi necessario un intervento specialistico per attuare la diagnosi più corretta (anche differenziale) e indicare i percorsi di cura più adeguati. …inoltre, solo recentemente sono stati sviluppati strumenti diagnostici e linee guida per gli adulti.”
Voi pissicologhe – mi capita ogni tanto di leggere anche le altre fanciulle il cui articolo viene pubblicato mi pare la domenica - non desiderate analizzare le cause ma volete “attuare diagnosi” e “indicare percorsi di cura” con “linee guida”, si da per scontato che questo 60% di persone abbia in sé l’origine del nuovo “disturbo” dato da “patrimonio genetico e esperienze di vita”; la ragione è semplice, arrancando come buona parte dei compatrioti, dovete aprirvi strade per applicare la vostra professione per cui seguite la strada meno complicata facendo per così dire pressione sulle persone potenziali pazienti ed evitando di analizzare più in profondità: spesso avete a che fare con istituzioni pubbliche ed è prudente non uscire da percorsi sclerotizzati. C’è però anche una seconda ragione che da ignorante che ha seguito gli studi solo fino a 14 anni mi stupisce ma nemmeno troppo: il pensiero personale pare non sia contemplato nelle scuole, vengono somministrate quintalate di nozioni e mire prestabilite, da lì la maggior parte di quelli che furono studenti ed ora posseggono un titolo pare non siano in grado di uscire, una sorta di lobotomia indotta e accettata.
Magari dopo ciò che ho detto più sopra potrò sorprendere, pure io credo che la maggior parte degli esseri umani sia malata, ma in modo che probabilmente non verrebbe capito anche se lo spiegassi, per cui glisso, aggiungo solo che se la percentuale riportata ha un qualche fondamento, io contrariamente alla dottoressa me ne rallegro.
Quindi vista la percentuale è la normalità, non si tratta di un “disturbo”, si direbbe che la maggior parte delle persone stia reagendo al sistema delirante imperante, c’è da auspicare che tale normalità si propaghi anche nella minoranza.
“…..con una accentuazione nelle difficoltà di attenzione che portano a: non rispettare le scadenze, difficoltà nella gestione e organizzazione di appuntamenti, difficoltà nello svolgere più compiti ecc., l’adulto tende ad annoiarsi, e a manifestarlo. Nel corso di test neuropsicologici, gli adulti affetti da DDAI spesso presentano difficoltà nell’impegnarsi in modo costante, di pianificazione, organizzazione, monitoraggio visivo e di ascolto attento….”
Ma perbacco, questi soldatini non vogliono più rispettare appuntamenti scadenze compiti impegni pianificazioni organizzazioni, come osano! E’ dunque:
“necessario invece rivolgersi a medici specializzati,…è quindi necessario un intervento specialistico per attuare la diagnosi più corretta (anche differenziale) e indicare i percorsi di cura più adeguati. …inoltre, solo recentemente sono stati sviluppati strumenti diagnostici e linee guida per gli adulti.”
Voi pissicologhe – mi capita ogni tanto di leggere anche le altre fanciulle il cui articolo viene pubblicato mi pare la domenica - non desiderate analizzare le cause ma volete “attuare diagnosi” e “indicare percorsi di cura” con “linee guida”, si da per scontato che questo 60% di persone abbia in sé l’origine del nuovo “disturbo” dato da “patrimonio genetico e esperienze di vita”; la ragione è semplice, arrancando come buona parte dei compatrioti, dovete aprirvi strade per applicare la vostra professione per cui seguite la strada meno complicata facendo per così dire pressione sulle persone potenziali pazienti ed evitando di analizzare più in profondità: spesso avete a che fare con istituzioni pubbliche ed è prudente non uscire da percorsi sclerotizzati. C’è però anche una seconda ragione che da ignorante che ha seguito gli studi solo fino a 14 anni mi stupisce ma nemmeno troppo: il pensiero personale pare non sia contemplato nelle scuole, vengono somministrate quintalate di nozioni e mire prestabilite, da lì la maggior parte di quelli che furono studenti ed ora posseggono un titolo pare non siano in grado di uscire, una sorta di lobotomia indotta e accettata.
Magari dopo ciò che ho detto più sopra potrò sorprendere, pure io credo che la maggior parte degli esseri umani sia malata, ma in modo che probabilmente non verrebbe capito anche se lo spiegassi, per cui glisso, aggiungo solo che se la percentuale riportata ha un qualche fondamento, io contrariamente alla dottoressa me ne rallegro.
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