“Il riordino per essere serio ed efficace non può limitarsi alle sole Province: un facile capro espiatorio, ma dal cui sacrificio si ottengono risultati irrilevanti sul risparmio della spesa pubblica. Perché questo davvero si possa conseguire è necessario rielaborare l’intera struttura istituzionale e dell’amministrazione pubblica del Paese. Spiace dunque che la Conferenza Unificata Stato, Regioni e Autonomie Locali non abbia riconosciuto il valore del ruolo e delle funzioni degli enti intermedi. Questo a fronte della sentenza della Corte Costituzionale che ha annullato i provvedimenti decisi dal Governo Monti tesi a cancellare con un colpo di spugna le Province dall’assetto istituzionale italiano” rimarca il Presidente dell’Unione Province Piemontesi Massimo Nobili.
“In questo contesto, in cui con insistenza il Ministro Delrio concentra tutte le urgenze di riorganizzazione delle autonomie locali nella soppressione delle Province, si registra un ‘vuoto’ amministrativo nei territori già giunti a scadenza di mandato e che dovrebbero – nell’osservanza di quanto deciso dalla Corte Costituzionale – rinnovare le proprie amministrazioni con regolari elezioni. L’attuale situazione di precarietà incombe in primis sul futuro occupazionale di 56.000 dipendenti” ribadisce Nobili.
“Il nostro appello è alle Organizzazioni Sindacali, dato che appare del tutto improbabile che Regioni e Comuni possano assorbire quelli che altrimenti si raffigureranno come veri e propri esuberi, e ai piccoli Comuni, per i quali la Provincia è un punto di raccordo essenziale, affinchè – continua Nobili – ci sostengano nel percorso di riforma, che punta a ridurre i costi di funzionamento degli apparati centrali dello Stato, così come nella proliferazione di consorzi, agenzie ed enti pubblici di secondo grado, ai quali sono state assegnate funzioni che per lo più ricalcano quelle in gran parte già espletate dalle Province”.
Va evidenziato come i 12 miliardi indicati come risparmio per la spesa pubblica, se le Province dovessero sparire della pianta costituzionale italiana, siano una stima che non può tradursi come reale vantaggio per le casse statali. Dieci di questi infatti sono spesi per servizi ai cittadini, risorse – che in ogni caso, pur gestite da altri enti – vanno spesi, se li si vogliono mantenere. Gli altri due miliardi sono destinati agli stipendi per il personale delle Province: per un costo medio di 41.000 euro l’anno, contro i 58.000 di quelli delle Regioni.
Il costo della democrazia, e dunque della ‘parte politica’ (consiglieri provinciali, assessori e presidenti), su scala provinciale incide per 105 milioni (1,77 euro all’anno pro capite), pari allo 0,01% della spesa pubblica, che se riferita allo Stato sale a ben altre quota: 562 miliardi.