I panorami del lago Maggiore (e non solo) non sono più quinte da cartolina ma luoghi di narrazioni contemporanee raccontate da un cronista con l'occhio che scava oltre.
Lo scrittore Matteo Severgnini a colloquio con l'autore, il giornalista e scrittore Andrea Dallapina, in un esperimento di "tarocchi" letterari.
Di seguito la recensione di Paola Caretti, da Eco Risveglio del 26 agosto 2014.
Che cos’hanno in comune Paul Gauguin, il poeta Dylan Thomas, Shakespeare e Italo Calvino? Per leggere e gustare i dieci intriganti racconti “in cerca d’altrove”, raccolti nel volume intitolato “Quasi come Gauguin”di Andrea Dallapina, occorre seguire la sottile linea rossa che unisce i grandi dell’arte letteraria e pittorica mondiale.
E lasciarsi condurre nei meandri della mente di personaggi fantasticamente reali nei loro role-playing games. I giochi di ruolo di questi dieci racconti seguono trame diverse, molte delle quali ambientate tra le cupe e tormentate sponde del lago Maggiore. Proprio tra i neri flutti delle acque lacustri si consumano efferati omicidi, si conducono indagini, si scoprono loschi traffici di antiche reliquie.
Ma come nei migliori videogame, il lettore partecipa e sembra adattarsi perfettamente alla scena interpretando l’uno o l’altro personaggio e recitando la sua parte in questo mondo parallelo. La scrittura di Dallapina non può sottrarsi alle “lezioni” impartite dagli artisti e dalla cultura umanistica che caratterizza la sua generazione.
Una generazione che ha potuto apprezzare le fantastiche suggestioni delle poesie di Dylan Thomas, ha sognato mondi lontani attraverso la pittura di Gauguin e ha compreso infine la contemporaneità di Shakespeare. L’autore, portavoce di una generazione di scrittori-giornalisti amanti della parola e ricercatori di forme narrative appetibili, sembra infine prendere alla lettera le cinque lezioni americane che Italo Calvino scrisse per un intervento all’Università di Harvard.
Prima fra tutte la lezione sulla leggerezza del testo breve, che risulta un valore letterario anziché un difetto. Il linguaggio infatti scorre tra note melanconiche e humour che si alternano quasi a suggerire un distacco dalle umane vicende. E’ incalzante, intenso, non banale, con un ritmo giornalistico che coinvolge.
Così il serial killer che semina morte tra gli chef stellati riunitisi all’isola Bella, l’ex suora che ruba la costa del miracolo di Cannobio, la sgangherata coppia di Shakespeare e Marlowe del racconto ambientato nell’Inghilterra del 1583 sono frutto della ricerca di un “altrove”, sono personaggi che “quasi come Gauguin” sfuggono al quotidiano e creano il loro naturale paradiso in una provincia sonnolenta.
Questi dieci racconti, scrive l’autore, hanno in comune “il senso di una mancanza, elementi di una contemporaneità che non vuole limitarsi a sopravvivere”. Dieci racconti in fuga, nomadi dell’età moderna, all’inseguimento di un altrove fatto di emozioni dalle tinte forti.