“Il segno dietro il sipario” di Franco Cheli.
A cura di Valentina Medici
Testi di Valentina Medici e Angelo Giuseppe de’ Micheli
Presentazione di Valentina Medici e Alessandro Cheli
Franco Cheli nasce a Chiari (Brescia) il 17 settembre 1939. Si diploma scenografo presso l’Accademia di Brera dove è docente di Scenotecnica dal 1975. Viene in contatto con diversi artisti come Chagall, Montresor, Andrea Cascella, Consagra. Collabora con vari teatri e realizza dal 1969 al 1975 numerose scenografie per il teatro “La Fenice” di Venezia. Nel 1990 riprende la sua attività artistica dedicandosi alla scultura. Organizza e promuove manifestazioni e mostre d’arte a scopo culturale e a sostegno di Enti morali e ospedalieri, campagne anti droga presso le scuole, Centro Trapianto Fegato del Policlinico di Milano, la Tela di Penelope, Arbre, Triennale di Milano.
Muore a Milano il 6 marzo 2010.
Attraverso il disegno ci addentreremo in questo fantastico viaggio nel sogno che precede la creazione dell’opera del poliedrico artista Franco Cheli. Nel centro storico di Milano sorgeva il laboratorio di Franco e della moglie Lalla, un ambiente vitale e dinamico pervaso da ritagli,
scenari, ammassi di forme rigide e oggetti che attendevano una definizione; così veniva descritto dagli amici, come un laboratorio di idee. Lo immaginiamo passeggiare pensieroso dopo il rovello del testo teatrale, compreso nella sua complessità, ma ancora senza forma, che lui poi definiva senza mai tradire lo spettatore. Decantato dagli artisti vicini a lui come una persona sempre disponibile nel condividere il suo sapere verso la materia e nel “fare arte”, è diventato per studenti e artisti che frequentavano il suo laboratorio, concretezza del progetto ideato. Nel suo lungo percorso artistico ha vissuto diversi passaggi dell’agire creativo, distinguendosi per la risolutezza delle soluzioni adottate, soprattutto nell’utilizzo di materiali innovativi per i suoi allestimenti scenografici, come quelli realizzati durante la lunga collaborazione con la Fenice di Venezia.
Le sue pitture una mescolanza tra plastico e pittorico, ricordano l’informale nel gesto, nella materia pittorica e nelle increspature che divengono pulsioni. Dopo vent’anni di scenografia passa alla scultura, appresa sui banchi di scuola dove insegnava e che già faceva parte di lui fin dall’infanzia quando plasmava piccole sculture con la sabbia del fiume che lo ha visto crescere. Andrea Cascella scriveva di Cheli: “Intrigante nel farsi e mirabile nel rapporto con lo spazio”. Ogni singola opera scultorea dialoga con le altre favorendone una moltitudine di possibili int erazioni in una progressione modulare dinamica, enfatizzata dalla luce, dal volume e dal colore per esaltarne la ricchezza della diversità. Il tempo si annulla nel percepire il segmento visivo all’interno dell’infinità di forme scultoree. La mano del maestro attraverso il disegno crea le sue scenografie, divenendo spettacolo prima della “messa in scena”.
Chi vive nel mondo delle immagini, fabbrica immagini e nel caso di Cheli sono i luoghi del suo lavoro e della sua infanzia. Il sogno diviene dunque realtà, definendosi in spazi metafisici dove gli oggetti si decontestualizzano per inserirsi in ambienti creati da visioni mentali imprevedibili. Monoliti, fiori e personaggi fantastici giocano interagendo col tempo tra memoria e futuro inscenando il dramma della vita, tra il castello dove l’artista viveva durante l’infanzia e i pesci tratti dall’interesse per la pesca praticata in gioventù. Il segno ci conduce tra questo insieme di simboli che solo la dimensione irreale del disegno ci può mostrare.