Cambiamenti Climatici: dobbiamo preoccuparci?

La ricerca ecologica a lungo termine condotta in Italia, ad opera del Consiglio nazionale delle ricerche di Verbania, evidenzia cambiamenti preoccupanti negli ecosistemi di alta quota.

  
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Le preoccupazioni circa le conseguenze dell’effetto serra, potenziato dalle emissioni di gas ad opera delle attività antropiche, sui sistemi naturali cominciano ora mai a trasformarsi in dati concreti.

L’impegno assunto a livello internazionale per contenere il riscaldamento globale con il Protocollo di Kyoto nel 1997 non è stato sufficiente , come neppure il vertice di Copenaghen del 2009: nessun vincolo giuridico a cui sottostare nel controllo delle emissioni né per i Paesi in via di sviluppo nè per quelli sviluppati.

E mentre sul piano politico, tutto sembra rimandato al 2015 e affidato al buon senso dei Singoli, cominciano ad arrivare dalla Comunità Scientifica i primi risultati allarmanti.

Il progetto internazionale Gloria, riguardante 764 specie di piante e basato sui dati di oltre 130 termometri digitali, ha rilevato una contrazione degli habitat alto montani in 42 vette europee su 60, tra cui alcune vette appenniniche studiate dall’Università del Molise.

Giorgio Matteucci, segretario della Rete di ricerca, dichiara:“Le serie storiche indicano che la temperatura minima in quota, nell’arco di dieci anni, è aumentata di 0,76°C”.

La diretta conseguenza del riscaldamento è una lenta crescita delle foreste: la poca pioggia riduce i tassi di crescita. E’ quanto emerge da un altro monitoraggio, relativo alle foreste del Tarvisio in Friuli seguite dal CFS, che mostra negli ultimi 5-10 anni un rallentamento del tasso di crescita di circa il 27%.

Questi risultati sono confermati dalla diminuzione dell’assorbimento di CO2 nelle annate secche, rilevata nella foresta abruzzese di Collelongo. Va anche segnalata la tendenza al prolungamento delle stagioni vegetative, evidenziata nella faggeta abruzzese e in un lariceto della Val d’Aosta monitorato da Arpa e Università di Torino.

“Anche il Lago Maggiore sta cambiando”, aggiunge Roberto Bertoni, vice coordinatore della rete Lter-Italia. “Negli anni ‘70 era affetto dall’eutrofizzazione. Oggi, in seguito all’entrata in funzione di numerosi impianti di depurazione, la concentrazione di clorofilla si è ridotta di circa il 60%. La temperatura degli strati d’acqua superficiali e profondi, tuttavia, dal 1980 è salita progressivamente”.

La tendenza al riscaldamento è ben visibile anche in mare. Lo dimostrano i dati raccolti dal 1991 dall’Università di Genova, sulla temperatura di superficie delle acque del Promontorio di Portofino, e quelli dell’Istituto di scienze marine del Cnr relativi all’Alto Adriatico.

Ed ora? Si continuerà a rimandare ancora la risoluzione del problema “cambiamenti climatici”?

Non bisogna dimenticare che la nostra esistenza dipende dagli ecosistemi naturali che sono per noi risorsa quotidiana di cibo, acqua e molecole dalle proprietà sanatorie. Leggi QUI il post completo