LegalNews: Consegna di assegni postdatati poi non onorati e truffa contrattuale

Qual è il confine tra semplice inadempimento contrattuale derivante dalla consegna – a titolo di pagamento – di assegni postdatati che poi non vengono onorati dall’emittente e la fattispecie di reato della truffa contrattuale? Del tema si è occupata nuovamente la Corte di Cassazione in una recente pronuncia.

  
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Con la recente sentenza n. 33441/2015 del 29 luglio 2015 la Suprema Corte ha trattato il tema della delimitazione della fattispecie di truffa c.d. contrattuale e della differenza intercorrente tra quest’ultima e il mero inadempimento di un’obbligazione, avente ovviamente rilevanza solo civilistica.

La Corte ha preso in esame la seguente fattispecie: un imprenditore, nell’esercizio della propria attività, consegnava all’addetto alle vendita di un’azienda un assegno postdatato a titolo di pagamento di una fornitura di beni a lui necessari per l’esercizio della propria attività; alla data prestabilita per l’incasso, però, il titolo risultava non onorato per mancanza di fondi sul relativo conto corrente. Nell’ambito del rapporto, poi, si verificavano altre due circostanze: in primo luogo, al momento delle trattative l’imprenditore si prodigava in rassicurazioni circa la propria solvibilità e il fatto che alla data indicata sul titolo avrebbe avuto a disposizione liquidità sufficiente ad onorare la propria obbligazione; in secondo luogo, l’azienda dell’imprenditore circa un anno e mezzo dopo l’emissione dell’assegno poi risultato privo di copertura veniva dichiarata fallita.

A fronte della fattispecie sopra delineata, veniva esercitata a carico dell’imprenditore l’azione penale per il perseguimento del reato di truffa c.d. contrattuale: in primo grado il Tribunale di Lodi proscioglieva l’imputato, mentre in secondo grado la Corte d’Appello di Milano – ritenuta configurabile la fattispecie di truffa aggravata e ritenuta l’aggravante compensata dalle attenuanti generiche – gli infliggeva una condanna a mesi sei di reclusione ed euro 160,00 di multa, con risarcimento del danno a favore dell’impresa truffata da liquidarsi in sede civile.

Il ricorso per cassazione dell’imputato si basava sul rilievo della genericità della ricostruzione dei fatti fornita dal querelante, non sufficiente a fugare ogni ragionevole dubbio circa la sussistenza dell’elemento materiale del reato di truffa, e sulla circostanza che sarebbe trascorso un lasso di tempo troppo grande tra l’emissione dell’assegno e il fallimento della società, per ritenere provata in capo all’imputato la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa e – quindi – l’elemento soggettivo del reato.

La Corte, rimanendo nel solco del proprio orientamento, ha rigettato il ricorso sottolineando che integra il delitto di truffa, perché costituisce elemento di artificio o raggiro, la condotta di consegnare in pagamento, all'esito di una transazione commerciale, un assegno di conto corrente bancario postdatato, contestualmente fornendo al prenditore rassicurazioni circa la disponibilità futura della necessaria provvista finanziaria: elemento sufficiente a differenziare la condotta costituente reato dal semplice inadempimento civilistico sarebbero perciò state le rassicurazioni fornite all’addetto all’ufficio vendite dell’azienda al momento della consegna del titolo. A ciò si aggiunga, peraltro, che a detta della Corte sarebbe idonea a rafforzare il convincimento del giudice in punto di elemento psicologico del reato la circostanza che la società dell’imputato fallì dopo un lasso di tempo tale che lo stato di decozione della stessa non poteva certo essersi creato solo negli ultimi mesi: da tale evento, quindi, sarebbe desumibile anche la consapevolezza in capo all’imputato della propria incapacità di onorare l’obbligazione contratta e, perciò, l’elemento soggettivo del reato.

Avv. Mattia Tacchini Leggi QUI il post completo