Marcovicchio: "Profughi: (tanti) diritti e (pochi) doveri"

Riceviamo e pubblichiamo, una nota del consigliere provinciale, Matteo Marcovicchio, riguardante la situazione profughi in città.

  
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Da un giorno sono rientrato a Verbania e ho trovato tutto come prima. In piazza a Intra, in pieno pomeriggio, un gruppetto di profughi si divideva tra le panchine e l’ombra delle piante parlando al cellulare o ascoltando musica. Un signore anziano, passando, li ha guardati e scuotendo la testa ha detto in dialetto “g’han niént da fà?”.

Non posso dargli torto perché, a prescindere dalle idee politiche, è una situazione assurda e che, soprattutto, nessuno capisce. Possibile che non debbano proprio far nulla? Che non abbiano, a fronte di mille diritti garantiti e gratuiti, un dovere che sia uno?

Vederli bighellonare è inopportuno perché fa montare il disappunto legittimo di chi, italiano o straniero, immigrato regolare o oriundo, lavora, paga le tasse, fa fatica a arrivare alla fine del mese e se chiede non può ottenere nulla perché non c’è nulla: casa, sussidio, aiuto allo studio, sanità (perché non tutta è gratuita!) etc...

Ed è diseducativo perché trasmette un messaggio profondamente sbagliato, di menefreghismo e opportunismo. Quante volte abbiamo sentito parlare con disprezzo dei giovani italiani “mammoni” e “bamboccioni”, mantenuti dai genitori, senza lavoro e senza voglia di fare?

Giovani che magari il lavoro non l’hanno perché quelli della generazione che li ha preceduti non si schioda dalle poltrone fin quando non muore o è troppo vecchia per occuparle. Giovani che però non sono mantenuti dallo Stato, non godono di ospitalità piena, illimitata e gratuita.

Questo è quanto viene garantito a questi ragazzi, la maggior parte dei quali non è profugo e sa già che dopo un anno e mezzo o due di “vacanza” (colpa di una burocrazia terribile e da voltastomaco) se ne dovrà andare, non si sa bene dove, né a fare cosa ma intanto è in là da venire e quindi ci sarà tempo per preoccuparsi.

Non do colpe a questi sedicenti profughi, che in fondo sfruttano solo il momento e il nostro buonismo, anche se creano un danno ai profughi veri, quella minoranza in fuga dai loro paesi, dalle persecuzioni. Quella minoranza che non va in piazza spensierata a parlare al cellulare o a ascoltare musica.

Il problema immigrazione è grande, va affrontato in altre sedi e non lo si può risolvere qui. Nel nostro piccolo però, auspico che la prefettura e gli enti locali – interpellerò in questo senso la Provincia e il presidente Costa, che li potrebbe impiegare anche solo per il trasloco dei Centri per l’impiego, del provveditorato o per le piccole manutenzioni a strade e scuole – rendano obbligatoria una qualche attività lavorativa o di partecipazione e che finalmente finisca questo bighellonare che irrita soltanto e crea malumore.

Matteo Marcovicchio – consigliere provinciale
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