LegalNews: La lavoratrice dissimula la gravidanza: legittimo il licenziamento?
La Corte di Cassazione (con la recente sentenza n. 13692/2015, depositata in data 03 luglio 2015) ha esaminato il caso di una lavoratrice che era stata licenziata per aver dissimulato il proprio stato di gravidanza, omettendo di comunicarlo al datore di lavoro.
Il datore di lavoro, non appena venuto a conoscenza dello stato della lavoratrice, la licenziava per giusta causa. Dopo che la Corte d’Appello di Messina aveva dichiarato la nullità del licenziamento intimato, l’azienda agricola presso la quale la lavoratrice aveva prestato la propria attività decideva di ricorrere per cassazione.
La Suprema Corte ha correttamente rilevato che la lavoratrice non è tenuta – né al momento dell’assunzione né successivamente – a portare a conoscenza del datore di lavoro il proprio stato di gestante, né il fatto di essere madre di un bimbo di pochi mesi; non può infatti ritenersi che l’art. 1175 c.c. (che prescrive il generale dovere di buona fede nell’esecuzione della prestazione) e l’art. 1375 c.c. (il quale sancisce l’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto) debbano essere interpretati nel senso di porre in capo alla lavoratrice un obbligo informativo di tale tipo.
La previsione di tale obbligo in capo alla lavoratrice gestante o puerpera, nonché la possibilità di erogare la sanzione del licenziamento per giusta causa in caso di violazione del medesimo obbligo, infatti, renderebbero inefficace la tutela della lavoratrice madre e violerebbero il principio della parità di trattamento tra uomo e donna sancito tanto a livello costituzionale che europeo.
Avv. Mattia Tacchini
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