LegalNews: pedone privo del giubbotto catarifrangente investito in autostrada: omicidio colposo?
Cosa accade se un automobilista investe in autostrada un pedone che, sceso dalla propria automobile incidentata, di notte non indossa il giubbotto catarifrangente? Può essere condannato per omicidio colposo? Vediamolo assieme.
Nella sentenza della Corte di Cassazione penale n. 24217/2015 è stato esaminato un caso molto interessante: di notte, a seguito di un incidente nella corsia di soprasso dell’autostrada, il guidatore – senza indossare il giubbotto catarifrangente – scendeva dalla propria auto e si intratteneva a conversare con l’altro occupante del mezzo, appoggiandosi a quest’ultimo, di fatto arrivando ad occupare la linea di mezzeria tra la corsia nella quale si trovava il suo veicolo e quella di destra, libera. Sopraggiungeva però (a 90 km/h con limite di 130 km/h) nella corsia di destra un altro automobilista che, utilizzando i fari anabbaglianti, si avvedeva della presenza del veicolo incidentato nella corsia di soprasso, evitandolo, ma – in assenza di illuminazione e della luce della luna – travolgeva in prossimità della linea di mezzeria il pedone che moriva sul colpo.
L’automobilista veniva sottoposto a processo per omicidio colposo, con l’accusa di non aver adottato tutte le cautele necessarie nella guida (tra le quali l’uso dei fari abbaglianti e l’ulteriore diminuzione della velocità): in primo grado il Tribunale di Nocera Inferiore assolveva l’imputato, mentre la Corte d’Appello di Salerno lo condannava.
La Suprema Corte, esaminando il caso sopra descritto, ha rilevato che:
a) l’automobilista correttamente al momento dell’investimento percorreva la corsia di destra che risultava libera da veicoli (quello incidentato, infatti, si trovava nella corsia di sorpasso);
b) l’automobilista era riuscito ad effettuare una manovra di emergenza, modificando la traiettoria ed evitando l’impatto con l’automobile incidentata;
c) l’art.141 co. I e II del codice della strada impone di moderare la velocità e di adottare tutte le condotte di guida idonee ad evitare problemi per la sicurezza: da tale norma, però, non può desumersi la circostanza che l’automobilista avrebbe dovuto ridurre ulteriormente la propria velocità di marcia (90km/h con limite di 130km/h), in quanto in tale caso avrebbe costituito intralcio alla circolazione, violando l’art. 141c co. VI del medesimo codice;
d) la vittima aveva tenuto una condotta massimamente imprudente: si tratteneva infatti a conversare con il passeggero rimasto all’interno del proprio veicolo, posizionandosi accanto a quest’ultimo in corrispondenza della linea di mezzeria; la vittima, peraltro, si trovava in un punto non visibile e non indossava il giubbotto catarifrangente, omettendo altresì di adottare qualsiasi cautela finalizzata a rendersi visibile.
Sulla base di tali premesse, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna.
Avv. Mattia Tacchini
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