LegalNews: il jobs act e il contratto a tutele crescenti nei licenziamenti collettivi
Dopo aver esaminato - nel contributo precedente - il regime dei licenziamenti individuali introdotto con il jobs act, in questa sede ci concentriamo sulle novità previste in materia di licenziamenti collettivi.
Come noto, la disciplina del licenziamento collettivo - più correttamente definibile come procedura di mobilità – si applica nei seguenti casi:
1. quando un’impresa che sta utilizzando lo strumento della cassa integrazione guadagni preveda di non essere in grado di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi e ritenga di non poter adottare misure alternative al licenziamento (art. 4 L. n. 223/1991);
2. quando qualsiasi impresa che occupi più di 15 dipendenti, compresi i dirigenti, a causa di una riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro, intenda operare almeno cinque licenziamenti nell'arco di centoventi giorni in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive site nella stessa provincia (art. 24 L. n. 223/1991).
Senza volerci addentrare troppo nell’esame di tale procedura, piuttosto complessa, in questa sede è sufficiente ricordare che la mobilità prevede una serie di cautele, come la partecipazione delle organizzazioni sindacali (alle quali devono essere indirizzate apposite comunicazioni), delle autorità amministrative competenti, nonché la previsione di criteri (ad es., carichi di famiglia, anzianità, ecc.) previsti dalla contrattazione collettiva per la individuazione dei lavoratori da porre in mobilità.
La violazione della procedura di mobilità (ad esempio operando più licenziamenti individuali contemporanei per mascherare un licenziamento collettivo) oppure dei criteri di scelta, prima dell’entrata in vigore del jobs act veniva sanzionata generalmente con la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro; dopo l’entrata in vigore della riforma, avvenuta in data 07 marzo 2015, la disciplina è parzialmente mutata:
- in caso di licenziamento intimato senza l’osservanza della forma scritta: viene mantenuta la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ossia la possibilità di ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro, fatta salva la facoltà per il lavoratore di optare per la indennità sostitutiva pari a 15 mensilità rinunciando alla menzionata reintegrazione (art. 10 D.Lgs. n. 23/2015);
- in caso di violazione delle procedure e dei criteri di scelta sopra menzionati: il licenziamento rimane fermo e si prevede solo una tutela risarcitoria a favore del lavoratore, pari a due mensilità per ciascun anno di anzianità, in misura non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro (art. 10 D.Lgs. n. 23/2015) mensilità.
Infine, è opportuno sottolineare che le modifiche apportate dal jobs act riguardano solo i rapporti di lavoro stipulati dopo la sua entrata in vigore, ossia successivamente al 07 marzo 2015, mentre i rapporti sorti prima di tale momento sono sottoposti alla precedente normativa.
Avv. Mattia Tacchini
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