LegalNews: La responsabilità civile dei magistrati
E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 18/2015 sulla disciplina della responsabilità civile dei magistrati: quando si può fare causa allo Stato per un errore commesso da un magistrato e quando lo Stato può rivalersi sul giudice che ha causato il danno?
Visto che l’argomento odierno è particolarmente sentito e il dibattito politico – nonché la risonanza mediatica relativa – sono stati ampi, voglio premettere che il presente contributo è privo di qualsiasi connotazione politica: esso, infatti, ha il solo scopo di chiarire quali siano i confini dell’istituto preso in esame. Sulla normativa, dunque, ci concentreremo.
La Legge n. 18/2015 ha apportato numerose modifiche alla Legge n. 117/1988 (c.d. “Legge Vassalli”) che disciplina il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati.
Prima di entrare nel merito della nuova normativa, dedichiamo alcuni cenni alla procedura che deve necessariamente essere seguita da chi affermi di essere stato danneggiato dall’operato di un magistrato: costui deve infatti incardinare una causa civile nei confronti dello Stato (in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri), avanti al tribunale che viene individuato sulla base di appositi criteri volti ad evitare che la causa relativa ad un presunto errore commesso da un magistrato venga decisa da giudici del medesimo organo giurisdizionale. Nel caso in cui la causa civile incardinata abbia esito positivo e venga corrisposto un risarcimento, in presenza di alcuni presupposti lo Stato può rivalersi sul magistrato che ha commesso l’errore.
Più nel dettaglio, ai sensi dell’art. 2 co. I della L. n. 117/1988 il danno deve essere risarcito dallo Stato quando è stato causato da una comportamento, un atto o un provvedimento del magistrato posto in essere con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni oppure a causa di un diniego di giustizia. Ecco alcuni cenni sulle singole ipotesi:
1. Dolo: quando il magistrato tenga il comportamento, emetta l’atto oppure formuli il provvedimento dannoso con la volontà di arrecare il danno.
2. Colpa grave: quando, ai sensi dell’art. 2 co. III della L. n. 117/1988, il magistrato vìoli in modo manifesto la legge o il diritto dell'Unione europea, travisi il fatto o le prove, oppure affermi un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o neghi un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, ovvero emetta un provvedimento cautelare fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.
3. Diniego di giustizia: quando il magistrato rifiuti, ometta o ritardi un atto del suo ufficio se, trascorso il termine di legge per il compimento dell'atto, la parte interessata abbia presentato istanza per ottenere il provvedimento e siano decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria della detta istanza.
Ai sensi dell’art. 7 co. I della L. n. 117/1988 il Presidente del Consiglio dei Ministri, in rappresentanza dello Stato, entro due anni dal risarcimento ha l'obbligo di esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di diniego di giustizia nonché nei casi in cui la violazione manifesta della legge o del diritto dell'Unione europea oppure il travisamento del fatto o delle prove sono stati causati da dolo o negligenza inescusabile del giudice. La rivalsa, salvo il caso di dolo del magistrato, non può superare una somma pari alla metà di una annualità dello stipendio percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è stata proposta.
Avv. Mattia Tacchini
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