Fisconews: Anticipo del TFR in busta paga.
La neo approvata Legge di Stabilità 2015 disciplina, a favore dei lavoratori dipendenti, la possibilità di richiedere la liquidazione periodica delle quote maturate mensilmente relative al trattamento di fine rapporto.
👤 Dott. Luca Tarabella ⌚ 13 Febbraio 2015 - 08:01 Commentaa-
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Il TFR ricopre in via generale una duplice funzione: quella di “risparmio forzoso” a beneficio dei lavoratori e quella di finanziamento “agevolato” per le aziende.
I commi dal 26 al 34 della Legge di Stabilità 24 dicembre 2014, n. 190 stabiliscono, in via sperimentale per il periodo che va dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 (40 mesi), la facoltà per i lavoratori dipendenti del settore privato, di richiedere ai propri datori di lavoro la corresponsione della quota mensile del TFR.
I soggetti destinatari e beneficiari della nuova normativa sono, come già accennato, i lavoratori dipendenti occupati esclusivamente nel settore privato.
Rimangono invece esclusi:
i lavoratori domestici;
i lavoratori del settore agricolo;
i datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali;
le aziende dichiarate in crisi ai sensi dell’articolo 4 della citata legge n. 297 del 1982.
Per quanto riguarda i requisiti, gli stessi risiedono nella necessità che i lavoratori risultino occupati da almeno sei mesi presso il medesimo datore di lavoro.
La manifestazione di volontà, nel momento del suo esercizio, diviene irrevocabile fino al 30 giugno 2018. Conseguentemente, in caso di mancata espressione della volontà stessa, resta valida la normativa vigente individuabile all’art 2120 del codice civile.
Affinché i lavoratori possano avanzare la richiesta di liquidazione mensile del TFR è necessaria l’emanazione di apposito D.P.C.M. attuativo per stabilire le modalità di attuazione della normativa.
La Legge di Stabilità 2015 prevede che la liquidazione della quota trattamento di fine rapporto potrà avvenire mensilmente quale parte integrativa della retribuzione corrente, ammettendo anche la richiesta di corresponsione delle quote mensili destinate ai fondi pensionistici complementari previsti dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.
La misura è adottata in via sperimentale per i periodi paga ricompresi tra 1° marzo 2015 e il 30 giugno 2018.
Ai fini della tassazione e della contribuzione previdenziale e assistenziale il testo di legge chiarisce che la quota mensile del TFR:
diviene parte integrativa della retribuzione e risulta assoggettabile a tassazione ordinaria (con riconoscimento delle ordinarie e vigenti detrazioni d’imposta);
non è imponibile ai fini previdenziali (nulla viene indicato ai fini dei premi Inail);
non rileva ai fini della verifica dei limiti di reddito complessivo per la corresponsione del bonus 80 euro;
non rileva ai fini della determinazione e tassazione del trattamento di fine rapporto ai sensi art. 19 Tuir 917/1986;
La normativa in esame prevede poi che, ai fini della liquidazione mensile delle quote di trattamento di fine rapporto, rimangano salve e ferme le disposizioni relative ai versamenti al Fondo di Tesoreria INPS per le aziende con più di 50 dipendenti (L. 27 dicembre 2006, n. 296 commi 755 e 756). È da precisare che dal tenore letterale della norma non sembra ravvisarsi uno specifico divieto alla richiesta di liquidazione mensile del TFR per i lavoratori assunti in aziende con oltre 50 dipendenti. In tale contesto risultano urgenti i necessari chiarimenti da parte dell’INPS in merito alla compensazione delle quote destinate al Fondo Tesoreria.
Nei confronti dei datori di lavoro con meno di 50 lavoratori, invece, è data la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati – assistiti dalla garanzia prestata sia dal Fondo Garanzia INPS che da apposito Fondo istituito dallo Stato – presso gli istituti di credito. In tal caso gli stessi si avvarranno dell’esonero dal versamento del contributo dello 0,50% al Fondo di Garanzia INPS, rimanendo tuttavia soggetti ad un versamento a beneficio del neo costituito Fondo di Garanzia per l’accesso ai finanziamenti tenuto presso l’INPS (pari allo 0,20% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali).
La mancata opzione ai finanziamenti agevolati comporterà il mantenimento delle misure compensative previste per le forme di previdenza complementare e in particolare la deducibilità dal reddito di impresa di un importo pari al 6% del TFR destinato a tali forme pensionistiche.
L’accesso ai finanziamenti (concessi dagli istituti di credito convenzionati) è fruibile solo a seguito di tempestiva richiesta all’INPS di un’apposita certificazione con la quale si attesti il trattamento di fine rapporto maturato per ciascun lavoratore.
È opportuno precisare che al fine del computo dell’organico in forza (più o meno di 50 dipendenti), la normativa nulla dispone, presupponendo pertanto valida la vigente disciplina ex D.lgs. 252/2005.
Infine la Legge di Stabilità al comma 623 dell’art. 1, modifica le previsioni di cui all’art. 11, comma 3 del D.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, innalzando così, dal periodo d’imposta decorrente al 1 gennaio 2015, la tassazione a mezzo aliquota sostitutiva, della rivalutazione sul trattamento di fine rapporto che viene ora fissata al 17% (11% sino al 31 dicembre 2014).
Studio Tarabella LucaDottore Commercialista e Revisore dei Conti
(fonte: fisco7.it - Francesco Geria – LaborTre Studio Associato)
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