Il problema c’è(m)

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa da parte di Agenda2020 Onlus, sul CEM

  
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Contributo per l’incontro pubblico sul
Centro Eventi Multifunzionale di Verbania

Il problema c’è(m)

Premessa

Poco meno di un anno fa nell’indagine qualitativa da noi avviata (Agenda Cultura: Cultura e città mediale) dalle risposte degli intervistati (opinion leader del settore) emergeva rispetto al CEM una sostanziale non conoscenza e sospensione di giudizio da parte dei non verbanesi mentre “quelli verbanesi davano valutazioni tendenzialmente negative per l’opera in sé considerata faraonica per dimensioni e costi oltre che per la posizione segnalata come poco idonea”.
Sottotraccia, e talvolta in maniera esplicita, emergeva quello che potremmo definire:

Scenario 1
Una sorta di cattedrale nel deserto, dai tempi lunghi di costruzione, destinata a non essere completata e ad aggiungersi agli edifici nel tempo ridotti a rudere che sovrastano il nostro lago: dalla Colonia Motta alla Villa Poss passando per l’Eden.

I tempi rapidi di realizzazione dell’opera e il suo iniziare a configurarsi quale struttura complessiva non solo mette fuori campo quello scenario ma sta visivamente modificandone la percezione da parte dei verbanesi. Subentra allora in molti commenti quello che potremmo definire:

Scenario 2
L’opera viene completata ed inaugurata, all’inizio con un certo riscontro. Rapidamente però criticità e costi di gestione eccessivamente alti orientano verso il piccolo medio cabotaggio per ridurre spese e deficit. L’utilizzo è saltuario e nelle pause l’area tende a degradarsi (erbacce, siringhe e quant’altro).
Vari tentativi di gestione falliscono e l’Amministrazione si ritrova con un deficit incolmabile che la porta al fallimento.
L’immagine suggerita è quella dell’ancora troppo pesante che fa affondare la nave.

Scenari n, x … ?
Quali altri scenari possono aprirsi? Con l’incontro di questa sera l’Amministrazione comunale pone la città di fronte al quesito. Ci sembra un buon inizio.
Da problema a risorsa?
Perché diventi tale è necessario che l’intera comunità cittadina, in tutte le sue articolazioni, faccia propria la sfida sapendo che si tratta di una sfida decisamente impegnativa.
Ci pare archiviato il tempo del dibattito Teatro Si / Teatro No, CEM Si / CEM No e che sia invece il tempo di aprire un confronto di idee e proposte a tutto campo.

Agenda 20 20 da pochi giorni si è costituita in Associazione di Promozione Sociale allargando la propria area di coinvolgimento rispetto all’iniziale matrice verbanese. Quello che segue è il nostro contributo all’incontro di questa sera con l’augurio che il confronto prosegui e si allarghi.


Cosa fare?
Qual è il senso di questa serata? Crediamo debba essere quello di avviare la costruzione di un progetto culturale attraverso il dialogo ed il confronto tra pensieri ed idee, un progetto culturale che non sia disgiunto da una riflessione sull’idea di città (e di territorio) e dall’elaborazione di un’idea di futuro della città.
Il modello di successo di piccole e medie città (Mantova, Trento, Rovereto, Matera, …) non è “l’evento” o una sommatoria di “eventi”, bensì il format di un progetto culturale che nasce dal territorio, dove la cultura si costruisce e si distribuisce in una rete che supera alcuni dualismi: centro/periferia, cultura alta/cultura popolare, piccolo/grande, mentalità aperta/mentalità chiusa, localismo/gigantismo, ecc.
Una rete sociale, e una rete di luoghi:
- la rete formata dalla pluralità dell’associazionismo e di tutte le realtà culturali della città e del territorio, che nel confronto e nell’elaborazione delle proposte sia in grado di mobilitare e mettere in condivisione le proprie “reti corte” e “reti lunghe”;
- la rete dei luoghi e quella delle architetture semantiche in una trama inedita che leghi il moderno del CEM con il genius loci del lago,
Il successo di una architettura, seppur bella e accattivante, oltre che dalla location, dipende da due condizioni: la sua metabolizzazione nell’intorno urbano con le sue funzioni, la sua riconoscibilità ed il suo appartenere alla comunità (il CEM quindi non separato da Villa San Remigio, Villa Taranto, villa Giulia, Museo del paesaggio, Casa Ceretti, Biblioteca, Casa del lago, Casa della Resistenza, … ma anche da Letteraltura, Editoria e Giardini, Paesaggio a colori … e dai necessari progetti che non possono viaggiare a compartimenti stagni).
Alla strategia del “fare insieme” serve una forte mobilitazione delle forze della cultura. È a tal fine necessario che l’Amministrazione comunale promuova e garantisca, con spazi e supporti logistico-organizzativi, una cultura della progettualità partecipata ed integrata alla vigilia del nuovo ciclo di programmazione europea, banco di prova per l’accesso a risorse con progetti specifici. Il sostegno economico-finanziario pubblico e privato sarà infatti indispensabile, non solo per manutenere la struttura, ma, cosa più importante, per assicurarne la qualità dell’offerta.
La via entro cui incanalare il percorso di valorizzazione del CEM crediamo sia quella di una forte integrazione che rispetti l’interdipendenza dei tre strumenti strategici che ne stanno alla base:
- un solido e lungimirante progetto culturale che ne definisca l’identità,
- un plausibile progetto gestionale che ne assicuri la sostenibilità,
- un forte progetto urbanistico che lo connetta saldamente all’intorno, alla città e al territorio.
È certamente utile individuare una idea guida, un leit motiv, un brand che caratterizzi il progetto complessivo e che dia l’impronta e la riconoscibilità ad attività ed iniziative proiettandosi in un bacino di utenza ben più vasto di quello comunale e provinciale, a partire dalla sponda lombarda ed elvetica del lago. Questa idea guida potrebbe coincidere con quella che costituisce la risorsa capitale di questi territori, con quella sorta di denominatore comune che lega e connette potenziali e aspirazioni: il paesaggio, l’incontro dell’arte e della cultura con il paesaggio, il paesaggio che vive nell’arte e nella cultura.
È però necessario non adagiarsi su soluzioni parziali, minimali, di basso profilo, inchiodate al contingente, ma accettare la sfida di un progetto complessivo che sappia mirare alto e guardare lontano, il solo che può trasformare un azzardo, quale è oggi il CEM, in autentica risorsa per la città e il territorio.

Come fare?
Una giusta obiezione a questa proposta è che richiede tempi di realizzazione non certo brevi, mentre il CEM sarà pronto fra un anno.
È allora necessario avviare non uno ma due percorsi: uno di breve e l’altro di medio-lungo periodo. Entrambi devono essere avviati al più presto, ma procedere con obiettivi e tempi diversi.
Il primo ha l’obiettivo di predisporre il presidio della struttura dal giorno in cui entra in funzione, per scongiurare il rischio di degrado che rapidamente assale manufatti isolati e scarsamente utilizzati e per un primo avvio parziale delle attività. Il secondo ha come obiettivo la piena valorizzazione della risorsa. Ovviamente i due percorsi devono armonizzarsi.
Ciò può avvenire, innanzi tutto,
1. con la costituzione, su iniziativa dell’amministrazione comunale, di un forum di coordinamento dei soggetti culturali del territorio, non per allestire una sommatoria di singole proposte, ma per produrre una convergenza su linee guida di progetto condivise, tenendo conto anche delle precedenti elaborazioni che il territorio ha prodotto;

2. il passo immediatamente successivo dovrebbe essere la costituzione di un tavolo progettuale in cui siano presenti rappresentanti dell’amministrazione e del forum, integrati e supportati da sicure competenze professionali adeguate sia alla programmazione e all’avvio del percorso di breve periodo, che, soprattutto, alla formulazione dei tre progetti (culturale, gestionale, urbanistico) che convergono nel progetto complessivo ed alla loro implementazione.
Un limite deve essere superato. Questa struttura, che si proclama multifunzionale, in realtà multifunzionale non è o lo è assai debolmente: l’impianto progettuale e funzionale è essenzialmente quello del teatro-sala da concerto, ma considerato come tale appare irrealistico un piano gestionale sostenibile nel contesto territoriale in cui è collocato; come pure quell’impianto, anche per l’inadeguato supporto alberghiero, rende assai improbabile una funzionalità significativa di tipo congressuale.
Si rende perciò indispensabile ricavare dagli scarsi spazi di manovra disponibili elementi che permettano di forzare al massimo una reale praticabilità multifunzionale, come l’impiantistica, gli arredi e gli interventi strutturali leggeri.
Per questa ragione, ma anche per quella necessità di presidio permanente della struttura sopra ricordata, occorre che siano previsti ulteriori impieghi del CEM, che non si limitino all’offrirsi come sede di attività ed iniziative occasionali o estemporanee, superando la logica frammentata della successione di eventi.
Alcuni caratteri qualificanti e caratterizzanti questa multifunzionalità il CEM dovrà assumerli fin dal principio configurandosi come luogo in cui cultura e arte possano convivere quotidianamente.
Ciò è possibile solo se la struttura sarà “abitata” da coloro che cultura e arte producono e fruiscono, collocandovi stabilmente alcune delle associazioni e delle istituzioni culturali più significative ed attive del territorio ed allestendo spazi espositivi per la produzione artistica di eccellenza del territorio come, ad esempio, quella degli strumenti musicali (dai legni e gli ottoni di Quarna, agli organi del varesotto, alla liuteria del Verbano) ed anche favorendo una frequentazione più ampia facendone un luogo di multimedialità sperimentata e fruita ed area di libera connettività.
Ed infine …, sì, … forse questo luogo merita un nome più consono ed evocativo.


Verbania, 22 gennaio 2015

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