"L'insostenibile pesantezza dell'apparire"
Riceviamo e pubblichiamo, dal blog pensieridizorro.blogspot.it, un post riguardante il Centro Eventi Multifunzionale dal titolo "L'insostenibile pesantezza dell'apparire".
👤 Redazione ⌚ 14 Dicembre 2014 - 10:17 Commentaa-
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Hei ragazzi, finalmente il manufatto è lì da vedere in tutta la sua imponenza! Va be’ che non è ancora finito........è da un po’ che manco dalla mia Verbania, ieri l’altro mi stavo recando lemme lemme a piedi da Pallanza ad Intra lungo la ciclabile quando all’improvviso............parlapà..... corbezzoli..........controberzoccoli.........sono rimasto praticamente senza fiato e con la mascella penzoloni. Poi gradualmente mi è preso come un blocco digestivo tipo chiodo nello stomaco.........perbacco l’imponenza sicuramente c’è, non manca prorio per nulla.......eppure.....c’è qualcosa che non mi convince, come una sensazione che mi prende l’apparato digerente........cosa diavolo potrà mai essere?
E poi perchè diavolo? Dopo tutto l’aspettare questa meravigliosa opera di architettura postmoderna. Come si spiega la faccenda? E poi. Ma come diavolo faranno quegli imponenti muraglioni di cemento armato perfettamente squadrati a prendere la forma dei gigantesci, tondeggianti, immensi ciottoloni da fiume rappresentati nel cartellone??
Carissimo Zorro,
appena ricevuta la tua mail ci siamo precipitati sul posto.
Proponiamo ai nostri lettori un esperimento di tipo puramente visivo che possa accertare, confermare o smentire la reazione assolutamente istintiva del nostro impagabile eroe. Recatevi, rigorosamente a piedi, nei pressi dell’imponente manufatto.
Il parco di villa Maioni va benissimo. Poi, fuori dal parco verso lago sulla spiaggetta libera miracolosamente in salvo. Poi lungo il sentiero esterno che costeggia il muro di cinta della villa ed infine salite sulla statale dalla quale è possibile abbracciare in un unico sguardo il parco della biblioteca, villa Maioni e l’imponente nuovo manufatto. Osservate bene e diteci quale è la vostra reazione puramente istintiva.
La nostra è stata terribilmente simile -non poteva evidentemente essere altrimenti- a quella del nostro romantico eroe. Ci sentiamo di affermare, salvo smentita tramite verdetto popolare, che Arroyo, ancorchè brillante architetto postmoderno, forse de-costruttivista, deve aver sbagliato qualcosa.
Sia ben chiaro. Non abbiamo alcun elemento per affermarlo se non la comunissima, normale percezione puramente visiva a disposizione di chiunque. Può essere che Verbania avesse bisogno di una imponente opera per ospitare un teatro che poi, come se non bastasse il teatro, è diventato ancora di più. Addirittura un Centro Eventi Multifunzionale. Può darsi. Non vogliamo nè possiamo, per ora, entrare nel merito di questo aspetto tecnico-funzional-culturale della faccenda.
Ci limitiamo a qualche considerazione di ordine squisitamente visivo-formale. Dalla quale non è detto che non si possa inferire qualche ipotesi sul piano dell’utilizzo del manufatto e della sua "misura" anche in questo senso. Secondo noi, e ci assumiamo la piena, completa ed esclusiva responsabilità della affermazione, il buon Arroyo ha sbagliato nientepopodimenoche LA MISURA del manufatto o edificio.
E, se così fosse, per un architetto, ancorchè postmoderno e brillante, la cosa è grossa. Cosa intendiamo per misura? Intendiamo una cosa semplicissima. Le dimensioni materiali espresse in metri. Lunghezza. Larghezza. Altezza. Un manufatto o edificio ha delle dimensioni ed è sempre inserito in un certo ambiente che lo circonda. Per forza.
Ebbene la nostra netta sensazione è che il manufatto sia TROPPO GRANDE rispetto al contesto nel quale è inserito. Parco di villa Maioni, villa Maioni, spiaggetta libera ed estuario totalmente divorati dall’ingombrante presenza. Siamo rimasti a guardare per una buona mezz’ora dal punto panoramico sul marciapiede della statale di cui si diceva prima. Provateci anche voi e diteci cosa ne pensate. Valutando a spanne visive, il manufatto per creare un rapporto di rispettosa armonia con il contesto avrebbe dovuto essere, secondo noi, molto più piccolo. Diciamo circa la metà o, massima concessione, i due terzi dell’attuale.
Ma non basta. Anche noi, esattamente come il nostro impagabile eroe, dopo aver attentamente osservato il cartellone sul cancello del cantiere ci siamo sorpresi per la profonda differenza tra le forme costruite e quelle disegnate. E ci siamo chiesti come diavolo avrebbero fatto a trasformare le une nelle altre. Pochi giorni dopo abbiamo avuto la risposta. Dagli addetti ai lavori. In questo caso gli operai del cantiere che hanno incominciato a posizionare sui muri esterni perfettamente verticali, come ogni muro che si rispetti deve necessariamente -forse è un azzardo!!- essere, una serie di enormi centine curve in legno che vanno dalla non-grondaia alla base dei diversi blocchi.
Svelato il mistero. Gli edifici interni in normale cemento armato e normalmente squadrati diventeranno immensi ciotttoli da fiume tondeggianti tramite un rivestimento esterno appiccicato all’esterno dell’interno! Particolare non trascurabile: le curve delle centine esterne di cui sopra sono piene di discontinuità assolutamente non volute ma dovute ad imperizia dei costruttori che non hanno evidentemente mai sentito parlare di che cosa è una curva avviata. Parabolica, circolare o iperbolica che essa sia.
Come invece sapevano benissimo, fino a non molto tempo fa, persino i garzoni dei maestri d’ascia costruttori di navi e pescherecci in legno massiccio. Sulle centine verrà poi, immaginiamo, steso un avveniristico materiale elastico ed ultraresistente a configurare il "ciottolo". Il tutto sarebbe semigeniale se non fosse decisamente anti-architettonico. "Form follows function" (la forma segue la funzione) diceva il buon Sullivan(°) nei bei tempi andati per sempre. Per sempre? Qui non solo la forma non segue per niente la funzione ma addirittura si sovrappone ad essa nell’intento di apparire un qualcosa che non è. Quando, da che mondo è mondo, una bella architettura si distingue per tre principi di base. Primo la sua misura. Possibilmente umana.
Secondo il corretto ed equilibrato rapporto tra manufatto e contesto che lo ospita. Terzo un corretto ed equilibrato rapporto tra forma finale o esterna e funzione o utilizzo interno dello spazio creato dalla forma. Forse che Arroyo innamoratosi delle forme ciottolesche dei nostrani ciottoli da fiume si sia lasciato prendere la mano e abbia fatto un’opera di scultura anzichè una di architettura? O, peggio, nè l’una nè l’altra? Per la verità il "vizio" era già evidente in Arroyo 1 di Piazza F.lli Bandiera della precedente Amministrazione Zanotti. Progetto poi "potenziato" e spostato, dalla successiva, qui all’estuario del S.Bernardino.
Potrebbe essere inferita qualche valutazione non puramente visiva a partire dall’esame puramente visivo? Pensiamo che potrebbe, se e vero come e vero che al mondo niente è casuale e che quello che si vede di una cosa -insomma la sua forma- di qualsiasi cosa si tratti, è in qualche modo collegato a quello che la qualcosa è. O non è. O pretende di essere.
In base a questa teoria gestaltico-fenomenologica nella quale fermamente crediamo, allora potrebbero -potrebbero sia ben chiaro- essere avanzate almeno due ipotesi inferenziali.
La prima : può essere che il CEM sia decisamente sovradimensionato oltre che visivamente, anche rispetto alle reali esigenze sociali e culturali della nostra amata cittadina? Anche considerando il circondario prossimo e meno prossimo?
La seconda: può essere che il CEM abbia la pretesa di apparire, e non solo formalmente, per quello che non è che forse -forse sia ben chiaro- non potrà mai essere?
Ma niente paura. In tale sciagurata eventualità, potremo sempre contare su frotte di turisti scaricati da file di torpedoni che verranno da tutto il mondo per vedere una delle grandi opere della grande "archistar" Arroyo. A che cosa serva e perchè sia stata costruita è particolare di nessuna importanza di fronte alla spettacolarità formale del manufatto. In un unico biglietto potrebbe essere compresa la visita all’altra cattedrale architettonica nel desertico VCO. Stessa storia. Medesima sorte. Il Parco Tecnologico nella piana del Toce del non meno famoso, forse, ma decisamente nostrano architetto italiano Aldo Rossi.
Come vorremmo sbagliarci!
Per dimostrare che non siamo dei completi svitati & nostalgici chiudiamo con una autorevole citazione:
"Nell’odierna "società dello spettacolo" anche questa pratica
(l’architettura ndr) si orienta verso costruzioni scenografiche, firmate dalle cosiddette archistar. Questa architettura autoreferenziale e globalizzata produce spesso opere di grande impatto estetico, ma poco correlate alle funzioni interne e talvolta non perfettamente integrate con l’ambiente: l’esempio più popolare è il Guggenheim di Frank Gehry a Bilbao. Il motto di Sullivan (form follows function ndr) può allora servire da monito per evitare le seduzioni delle forme che sono solo immagini, mere esteriorità e offrire una guida verso un’architettura che esprima attraverso la forma una relazione equilibrata fra uomo e natura nel rispetto dell’identità dei luoghi e delle culture locali."
Elisabetta Di Stefano. Università di Palermo. Leggi QUI il post completo