LegalNews: La contestazione disciplinare a carico del lavoratore subordinato
Nella vita di un lavoratore subordinato, purtroppo, può accadere che il datore di lavoro emetta una contestazione disciplinare e, successivamente, una sanzione: qual è il procedimento corretto e quali sono le garanzie che l’ordinamento prevede per il lavoratore?
L’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato comporta che il datore di lavoro possa esercitare un potere disciplinare: infatti, in caso di inosservanza - da parte del lavoratore - dei propri obblighi contrattuali, il datore di lavoro può irrogare sanzioni a carico del dipendente.
Il potere sanzionatorio del datore di lavoro, però, non può essere esercitato liberamente; richiede, perciò, che egli segua la procedura disciplinare prevista dalla L. n. 300/1970, ossia dallo Statuto dei lavoratori, e dai CCNL (contratti collettivi nazionali di lavoro) siglati dalle associazioni che rappresentano datori di lavoro e lavoratori.La procedura è prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, che deve essere necessariamente combinato con i citati CCNL di categoria, che possono prevedere delle deroghe a tale normativa, solo nel caso in cui siano più favorevoli per il lavoratore.
Innanzitutto è necessario sottolineare che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni per le quali può essere applicata la procedura disciplinare nonché alle procedure di contestazione (come previsto dall’art. 7 co. I dello Statuto), devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Il regolamento disciplinare, in altre parole, deve essere affisso in un luogo dove tutti i lavoratori possano vederlo.
Esaminiamo ora, sommariamente, la procedura disciplinare.
Quando il datore di lavoro ritiene che il lavoratore debba essere sanzionato a causa di un comportamento non conforme agli obblighi derivanti dal contratto di lavoro, non potrà direttamente irrogare la sanzione disciplinare: egli, infatti, dovrà prima contestare l’addebito, ossia la condotta ritenuta non conforme a tali doveri. La contestazione dovrà avere forma scritta, essere inviata con raccomandata con ricevuta di ritorno (oppure con “raccomandata a mano”) ed essere tempestiva (dovrà quindi essere inviata, pur se non è previsto un termine rigoroso, con sollecitudine) e specifica (sono illegittimi, dunque, gli addebiti di natura generica).
Nella contestazione disciplinare deve necessariamente essere inserito l’invito, rivolto al lavoratore, a fornire chiarimenti; essi potranno essere verbali, per iscritto oppure forniti in apposito incontro che il lavoratore può chiedere al datore di lavoro, facendosi assistere anche da un rappresentante sindacale. Al lavoratore, peraltro, in sede di contestazione non può essere attribuito un termine inferiore a cinque giorni, dalla ricezione della contestazione, per fornire i propri chiarimenti.
Una volta sentito il lavoratore, se quest’ultimo ritiene di fornire giustificazioni, il datore di lavoro può decidere di irrogare la sanzione disciplinare. Le tipologie di sanzioni previste dai CCNL sono: il richiamo verbale; il richiamo scritto; la multa (espressa in termini di ore di retribuzione); la sospensione (di durata pari ad alcuni giorni di lavoro); il licenziamento. Al pari della contestazione, anche la sanzione disciplinare deve essere tempestiva, nonché proporzionale alla gravità dell’addebito contestato.
Qualora il lavoratore ritenga che la sanzione irrogata sia illegittima o sproporzionata, infine, potrà impugnarla secondo le norme dello Statuto dei lavoratori.
Avv. Mattia Tacchini
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