Teatro di Locarno: "Uomo e Galantuomo»"
La stagione di prosa al Teatro di Locarno inizia con un omaggio alla grande drammaturgia di Eduardo De Filippo, con il classico «Uomo e Galantuomo», commedia agrodolce dal sapore farsesco in cartellone le sere di martedì 4 e mercoledì 5 novembre.
👤 Redazione ⌚ 29 Ottobre 2014 - 10:50 Commentaa-
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Nell'allestimento diretto da Alessandro D’Alatri, la pièce giunge a Locarno sull'onda del consenso di pubblico e critica raccolto al Festival di Borgio Verezzi: qui, dove debuttò la scorsa estate, lo spettacolo si è aggiudicato il Premio Camera di Commercio di Savona per la qualità della messa in scena e per l'interpretazione dei protagonisti, tra i quali spiccano veterani come Gianfelice Imparato e Giovanni Esposito.
«Uomo e Galantuomo» è un testo che ebbe una sua particolare evoluzione: scritta nel 1922, quest'opera nacque come atto unico, per poi svilupparsi in tre atti e, in quest'ultima forma, conquistare il palcoscenico nel 1933.
La ricetta della commedia degli equivoci, quella in cui Eduardo era maestro indiscutibile, si rivela infallibile in questa storia di «teatro nel teatro»: una compagnia di guitti di poche speranze deve mettere in scena una commedia. Sin dall’inizio emergono molte difficoltà, e in una situazione siffatta, irrompe sulle scena (della vita, non teatrale) il fratello della prima attrice, determinato a imporre nozze riparatrici tra costei e il capocomico che l'ha messa incinta.
Le cose, come si può supporre, non saranno così semplici, perché la verità non è mai così netta e comprensibile, in una girandola di scambi di ruoli e responsabilità. Nell'opera affiorano tutti i temi che Eduardo avrebbe scandagliato in futuro con penna mirabile: il perbenismo borghese, i tradimenti (le classiche «corna»), le alchimie famigliari e la fame che spinge al compromesso.
Insomma, quando le difficoltà della vita si fanno pressanti, non è sempre facile tenersi in equilibrio tra le necessità dell'Uomo e le regole del Galantuomo. “È uno spettacolo compatto – spiega il protagonista Gianfelice Imparato - senza cali di tensione. Si riesce a ridere per tutti i tre atti. Il nostro approccio al testo è stato di assoluto rigore filologico, e il linguaggio usato da Eduardo, pur essendo napoletano, è molto comprensibile”.
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