Comitato Salute VCO su sanità locale

Riceviamo e pubblichiamo, una nota del Comitato Salute VCO, riguardante il futuro della sanità locale.

  
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La comparsa nei giorni scorsi di un’intera pagina de La Stampa dedicata al progetto dell’ospedale unico che nel 2002 era previsto a Piedimulera, poi cancellato a seguito di un referendum provinciale che ne decretò la morte nel 2007, ci ha francamente allarmato.

Le elezioni del 2024, pur registrando il “bis” del centrodestra, hanno però cambiato radicalmente la mappa interna del potere in Consiglio regionale.

Il ridimensionamento del consenso leghista, che tanti danni ha causato, può aver convinto la coalizione che governa a dare una risposta concreta alle richieste dei cittadini, che da più parti chiedono da anni, noi compresi, di abbandonare l’assetto ospedaliero fondato su tre ospedali a favore di quello basato su un nosocomio solo.

Avvertiamo, però, il pericolo che venga resuscitato il “progetto Piedimulera”.

Crediamo, quindi, che sia utile ricordare qui i motivi di buonsenso per i quali, in passato, abbiamo avversato questa soluzione e che sono tuttora validi.

Assenza della sanità territoriale. Ovvero, se un cittadino ha un improvviso problema di salute, in assenza di una alternativa sul territorio non può che recarsi al DEA dell’ospedale. Spesso il tutto si risolve al meglio, se non dopo una lunga attesa. Però questi accessi giudicati “impropri” creano non poche difficoltà nell’organizzazione e spesso ritardi a scapito di casi più urgenti.

Altra conseguenza negativa indotta da una collocazione così periferica è quella della difficoltà di accesso dei pazienti, soprattutto anziani, che non potendo usare più l’auto per recarsi ai poliambulatori per una visita e in assenza di una rete di trasporto pubblico sono costretti a farsi accompagnare ogni volta dai parenti, mettendo in difficoltà le famiglie.

Una struttura così fuori mano incoraggia la mobilità passiva, che ha raggiunto ormai il 52%. Dal sud della provincia, per esempio, non si è obbligati a recarsi in quel DEA con il pericolo poi di dover essere trasportato successivamente in un altro nosocomio più attrezzato. Meglio andare sul sicuro ed evitare questo rischio.

Vent’anni sono passati, ed ora si pensa di riproporre la medesima soluzione, sempre in assenza di una medicina territoriale che faccia da filtro agli inevitabili ed impropri accessi all’ospedale. Rimangono irrisolti tutti i problemi più sopra evidenziati, che potrebbero essere in parte ridotti solo se la collocazione del nuovo ospedale fosse baricentrica al territorio; cosa che ancora oggi non appare scontata.

L’articolo in questione appare perciò strumentale per ricordare un progetto che ha diviso profondamente il territorio. Sarebbe bene evitare che si riapra di nuovo la ferita. Lo si può evitare solo rispondendo nei fatti alle domande più sopra esposte.

I decisori sono cambiati, ma i problemi da risolvere sono sempre gli stessi C’è solo da augurarsi che, senza perdere altro tempo prezioso, questa volta si ragioni, e il buonsenso prevalga sul rovinoso campanilismo identitario che tanto male ci ha fatto.

La sanità non ha colore politico, perché la malattia quando ti arriva addosso non ti chiede mai prima qual è il tuo credo politico.
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