Una Verbania a Sinistra su vicenda Barry Callebaut

Riceviamo e pubblichiamo, una nota di Una Verbania a Sinistra, riguardante della chiusura di Barry Callebaut.

  
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La notizia della prossima chiusura dello stabilimento Barry Callebaut di Intra ha colto tutti di sorpresa. Sono a rischio oltre 130 posti di lavoro, lavoratori principalmente di Verbania e dintorni.

I numeri parlano chiaro: lo stabilimento chiuderà con portafoglio ordini attivo, con volumi di produzione tali da richiedere il lavoro su tre turni e per sette giorni su sette, con l’ulteriore costante presenza di personale interinale indispensabile per rispondere e garantire i volumi di produttività richiesti dal mercato.

Lo stabilimento chiuderà lasciando senza lavoro tutti i dipendenti e il personale dell’indotto, nonostante la multinazionale svizzera Barry Callebaut – Spa, quotata alla borsa di Zurigo, menzioni un investimento di 500 milioni di CHF nella stessa comunicazione che annuncia la chiusura dello stabilimento di Intra.

La questione è legata proprio a questo: l’azienda fa un piano di investimento allo scopo, tra gli altri, di “migliorare gli stabilimenti e la nostra rete, affinare i processi lavorativi, elevare la qualità dei prodotti e promuovere la digitalizzazione” (da La Stampa) e investe anche negli altri stabilimenti italiani del gruppo (San Sisto di Perugia e San Vito Chietino).

Dall’altra parte chiude stabilimenti finora pienamente operativi, come accaduto a Norderstedt in Germania e Port Klang in Malesia o riduce la forza lavoro anche nello stabilimento belga di Wieze (Fiandre Orientali), il più grande del gruppo, dopo aver ricevuto un contributo della Regione Fiandre di 500.000 Euro per lo sviluppo occupazionale.

Per dichiarazione dell’Azienda, lo stabilimento di Intra chiude per “limitata redditività futura e complessità logistica del sito”.

Una Verbania a Sinistra ritiene inaccettabile tale dichiarazione, la complessità logistica dello stabilimento, benché si trovi nel centro di Intra, rimane lo stabilimento più vicino alle principali vie di comunicazione ed alla maggior parte dei clienti italiani, distando dall’ingresso dell’autostrada solo 13 km.

La redditività futura è vista come limitata, in considerazione dell’alto costo di produzione, ma a un’analisi più attenta non si parla del solo costo del lavoro (si ricorda la statistica sulla riduzione di valore dei salari italiani negli ultimi 20 anni..) ma del costo di produzione per tonnellata: più è alto meno è redditizio quanto viene prodotto nella fabbrica in questione. Tale dichiarazione sarebbe inoppugnabile se non fosse che per diminuire il costo di produzione, con un piano di aggiornamento aziendale, è possibile investire in macchinari, tecnologie e persone nello stabilimento stesso, tali da rendere lo stabilimento ulteriormente competitivo. L’interno della fabbrica riporta racconti che vanno nella della direzione opposta: mancano da anni investimenti di rilievo in grado di ammodernare il parco macchine e di adeguare le tecnologie utilizzate, raggiungendo l’obiettivo strategico di diminuire il costo di produzione.

Viene perciò da pensare che per Barry Callebaut Intra, la chiusura fosse già prevista da tempo e sia stata attuata creando progressivamente le condizioni tali per tentare di giustificare la decisione comunicata giovedì 5 settembre.

Siamo di fronte all’ennesima chiusura aziendale basata su logiche economico-finanziarie che ignorano la responsabilità sociale d’impresa e si fanno beffe di qualsiasi codice etico adottato dalle aziende e presente sui propri siti che parli di benessere dei propri dipendenti.
Ora l’onere ricade anche sulle parti sociali, in una lotta impari vista troppe volte.

Di fatto la notizia della chiusura dello stabilimento riverbera nel dramma economico e sociale di oltre un centinaio di cittadini che non solo si troveranno improvvisamente senza lavoro, ma anche privi del salario per il mantenimento della famiglia; in molti si troveranno a dover garantire gli impegni economici pregressi, quali mutui per la casa, per l’istruzione dei figli, per la salute o altre spese già pianificate tali da pregiudicare fortemente il loro futuro.

Una Verbania a Sinistra chiede alle Istituzioni tutte, Comune, Provincia, Regione, Prefettura ed ai sindacati che si attivino con forza al fine di cercare possibili soluzioni per il mantenimento dello stabilimento produttivo o, in alternativa, per trovare contesti economici di accomodamento accettabili per i lavoratori.

La Società dovrà farsi carico di possibili pensionamenti anticipati, di liquidazioni maggiorate, di possibili reinserimenti lavorativi o di altre forme economiche di salvaguardia sociale.

Sebbene l’obbiettivo primario sia la salvaguardia dei lavoratori coinvolti, qualora la Società non offrirà le dovute garanzie di tutela economico sociale, le amministrazioni pubbliche dovranno ricorrere a possibili forme di convincimento con misure amministrative ed urbanistiche nei suoi confronti, quali vincoli sul patrimonio edilizio della fabbrica in modo che non sia possibile una conversione urbanistica a destinazione a residenziale se non a destinazione popolare ed a carattere convenzionato, oppure destinare ad area verde ad uso pubblico il sito industriale.

Tali azioni politico/amministrative sono indispensabili e doverose per evitare la beffa di future speculazioni in favore della Società.

Come elemento di contrapposizione si dovranno ulteriormente imporre la bonifica del sito e la garanzia della manutenzione per evitare il degrado dell’abbandono della superficie in oggetto.

Una Verbania a sinistra è dalla parte dei lavoratori e cittadini e lotterà al loro fianco in ogni battaglia per la dignità dei lavoratori e per una giustizia sociale.
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