Metti una Sera al Cinema - La signora delle rose
Martedì 10 maggio 2022, presso l'Auditorium de Il Chiostro a Verbania Intra, proiezione di "La signora delle rose".
👤 Redazione ⌚ 9 Maggio 2022 - 10:03 Commentaa-
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LA SIGNORA DELLE ROSE
Titolo originale: La fine fleur
Genere: Commedia Anno:2020 Regia: Pierre Pinaud Attori:Catherine Frot, Marie Petiot, Olivia Cote, Vincent Dedienne, Fatsah Bouyahmed, Olivier Breitman, Melan Omerta Paese:Francia Durata:105 min Distribuzione:I Wonder Pictures Sceneggiatura:Fadette Drouard, Philippe Le Guay, Pierre Pinaud Fotografia: Guillaume Deffontaines Montaggio: Valérie Deseine, Loïc Lallemand Musiche:Mathieu Lamboley Produzione:Auvergne Rhône-Alpes Cinéma, Estrella Productions, France 3 Cinéma
La signora delle rose è un film che, inserendosi in questo contesto, insiste sul tema della sensibilità legandolo ad un processo che, paradossalmente, ci rimanda immediatamente ad un immaginario chimico-scientifico. Quando parliamo di ibridazione, infatti, lo scenario che ci prefiguriamo è quello del laboratorio, in cui si studia il miglior tipo di unione possibile e, attraverso il metodo scientifico, si procede all’impollinazione artificiale. Eppure, l’ibridazione è, da sempre, effettuata manualmente e il suo risultato è tutt’altro che prevedibile. Anzi, è piuttosto l’esito di un’operazione in cui intervengono numerosi fattori. Il contesto e l’attenzione ricevuta dalla rosa sono solo alcuni degli addendi necessari per creare il giusto profumo, il corretto numero dei petali, il colore più vivido e la robustezza adeguata.
La delicata commedia di Pinaud si concentra proprio su questa imprevedibilità del processo di ibridazione, mettendola in relazione con la grande incognita dei figli e dell’atteggiamento più adatto nel crescerli. Al centro di questa doppia incognita, si trova Madame Eve Vernet e la sua piccola azienda floreale, ereditata dal padre. La donna (interpretata da Catherine Frot) versa in grande difficoltà economica e non ha le armi per fronteggiare l’incessante industrializzazione del mercato, impersonificata dal giovane imprenditore Lamarzelle. Così, la sua fidata assistente, a sua insaputa, assume tre nuovi stagisti, sfruttando un programma di reinserimento sociale. I tre nuovi dipendenti, tra cui spicca un ragazzo abbandonato dai suoi genitori e con numerosi precedenti penali, non hanno alcun tipo di formazione botanica. Eve, ben presto, però, vedrà in loro una concreta occasione di riscatto e crescita.
Pinaud cattura con grande sensibilità e grazia le rose curate e cresciute amorevolmente da Madame Vernet. Quella della donna è una produzione semplice e casalinga frutto dell’amore con cui si occupa della sua unica famiglia. Le rose, in questo senso, sono la metafora perfetta per rappresentare i figli che la protagonista non ha mai avuto. Il non-avere-figli non le impedisce di saper-essere-madre (più di chi lo dovrebbe realmente essere), infondendo amore, speranza e coraggio nel giovane stagista, così come nelle sue rose. La missione della donna durante il corso del film, diventa, quindi, accompagnare i tre stagisti (e in particolare il ragazzo) in un processo di crescita, alla scoperta delle proprie capacità celate. Pinaud sembra dirci che crescere i propri figli non significhi produrre un ibrido perfetto, da gettare nella società. Essere genitori vuol dire amare e curare le proprie rose, o meglio, i propri figli fino alla loro definitiva fioritura/crescita. Ecco che essere genitori è anche inseguire e coltivare la bellezza celata ma pronta ad esplodere, al momento opportuno, in una meravigliosa fioritura.
E una volta sbocciati, i figli “devono poter inseguire i propri sogni, con la consapevolezza che, se rimarranno delusi, sapranno sempre dove hanno lasciato casa“.
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