Vademecum della museologia del presente
Dialogo con il contesto territoriale e tra dimensione pubblica e privata, responsabilità sociale e sostenibilità ambientale, oltre a scambi di competenze con istituti di formazione, capitalizzazione delle opportunità tecnologiche e valorizzazione dell’aspetto terapeutico della cultura.
👤 Redazione ⌚ 23 Dicembre 2021 - 15:03 Commentaa-
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Si scrive a Verbania la museologia del presente: il vademecum emerge dal ciclo di incontri “Piacere Cultura. Dalla crescita personale alla crescita economica”, pensato per teatri e musei chiamati a reinventarsi dopo la pandemia su progetto dello storico dell’arte e museologo Maurizio Vanni.
Sette i punti sintetizzati attraverso workshop e tavole rotonde che hanno visto protagoniste alcune tra le più influenti personalità del panorama culturale italiano al Teatro Maggiore. L’obiettivo? Entrare nella vita quotidiana delle persone e migliorarne la qualità.
Primo tema chiave: relazione col territorio. Un imperativo per poter ripristinare un'offerta culturale, etica e responsabile, sempre più soggettiva. Come? Creando reti di rapporti virtuosi con associazioni di volontariato e per la sostenibilità ambientale, con gli stakeholder più rilevanti e con le aziende, oltre a entrare a far parte di tour building con offerte tailor made.
“Se vogliamo rimettere l'individuo al centro - spiega Vanni, curatore di oltre 600 mostre in 30 paesi del mondo - la scelta consapevole di una progettualità finalizzata al bene comune sarà una tappa obbligata. I musei diventano, perciò, luoghi di interesse pubblico che si rivolgono all’intera società, al visitatore generico, ma anche al contesto sociale e ambientale, alle imprese del terzo settore, allo scenario formativo e alle associazioni di categoria, ricoprendo un ruolo determinante nello sviluppo dei legami, nella coesione sociale e nella riflessione sulle identità collettive odierne”.
Un turismo lento dunque, “umanistico”, che integra i fondi delle pubbliche amministrazioni attraverso forme innovative di fundraising e business model per ottenere una piena sostenibilità economica. Da qui la necessità di creare una gestione che unisca le competenze del settore pubblico a quelle del privato e di acquisire i codici appropriati per dialogare con imprese e istituti bancari, senza dimenticare altre strutture culturali per progetti di co-produzione e co-marketing.
Non di minore importanza è la Museum Social Responsibility (MSR): il principale strumento di cui le Istituzioni culturali – secondo Vanni – dovranno dotarsi per affrontare le sfide imposte dal post Covid19. “La responsabilità sociale risponde alle esigenze di un museo che non può ignorare lo stress, gli stati d’ansia, il disorientamento emozionale, la frustrazione e la confusione che la pandemia ha lasciato nelle persone”. Dunque trasformare lo spazio espositivo in un luogo di socializzazione, attento alle categorie più vulnerabili e ricco di percorsi inclusivi per abbattere le barriere sociali. Diventa una priorità intercettare, profilare, coinvolgere e fidelizzare il pubblico, studiandone lo stile di vita, trasformando la visita guidata in un’esperienza emozionale grazie alle nuove modalità di storytelling, ideando progetti collaterali che includano percorsi di formazione e rafforzando il network col contesto di riferimento.
Necessario fare il punto anche sulla sostenibilità ambientale: i musei, infatti, sono tra gli edifici a più alto impatto. Ai progetti ecosostenibili, connessi con l’utilizzo di materiali naturali e materie prime certificate, si uniscono programmi per il risparmio e per l’efficienza energetica. “Un museo ecologico migliora la qualità della vita di chi lo frequenta, inviando un messaggio determinante alla società”, aggiunge Vanni.
Ancora non molto esplorato in Italia, ma già praticato all’estero e meritevole di approfondimento, è il tema della salute e del benessere nei musei. “Secondo uno studio svedese la frequentazione di luoghi di cultura può avere un effetto benefico sulla longevità; il che è come dire – conclude Vanni - che i musei allungano la vita. Non solo: si sta dimostrando che contesti di sapere e bellezza possono lenire gli effetti negativi dello stress e sconfiggere gli stati d'ansia, tant’è che a Montreal, dal 2018, alcuni psichiatri possono prescrivere per i loro pazienti fino a cinquanta visite museali all'anno”.
I musei, inoltre, non dovrebbero mai prescindere da una collaborazione continuativa e biunivoca con le università e gli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Corsi o facoltà di economia, management, marketing e comunicazione, ma anche antropologia, sociologia, pedagogia, filosofia, psichiatria, oltre a discipline più tradizionali come storia dell'arte, archeologia, museologia e conservazione dei beni culturali, in uno scambio costante di informazioni, competenze e studi.
Altro strumento su cui investire è l'innovazione tecnologica per una migliore valorizzazione del patrimonio, favorendone una più ampia conoscenza attraverso i canali digitali e conservando memoria di opere spesso particolarmente fragili o vulnerabili. Leggi QUI il post completo