Zacchera su referendum Lombardia

Riceviamo e pubblichiamo una nota di Marco Zacchera, estratta dall'ultima edizione della sua newsletter "Il Punto", riguardante il referendum per il passaggio alla Lombardia..

  
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Nel resto dell’Italia quasi nessuno lo sa, ma il prossimo 21 ottobre nel Verbano Cusio Ossola (dizione ufficiale della provincia di Verbania) per la prima volta in una intera provincia si voterà per decidere se cambiare di regione, essere staccati dal Piemonte ed essere in futuro integrati in Lombardia.

Un avvenimento importante che merita riflessioni attente.

Premetto subito che come cittadino del VCO il 21 ottobre voterò al referendum consultivo sulla possibilità di far aderire la mia terra alla Lombardia, andrò a votare, invito caldamente tutti ad andarci e personalmente VOTERO’ SI.

Voterò cosciente che non sarà facile raggiungere il “quorum” e che ci sono comunque tutta una serie di punti da chiarire bene prima di una qualsiasi scelta definitiva.

Credo che però l’importante sarà davvero l’ ANDARE A VOTARE, soprattutto per far capire al Piemonte che per il Verbano Cusio Ossola serve più attenzione in questa situazione di emarginazione amministrativa, stretti tra due regioni una più storicamente vicina, ricca e sorridente e di cui facevamo parte (La Lombardia) e l’altra – il Piemonte - al cui territorio apparteniamo da 375 anni ma di cui siamo (come il primo giorno) solo “un’ appendice annessa” senza averne spesso anima, attenzione, storia comune e buone comunicazioni.

Questo referendum potrebbe quindi essere innanzitutto UNA OCCASIONE SERIA per riflettere su di noi, sulla nostra “nuova provincia” (ormai da 25 anni!) sulla nostra autonomia concretamente mancata di cui ero e sono convinto assertore.

Amo il mio lago, le nostre montagne, la terra di questa provincia di cui sono uno dei fondatori e che si è chiamata VERBANO CUSIO OSSOLA avendo preso ufficialmente questo nome perché è stato approvato un MIO emendamento in consiglio regionale (e questo lo sanno in pochi…) alla legge istitutiva.

Sono stato - credo - la persona che per più tempo l’ha mai rappresentata in Parlamento dall’ Unità d’Italia in poi, la conosco bene ed è per questo che chiedo una riflessione profonda ed è un peccato che questo dibattito durerà forse – soprattutto se il referendum venisse bocciato - solo lo spazio di mezza estate.

LA STORIA E LA REALTA’

Cominciamo con il dire che un paese serio dovrebbe potersi organizzare con flessibilità e secondo necessità, con logiche e non a compartimenti stagni, evolvendo le proprie regole e gli ambiti amministrativi, delegando le competenze ai diversi livelli tenendo conto dei singoli bacini di utenza.

Si sono invece man mano cristallizzati steccati e apparati burocratici soprattutto a livello regionale e così lo stare "a cavallo" un passo di qua o di là di un confine significa avere amministrazioni, referenti, leggi, regolamenti diversi.

Tra Piemonte e Lombardia sono poi perennemente in corso diatribe a volte cretine e spesso confliggenti che sembrano fatte apposta per bloccare o ritardare tutto.

Vi sono tante problematiche per le quali sarebbe logico che tutto il Lago Maggiore e l’Ossola fossero da tempo terre lombarde: comunicazioni, sanità, problemi ecologici e ambientali, ferrovie, trasporti, istruzione.

Visto che l’acqua della Valdossola e del Lao finisce nel Ticino è la conferma geografica di tutto questo.

Poi ci sono i confini amministrativi della ex provincia di Novara divisa malamente in due in una logica di contrapposizione politica degli anni ’80 (“Tengo di qui un comune (Pettenasco – ndr) perché vota DC, con Omegna quell’altro perché lì vince il PCI”: follie) con il conseguente fallimento del tentativo più organico e serio di autonomia che era quel “Comprensorio del VCO”, Arona compresa, vero anticipatore della nuova provincia.

Alla fine fu il concetto “ Se vogliamo che la provincia arrivi prendiamo il treno alla svelta, passa solo ora, salga chi vuole” e così Pettenasco e Armeno sono rimaste novaresi pur a due passi dalla sede della provincia del VCO ma sono comunque nell’ASL di Verbania, oppure Lesa venne divisa da Belgirate: sciocchezze che si sono pagate a una politica miope che – per esempio - ha distrutto l’unità storica del Cusio.

Fin qui la storia recente, ma che pur va ricordata e da qui partono alcuni aspetti che vanno spiegati bene per decidere al Referendum, sperando che almeno su questi si faccia chiarezza:

Se il referendum non passerà per mancanza di quorum (è possibile, se non addirittura molto probabile) tutto resterà definitivamente così com’è, saremo ancora più marginali e dimenticati da Torino sottolineando di non avere avuto neppure la forza e la voglia di approfondire un discorso serio sul nostro futuro: decisamente non meriteremmo nulla
Se il referendum passa – e a questo punto credo che il SI sarebbe più o meno largamente “lombardo” - la regione Piemonte dovrà pur prenderne atto e decidere finalmente (forse) alcuni cambiamenti, non fosse – credo – che per orgoglio istituzionale .

Poche o tante che saranno queste concessioni economiche o di autonomia saranno comunque positive dal punto di vista dei finanziamenti, degli interventi e per gli interessi del territorio. Lo “scippo” dei canoni idrici e la conseguente crisi finanziaria della provincia è stato un esempio nauseante di menefreghismo torinese, non è giusto che nessuno lo ricordi.

Ma se vincerà il SI verso la Lombardia, cosa concretamente offrirà Milano nei confronti del nuovo territorio? Anche e soprattutto questo è fondamentale ed importante: va aperta una trattativa chiara, perché essere accettati ma non graditi - restando di fatto periferia o inglobati da Varese - non poterebbe a nulla di buono.

I TANTI PROBLEMI APERTI

Ci sono una infinita serie di problemi aperti che andrebbero meglio discussi: ulteriore divisione del Cusio, rapporti con Novara, servizi comuni NO-VCO da spacchettare o meno (e se anche Novara passasse in tutto o in parte con la Lombardia? Quanti problemi risolti!).

Questo perché - per esempio - sarebbe assurdo avere un VCO lombardo e un Aronese ancora in Piemonte.

Certo ci sono aspetti che in termini di servizi resi alle persone costerebbero globalmente di meno alla Regione Lombardia che non oggi a Torino: l’integrazione sanitaria, per esempio, ma anche la gestione dei trasporti, il turismo.

Sono poi già da sempre per noi a trazione lombarda – di fatto – anche la cultura e il mondo universitario e quindi se la cultura e l’economia anticipano i tempi la risposta al referendum c’è già: siamo logicamente, praticamente e storicamente lombardi e non avrebbe senso – se ben accettati e amministrativamente ben inseriti - continuare un lontano rapporto con Torino.

La delusione sta infatti proprio qui: dopo 50 anni di autonomia regionale il Piemonte formale non ha attecchito, non c’è orgoglio o senso di appartenenza, non ci “sente” partecipi alla comunità regionale se non per le scelte istituzionali. Quando in consiglio regionale, a Torino, citavo le nostre zone mi guardavano come un alieno: nessuno le conosceva, nessuno le aveva visitate. In questo senso l’unico nuovo e vero collante con il sud e l’ovest del Piemonte è stata – per fortuna – la costruzione della A26.

Grande occasione persa, quindi, ma i confini sembrano allargarsi anziché restringersi e questo è un fatto, piaccia o meno, a testimoniare la lontananza di un centro regionale disinteressato e sciatto.

Non è un caso che - in concreto - perfino la legge elettorale regionale non preveda neppure l’elezione minima di un consigliere regionale eletto nel VCO che - per la questione dei “resti” – può perdere così la propria rappresentanza territoriale: è una follia!

Esempi, appunto, ma con tanti altri aspetti da approfondire terminando con una nota personale, ma illuminante.

L’unica carica (gratuita!!) che orgogliosamente ho conservato - per tradizione isolana e di famiglia - è di essere il Commissario Italiano alla pesca nelle acque comuni italo – svizzere (laghi Maggiore e di Lugano).

Acque comuni che sono svizzere, piemontesi e lombarde, con gli stessi pesci e gli stessi problemi, ma poiché tutti gli altri laghi prealpini importanti sono lombardi (quello di Como, Garda e Iseo) a Milano i problemi della pesca e delle acque interne sono ben seguiti dalla Regione Lombardia con competenza e professionalità.

Ma una sponda del Lago Maggiore è piemontese e quindi Torino è altrettanto coinvolta in tutto su problematiche che in regione Piemonte non interessano a nulla e nessuno e tutto regolarmente si ferma in un dialogo tra sordi con funzionari piemontesi che non sanno nulla di queste realtà.

Come sarebbe semplice poter risolvere tutto rapportandoci con un solo assessorato lombardo! Lo facevano già gli spagnoli 400 anni fa decidendo al Senato di Milano, i loro regolamenti spesso valgono ancora oggi… ma siamo ritornati molto indietro rispetto al punto di partenza.

L’INSUBRIA

C’è infine un alro aspetto che dovrebbe essere preso in considerazione dal punto di vista strategico, anche se potrebbe apparire utopico.

Quando si parla di “Regio Insubria” non si vuole non si dovrebbe inventare un nuovo inciampo burocratico, ma sottolineare che - di fatto- i problemi oggi non si dividono più in senso geografico verticale (come oggi avviene tra le sponde del Ticino) ma semmai mettendo insieme problemi piemontesi, svizzero-ticinesi e lombardi del versante sud delle Alpi, delle Prealpi e di quel’area “Pedemontana” che ha caratteristiche molto simili da Biella fino a Brescia.

Guardate la storia: era la realtà di popolazioni simili unite già 2.500 anni fa e che a Golasecca fondavano una civiltà!

Una “regione europea” vera, internazionale ed interregionale, che oggi sarebbe forte ma che è spacchettata e divisa. Un’area importante di quella che dovrebbe essere l’ unica “Macroregione” del Nord Ovest, l’indispensabile e vera rivoluzione politico-amministrativa italiana e che ci vedrebbe proprio al centro e non in periferia di quest’area di sviluppo.

Se la politica ragionasse in prospettiva questo dovrebbe essere il punto di partenza per un dibattito serio pre e post-referendum.

Chiacchiere che temo purtroppo saranno solo al vento, perché poi oggi la realtà ci notifica che non c’è neppure un’autostrada completata per evitare la periferia del capoluogo lombardo e per andare in treno da Domodossola a Torino si deve passare per Milano: ecco la “non risposta” politico-amministrativa ai veri problemi della gente.

Sono pensieri, molti altri saranno da chiarire nelle prossime settimane.
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