LegalNews: Part time: compatibilità con altre attività lavorative
La Suprema Corte con la recentissima sentenza n. 13196 del 25.05.2017 ha affrontato il tema della valutazione della compatibilità tra part time e svolgimento di ulteriori attività lavorative da parte del dipendente.
Il caso sottoposto alla Suprema Corte è il seguente: il dipendente part time di un patronato si vedeva irrogata la sanzione del licenziamento per giusta causa in quanto lo stesso, senza aver preventivamente informato l’ente, aveva intrapreso un’altra attività lavorativa, per integrare la retribuzione percepita, di € 500,00 mensili. L’ente irrogava la sanzione fondandola – oltre che su altri addebiti – principalmente sulla circostanza che il dipendente aveva violato l’art. 10 del regolamento organico del personale, il quale prevedeva che la qualità di dipendente fosse incompatibile con qualunque altro impiego sia pubblico che privato e, inoltre, con ogni altra occupazione o attività che non fosse stata ritenuta conciliabile con l'osservanza dei doveri d'ufficio e con il decoro dell'ente.
Il dipendente impugnava il licenziamento, ritenendo che l’art. 10 del regolamento organico del personale non potesse essere interpretato nel senso di qualificare come assolutamente incompatibile, e quindi vietare radicalmente, qualsiasi ulteriore attività di lavoro per il dipendente part time; riteneva, invece, che l’eventuale incompatibilità andasse verificata in concreto, caso per caso, perché in caso contrario si sarebbe stato violato l’art. 4 Cost., il quale espressamente prevede che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
In primo grado veniva accolta l’impugnazione del lavoratore, mentre in secondo grado la pronuncia veniva riformata in senso favorevole al patronato; il dipendente licenziato, perciò, ricorreva per cassazione.
La Suprema Corte sul punto ha premesso che l'unica lettura interpretativa dell’art. 10 del regolamento organico del personale coerente con il dettato costituzionale di cui agli artt. 4 e 35 Cost. è quella che legittima la verifica della incompatibilità in concreto della diversa attività, svolta al di fuori dell'orario di lavoro, con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli artt. 2104 e 2105 c.c.: al contrario, sarebbe nulla una previsione regolamentare che riconoscesse al datore di lavoro un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un'altra attività lavorativa.
La Cassazione ha proseguito affermando che concedere al datore di lavoro una facoltà incondizionata di negare l'autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sé dell'esercizio di un'altra attività lavorativa al di fuori dell'orario di lavoro sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro, e proprio con riferimento ad aspetti incidenti sul diritto al lavoro. L'incompatibilità deve essere perciò necessariamente verificata caso per caso, come affermato dal dipendente che aveva impugnato il licenziamento.
La Corte, quindi, ha disposto la cassazione dell'intero giudizio di legittimità del licenziamento disciplinare, disponendo il riesame del merito della questione alla luce dei principi sopra enunciati ad opera della corte d’appello competente in diversa composizione.
Avv. Mattia Tacchini
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